di Giampaolo Rossi
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UN FRANCESE, UN’AMERICANA E UN ITALIANO
Un francese, un’americana e un italiano: non è l’incipit di un barzelletta ma coloro che dobbiamo ringraziare per aver imposto con miopia la più assurda tra le assurde guerre che l’Occidente ha condotto in questi ultimi anni in nome dell’imperativo umanitario. Il disastro in Libia e lo spaventoso errore di generare un “regime change” non governato, trasformando quello che era uno dei paesi più stabili e floridi dell’Africa in un cumulo di macerie, hanno tre firme d’autore.
IL FRANCESE
La prima è quella di Nicolas Sarkozy, l’ex premier francese, gollista con velleità napoleoniche. Fu lui a volere con tutta la forza l’abbattimento del regime di Gheddafi nella convinzione che la Francia avrebbe recuperato la sua “grandeur” e lui i sondaggi che lo davano peggior primo ministro francese degli ultimi 20 anni (record negativo oggi conquistato da Hollande).
Fu lui a guidare le potenze occidentali al riconoscimento di un governo libico d’insorti che aveva la legittimità di un pinguino nel Sahara e fu lui ad imporre, ad un recalcitrante Obama, i bombardamenti contro l’esercito di Gheddafi che portarono la Nato ad entrare a gamba tesa in una guerra civile schierandosi uno dei contendenti e violando così il principio di non ingerenza negli affari interni di uno Stato sovrano. Fu lui a recarsi nei giorni della fuga di Gheddafi, a Tripoli con al fianco Bernard Henry Levy il filosofo francese di sinistra da sempre protettore delle bombe umanitarie; ufficialmente per rassicurare i libici sul ruolo della Francia nella costruzione della democrazia e per chiudere qualche accordo sullo sfruttamento delle risorse energetiche del ricco paese africano, ufficiosamente per far sparire le tracce sui rapporti non proprio eleganti tra lui e Gheddafi.
L’AMERICANA
Il secondo artefice del disastro è una donna, americana: la democratica Hillary Clinton. Fu lei a trascinare di malavoglia l’amministrazione Obama nella guerra “francese” in nome della difesa di diritti umani che in Libia erano violati più dai ribelli che dai lealisti di Gheddafi; e lo fece applicando un principio del tutto nuovo: quello della guerra umanitaria preventiva (ne parlammo qui). L’idea cioè, che gli Usa, in Libia dovessero intervenire non per i punire crimini commessi dal regime ma quelli che avrebbe potuto commettere. In altre parole, io ti bombardo non per quello che hai fatto ma per quello che io penso, tu farai: una follia nel diritto internazionale.
L’ITALIANO
Il terzo da ringraziare è italiano e si chiama Giorgio Napolitano. Fu lui a spingere l’Italia nella guerra facendoci aderire alla coalizione che doveva applicare la risoluzione Onu, ma di fatto abbattere il regime libico al grido: “non lasciamo calpestare il Risorgimento arabo”. Berlusconi (allora presidente del Consiglio) si era opposto all’intervento militare per ragioni facili da comprendere: primo per un rapporto di fiducia costruito negli anni con il leader libico Gheddafi, fiducia che aveva portato importanti accordi economici tra i due paesi e un impegno della Libia a controllare l’immigrazione clandestina verso le nostre coste (impegno che aveva fatto diminuire gli sbarchi sulle coste italiane del 90%). Secondo, perché sapeva che il vuoto di potere creato sarebbe stato pericolosissimo per i nostri interessi nazionali.
Ma in quei mesi la figura del premier italiano era indebolita, assediata dalle inchieste giudiziarie, dalla perdita di credibilità internazionale dovuta allo scandalo Ruby e dalle manovre in atto di quelle tecnocrazie che avrebbero poi portato al complotto del novembre 2011. Napolitano ne approfittò e, in perfetta obbedienza a quei poteri internazionali per i quali subisce un naturale fascino , impose la nostra entrata nel conflitto non trattando nemmeno i posti a sedere nella gestione del dopoguerra e impedendo che il nostro Paese creasse un’asse neutrale con la Germania (che allo sciagurato attacco alla Libia non partecipò). Anche perché senza le basi italiane e la partecipazione dei nostri aerei sia nelle missioni di bombardamento e interdizione, l’operazione internazionale avrebbe avuto difficoltà a realizzarsi.
Ed è grazie alle loro responsabilità che ora l’Occidente sta a guardare la disintegrazione della Libia e la trasformazione della guerra civile in un conflitto regionale con il coinvolgimento già attivo di Egitto ed Emirati Arabi, il rischio di allargamento alla Tunisia e l’espansione dell’islamismo.
Sarkozy, Clinton e Napolitano: ecco chi dobbiamo ringraziare se oggi l’integralismo sta dilagando in Libia e i jihadisti sono ormai a due ore dalle coste italiane.
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4 commenti su “Disastro Libia: ecco chi dobbiamo ringraziare – di Giampaolo Rossi”
Una sintesi breve ed efficace di un immane disastro solo agli inizi.
Complimenti a questi signori. Va da sè che quando a prevalere sono i bassi interessi di bottega (Sarkò) uniti alla totale mancanza di una visione oggettiva e razionale della storia (Cllinton & Napolitano), i risultati non possono essere diversi.
Perfetta analisi! Un lavoro da autentici ignoranti, nel senso che non hanno mai letto il Corano e quindi – ignorandolo – non sapevano in che avventura ci stavano mettendo. Forse, però, c’è nascosto dell’altro, in questa sconsiderata avventura. Cosa possiamo attenderci da una mente sublimata che ci ha messo in mano a tre governi fantoccio e inetti, oppure deliranti efficienza. Intanto, a Macerata il PD ha perduto metà degli iscritti del 2013 e noi non andremo più a votare per perpetuare una dittatura camuffata da democrazia.
Berlusconi poteva rifiutarsi ma siccome l’uomo non è un esempio di “forza” e di decisione – vedi le vicende Fini e Alfano – troppo sensibile al fascino femminile e trasportato da una buona dose di narcisismo – lo dice uno che lo ha sempre votato e fatto votare – non gli riuscì di negarsi. Oggi, guarda caso, si è convertito al “diritto gay” su suggerimento della ninfa di turno, quella Francesca Pascale che lo ha indotto tra l’altro a scendere a patti nazzareni e samaritani che dir si voglia. Un uomo del tipo “vorrei ma non posso”. D’altra parte, come Epiphanius ed ultimamente Gioele Magaldi testimoniano, se la fratellanza 3 puntini domina e amministra, dobbiamo ricordare che il nostro fu un adepto della P2. I conti tornano. Non si spiegherebbe l’adesione al governo Monti prima (approvazione dell’IMU), al governo Letta e adesso all’amorazzo con Renzi.
Analisi impeccabile.