DIALOGO DI UNA CATTOLICA “BAMBINA” COL SUO PARROCO IN MERITO A UNO SCONCERTANTE ASPETTO DEI MODERNI MATRIMONI SACRAMENTALI E QUALCHE ULTERIORE RIFLESSIONE – di Carla D’Agostino Ungaretti

di Carla D’Agostino Ungaretti

 

Carla, una donna cattolica “bambina” (di fede, ahimé non di età) era rimasta sconcertata nel constatare che la maggior parte delle coppie di fidanzati che si accostano al sacramento del matrimonio, accettando di partecipare ai corsi di preparazione organizzati dalle diocesi, dichiara candidamente al parroco di essere già convivente e di ritenerla la cosa più naturale del mondo.

Sentendo in certo qual modo tradita l’educazione che aveva ricevuto in epoca pre- conciliare che raccomandava la castità prematrimoniale, ma comunque sicura che l’insegnamento della Chiesa cattolica al riguardo non fosse cambiato, Carla andò dal suo Parroco per chiedere lumi.

nozze

CARLA. Padre, che ne pensa dei fidanzati conviventi che vogliono sposarsi in chiesa? Che cosa dice loro? Lei sa bene che il problema non mi riguarda personalmente, perché sono sposata da tanti anni, ma questo non mi sembra un buon motivo per disinteressarmene, anzi mi stimola ad alcune riflessioni personali di carattere spirituale che vorrei discutere con lei. Ho sentito con le mie orecchie una giovane coppia di conviventi, prossima al matrimonio, dichiarare disinvoltamente che “i preti non badano più a queste cose! Ci dicono soltanto di passare in chiesa il giorno prima per confessarci”. Senza voler entrare nel segreto del confessionale, non posso fare a meno di domandarmi che cosa mai diranno quei giovani al confessore: forse che sono conviventi e tanto pentiti? O forse non diranno nulla, sentendosi moralmente a posto?

PARROCO. Mia cara Carla, che cosa vuoi che ti dica? Oggigiorno è così che funziona! Però io penso che quando due fidanzati conviventi si presentano a me per chiedere di essere ammessi ai corsi prematrimoniali, sono stati sicuramente illuminati dallo Spirito Santo che li ha indotti a questo passo.

CARLA. Ma, Padre, lei (in quanto Pastore del gregge) non ha il diritto/dovere di chiedere ai fidanzati di interrompere la loro convivenza e di astenersi da qualunque intimità fino al giorno del matrimonio e ciò in nome della S. Ubbidienza che è dovuta da parte di tutto il popolo cristiano nei confronti dei Pastori, parroci, vescovi, o papi che siano?

PARROCO. No, Carla, perché io, come parroco, ha il dovere di annunciare la Parola di Dio spiegando ai fidanzati il significato del Sacramento alla luce del Vangelo, senza però pretendere di convertirli (come avverrebbe se li invitassi a interrompere la convivenza fino al matrimonio) perché solo Dio, con la sua Grazia, può condurre quei fidanzati a un livello superiore di fede e quindi di conversione. Se questo avviene, saranno loro stessi – illuminati dalla Grazia attraverso le mie parole – a decidere spontaneamente di astenersi da qualsiasi intimità fino al momento del matrimonio.

CARLA. E se questo non avviene?

PARROCO. Se questo non avviene, io ho comunque dei dubbi circa l’effettiva peccaminosità della loro posizione di conviventi, perché mancherebbero la piena avvertenza e il deliberato consenso al loro (supposto) peccato, perché dalla mia ormai ventennale esperienza di parroco non ho visto sposarsi una sola coppia che non fosse già convivente e perfettamente convinta, secondo me sicuramente in buona fede, della liceità morale della loro convivenza, nonostante i corsi diocesani prematrimoniali insistano sul contrario.

CARLA. Padre, a questo punto devo proprio dirle che in questo atteggiamento di due battezzati che pretendono di contraddire una dottrina bimillenaria piegandola ai propri comodi, io vedo una buona dose di superbia.

PARROCO (sospirando). Forse. Ma siamo sicuri, dopotutto, che i numerosi fedeli che si accostano alla S. Comunione la domenica siano tutti perfettamente consapevoli dell’enorme portata spirituale dell’atto che stanno per compiere e di Chi si va a ricevere? Anche in questo io ho molti dubbi ma, come sacerdote, non posso rifiutare la Comunione a chi me la chiede, se non assumendomi una precisa responsabilità personale di fronte a Dio.

CARLA. Questo ragionamento mi fa pensare anche alla condizione spirituale di chi, avendo subito il divorzio senza colpa e con grande sofferenza personale, incontra un nuovo affetto. La rinuncia, in questo caso, non sarebbe accettazione della Croce di Cristo che siamo tutti chiamati a condividere?

