Di fronte alla piaga pedofilista e omosessualista ascoltiamo le parole dei Santi: San Pier Damiani – di Giampaolo Scquizzato

In un momento in cui, anche nella Chiesa, si vorrebbe una parola vigorosa, una fortezza e una fierezza intransigente, a tutela di quel patrimonio dottrinale e morale frutto dell’insegnamento di Nostro Signore Gesù Cristo e di secoli di integerrimo Magistero ecclesiale e di letteratura agiografica, la prudenza sembra essere una risposta scontata e probabilmente inefficace.

 

di Giampaolo Scquizzato

 

ADERIAMO ALL’APPELLO PER FERMARE LA PROPOSTA DI LEGGE CONTRO L’OMOFOBIA

 

san_pier_damianiE’ ormai ben nota, almeno per chi è diventato avvezzo ad tenere le antenne ben drizzate, l’inverecondo “progetto” che dall’Oms viene sollecitato per la futura educazione sessuale, nelle strutture scolastiche di infanti, bambini e ragazzi. Per chi avesse perso le puntate precedenti è sufficiente leggere questo ultimo contributo che riassume e rinvia a due previ articoli (http://www.riscossacristiana.it/nuovi-mostri-la-banda-della-pederastia-internazionale-vuole-portare-anche-bambini-nellabisso-di-elisabetta-frezza-patrizia-fermani/).

L’educazione è diventata ormai l’ultima frontiera di una dilagante ideologia pansessualista, omosessualista, pedofilista e pederasta: lo scacco matto di una partita d’assalto che si sta svolgendo con le armi legislative, giudiziarie, culturali ed educative.

Ha scritto il dott. Daniele Mugnaini, psicologo dello sviluppo e dell’educazione: “L’ipersessualizzazione culturale comprende, come suo capito fondamentale, la sessualizzazione della fanciullezza. Essa è caratterizzata da un’immersione mediatica in messaggi, i cui contenuti possono essere così riassunti:

–          Il valore primario della persona (soprattutto di genere femminile) sta nella sua capacità di attirare l’interesse sessuale che, per le donne, consiste nell’essere oggetto sessuale in grado di piacere all’uomo;

–          La sessualità ha a che fare con la violenza;

–          La sessualità non ha a che fare con l’essere persona, ossia con la capacità di partecipare a un’intimità emotiva e con rapporti impegnati e responsabili;

–          I bambini sono da trattare come esseri maturi sessualmente […][1] “;

Continua poi l’Autore,  nell’opera citata, evidenziando, alla luce della sua pluriennale esperienza, tutte le conseguenze psicopatogene causate ai giovani derivanti dall’ipersessualizzazione dei media: sintomi depressivi, d’ansia, influenze disumanizzanti, creazione di dipendenza, sintomi di disintegrazione personale, interferenze sulla maturità psicologica, circoli viziosi, violenze e altre psicopatologie. In tutta questa deriva “la scuola dovrebbe introdurre lezioni di educazione affettiva, alle abilità di vita, alla sessualità integrale e all’alfabetizzazione del linguaggio dei media […]. […] è urgente promuovere una cultura scolastica in cui si faccia formazione integrale e si biasimano, si disapprovano e si sanzionano, fin dalle loro prime e apparentemente innocue espressioni, l’ipervalorizzazione del corpo magro e sexy, l’oggettificazione della persona (in particolare della donna), la valorizzazione della sessualità, le forme di molestia verbale tra compagni relativa a questi temi.[2]”.

Parole sante.

Alla luce dei famigerati provvedimenti dell’allora ministra dell’istruzione Fornero e dell’Oms il gioco è fatto: la scuola verrebbe costretta a marce forzata a derubare bambini e giovani di ogni educazione affettiva congrua, ordinata, sana, per sottolineare, invece, il corpo come oggetto di eccitazione e di depravazione.

La gravità e pericolosità di questi provvedimenti sono già state ampiamente denunciate negli articoli citati sopra. A me resta, quasi a completamento di un articolo già apparso su questo sito qualche tempo fa (http://www.riscossacristiana.it/san-pier-damiani-e-l-omosessualita-come-il-peggiore-dei-vizi-di-don-marcello-stanzione-2/) risvegliare le nostre coscienze cristiane con le parole che, all’incirca mille anni orsono, esprimeva un santo che tanto ha fatto per il rinnovamento di un Chiesa disastrata, ben prima della riforma di san Francesco.

San Pier Damiani, cresciuto con una vocazione eremitica e poi cardinale vescovo di Ostia e dottore della Chiesa, ha promosso, nei secoli X e XI difficili e contrassegnati da corruzione nella Chiesa, l’integrità di vita per i chierici, sollecitando il popolo alla comunione con la Sede Apostolica. Nel Liber Gomorrhianus, cioè l’Opuscolus VII, ha descritto anche le pratiche omosessuali del clero del tempo, con le parole già riportate nel suddetto articolo da Don Marcello Stanzione, e ha manifestato un alacre impegno anche contro la piaga della pedofilia. Senza scadere nella volgarità, il Gomorrhianus fu un atto di accusa forte a cui egli si riferisce indirettamente con le seguenti parole “la sozzura sodomitica si insinua come un cancro nell’ordine ecclesiastico, anzi, come una bestia assetata di sangue infierisce nell’ovile di Cristo con libera audacia, tanto che sarebbe molto meglio essere stati schiacciati sotto il giogo della milizia secolare piuttosto che essere assoggettati, tanto liberamente, alla ferrea legge della tirannide diabolica sotto la copertura della religione […]. E se la potenza della Sede Apostolica non interviene al più presto, senza alcun dubbio la sfrenata dissolutezza, benché desideri essere repressa, non sarà capace di fermare l’impeto del suo corso”. Il Damiani sferzò l’omosessualità con ulteriori taglienti parole: “O inaudita scelleratezza! O ingiuria tanto grave da meritare il pianto di tutta una fontana di lacrime! Se quelli che permettono agli altri di commettere questi peccati meritano la morte, quale supplizio si potrebbe escogitare degno di quelli che compiono con i loro figli spirituali queste nefandezze, punibili con la dannazione eterna? Quale frutto si può trovare nel gregge se il pastore è caduto tanto profondamente nel ventre del diavolo? Chi rimane ormai sotto la guida di uno che è, in modo tanto ostile, estraneo a Dio? Che fa di un penitente l’amante, di un maschio la moglie? E che sottomette quel figlio, che aveva generato spiritualmente da Dio, rendendolo schiavo della ferrea legge diabolica mediante l’impurità della sua carne?”. E il santo eremita rincarò la dose indicando le linee per un’aspra penitenza: “un chierico o un monaco che molesta gli adolescenti o i giovani, o chi è stato sorpreso a baciare o in un altro turpe atteggiamento, venga sferzato pubblicamente e perda la sua tonsura. Dopo essere stato rasato, venga ricoperto di sputi e stretto con catene di ferro, venga lasciato marcire nell’angustia del carcere per sei mesi. Al vespro, per tre giorni la settimana mangi pane d’orzo. Dopo, per altre sei mesi, sotto la custodia di un padre spirituale, vivendo segregato in un piccolo cortile, venga occupato con lavori manuali e con la preghiera. Sia sottoposto a digiuni e a preghiere, e cammini sempre sotto la custodia di due fratelli spirituali, senza alcuna frase perversa, o venga unito in un concilio con i più giovani”. E il sacerdote peccatore e indegno è per il santo eremita “anima miserabile, dedita alle sporcizie della lussuria, senza dubbio bisognosa del pianto di tutta la sorgente delle lacrime”. Ma tutti devono deplorare questo peccati e invocare la misericordia di Dio perché “la figlia del mio popolo fu colpita da una terribile piaga, poiché l’anima, che era stata figlia della Santa Chiesa, fu ferita crudelmente, con la freccia dell’impurità, dal nemico del genere umano. Essa era nutrita, con tenerezza e mitezza, nella casa del re eterno con il latte della parola sacra. Ora è contagiata dal veleno della libidine, è marcita sotto le ceneri sulfuree di Gomorra, e la si vede giacere indurita […]. Senza dubbio, la colpa dell’anima cristiana supera il peccato di Sodoma, poiché ognuno ora sbaglia tanto peggio quanto più disdegna gli ordini della grazia angelica e non può rimediare indugiando nella giustificazione, la notizia della legge divina lo accusa con forza”.