PARROCO. E’ vero, ma se in un progetto di vita matrimoniale viene meno di fatto il consenso di uno di coniugi (perché, ad esempio, si è innamorato di un’altra persona) possiamo continuare a ritenere vincolante il consenso della parte innocente? Allora il compito del Parroco è quello di rammentare agli interessati la dottrina della Chiesa, ma senza chiedere o imporre spiritualmente la rinuncia, se non agendo a titolo personale e assumendosene personalmente la responsabilità di fronte a Dio. Anche in questo caso, se si verificherà un livello superiore di conversione, sarà la parte innocente a scegliere spontaneamente di vivere in castità la propria condizione di divorziato senza colpa perché l’atto di fede è un atto libero: Gesù annunciava la parola di Dio, ma non imponeva a nessuno di seguirlo minacciando punizioni spirituali.

CARLA. Le dirò schiettamente, Padre, che questo ragionamento mi sembra più giuridico che cristiano, perché mi ricorda il “sinallagma” esistente fra i rapporti civilistici nei quali, se una delle due parti viene meno all’impegno, il contratto può essere rescisso.

PARROCO (con tristezza). Ma dopo 2000 anni di cristianesimo siamo ancora all’ABC della catechesi e purtroppo oggi non si insegna più la mistagogia come si faceva in passato, spiegando nei dettagli il senso del mistero cristiano…

Carla tornò a casa con molta confusione in testa, perché il matrimonio i cui ministri fossero in peccato, secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, continuava a sembrarle blasfemo. Stava appunto riflettendo su questo, quando le tornò in mente un episodio di parecchi anni prima. Trovatasi per caso ad assistere al funerale della madre di una famosa attrice cinematografica italiana nella parrocchia confinante con la sua, aveva visto l’attrice e sua sorella – la prima sposata civilmente a un noto produttore (divorziato) e la seconda a sua volta divorziata dal figlio di un personaggio famoso e notoriamente convivente con un nuovo partner – accostarsi alla Comunione. Da cattolica “bambina” quale era sempre stata, Carla era rimasta negativamente impressionata. Possibile che il parroco, distribuendo la Comunione, non abbia riconosciuto la famosa attrice, il cui volto compare spesso sulla stampa e le cui vicende coniugali sono note a tutti? E se l’avesse riconosciuta, dato che stava celebrando il funerale di sua madre, non avrebbe dovuto negarle l’Ostia consacrata? Allora è vero che i preti non fanno più caso a certe cose?

Carla era profondamente amareggiata e ferita nella sua fede da “bambina” e lo fu ancora di più qualche tempo dopo quando lesse su una rivista cattolica la lettera di una lettrice che, trovandosi nella stessa situazione della famosa attrice, lamentava la sua esclusione dall’Eucaristia, concessa invece a un personaggio famoso.

Il fatto di non ricordare la risposta della rivista indusse Carla a pensare che questa fosse evasiva e inconcludente dal punto di vista cristiano. “Allora” pensò “c’è il tremendo pericolo di confondere le anime semplici, o di fede debole, permettendo esempi negativi e i cattolici debbono fare qualcosa per impedirlo, attuando una vera “riscossa”. Ma che cosa?”. Carla sapeva bene di essere soltanto una molecola nella Chiesa che non aveva nulla da insegnare ai parroci. Però non poteva negare di provare un profondo disagio spirituale.

1 commento su “DIALOGO DI UNA CATTOLICA “BAMBINA” COL SUO PARROCO IN MERITO A UNO SCONCERTANTE ASPETTO DEI MODERNI MATRIMONI SACRAMENTALI E QUALCHE ULTERIORE RIFLESSIONE – di Carla D’Agostino Ungaretti”

  1. Il problema sono proprio i due pesi e due misure.
    Io conosco (sono nella mia parrocchia) una coppia sposata solo civilmente perchè uno dei due è legato da un precedente matrimonio religioso di cui non è riuscito ad ottenere la nullità.
    Prima erano entrambi impegnati in parrocchia: catechisti, Ministri dell’Eucarestia, ecc.
    Quando hanno preso la decisione di convivere, hanno comunicato che seppur con dolore, sapendosi non in regola, rinunciavano ai Sacramenti ed ai loro incarichi ecclesiali.
    Da allora vengono a Messa e pregano, ma non si accostano alla S. Comunione loro proibita.
    Sin qui tutto bene,
    Ma alla stessa Messa c’è un chirurgo che notoriamente pratica aborti, lui la S. Comunione la riceve e nessuno gliela nega.
    Come la mettiamo con queste differenze?
    Loro non sono in regola e va bene… ma lui?

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