Ma se tali parole, giustamente, volevano purificare e indurre a penitenza i responsabili della compagine ecclesiale colpevoli di tali nefandezze, cosa direbbe il santo alla luce della deriva sociale, civile e culturale di oggi? Ove ben minimi sono i casi di pedofilia o scandali sessuali della Chiesa (a cui Benedetto XVI con sapiente umiltà ha saputo porre un argine), ma ove i progetti di omosessualizzazione, pedofilizzazione, e distruzione della famiglia naturale sono ormai sotto gli occhi di tutti (quelli che vogliono vedere)?

Ma il santo dottore, infine, si slancia anche a censurare la connivenza del silenzio: “Chi sono io perché veda svilupparsi nel sacro ordine un delitto tanto contagioso e perché, come un omicida dell’anima altrui, veda nascondere la censura con il silenzio, aspettando la punizione divina? In questo modo non diventerei il responsabile di quel reato di cui non ho voluto mostrare l’autore? […] Vedendo, perciò, le ferite delle menti, trascuro di curarle con il taglio delle parole? Il sommo predicatore non mi insegna forse questo, lui che si credette così pulito del sangue del prossimo da non risparmiare di colpire i loro vizi?”.

Parole aspre, ma molto chiare, nette, taglienti e laceranti, che non possono essere taciute, giacchè la storia è fatta anche di corsi e ricorsi storici e, pare a me, questo sia uno di quei casi in cui le parole dei santi, come luce che illumina le tenebre, devono indicare la retta via. Ecco così che, pur impotenti di fronte allo strapotere di lobbies invisibili, pur inermi di fronte a una classe politica che sembra per la maggior parte accondiscendente con questi progetti immorali, non possiamo, nonostante tutto, alzare bandiera bianca, ma continuare a combattere la buona battaglia della verità e della fede.

In un momento in cui, anche nella Chiesa, si vorrebbe una parola vigorosa, una fortezza e una fierezza intransigente, a tutela di quel patrimonio dottrinale e morale frutto dell’insegnamento del Maestro Gesù e di secoli di integerrimo Magistero ecclesiale e di letteratura agiografica, la prudenza sembra essere una risposta scontata e probabilmente inefficace.

Rivolgiamoci allora a Dio, con l’umiltà e la povertà dei peccatori e con accorata preoccupazione, quasi sussurrando, come il Sacerdote che nella Messa in latino, alzando un po’ la voce e battendosi il petto, dice “Nobis quoque peccatoribus…”, invocando così, prima di offrire il santo sacrificio, per intercessione dei santi e dei martiri, misericordia per tutto il suo popolo. Chiediamo che Dio, ancora una volta, rivolga benigno il suo sguardo misericordioso su questa umanità che vuole ribaltare completamente la natura e l’ordine da lui creati e facciamo nostra la preghiera insegnata dall’Angelo ai Pastorelli di Fatima, candido esempio di purezza e innocenza, di cui tanto oggi abbiamo bisogno: “Mio Dio, io credo, adoro, spero e ti amo. Ti chiedo perdono per coloro che non credono, non adorano, non sperano e non Ti amano. Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo: io Ti adoro profondamente e Ti offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione degli oltraggi, dei sacrilegi e delle indifferenze con cui Egli stesso viene offeso. E per i meriti infiniti del suo Sacratissimo Cuore e per intercessione del Cuore Immacolato di Maria, io Ti chiedo la conversione dei poveri peccatori.

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[1] MUGNAINI-CANTELMI-LAMBIASE-LASSI, Erosi dai media, Ed. San Paolo, 2011, Cinisello Balsamo, pag. 27.

[2] Op. cit., pagg. 149,151.

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