DOMENICA 12 MAGGIO A ROMA, CONTRO UNA CULTURA DI MORTE CHE CI STA SOMMERGENDO – di Marisa Orecchia

di Marisa Orecchia (*)

 

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Mancano pochi giorni  alla terza Marcia per la Vita, che avrà luogo  a Roma domenica prossima, 12 maggio.  Come tutte le marce per la vita  che da anni camminano per il mondo, richiamerà un gran numero di partecipanti – si è passati nell’arco di due anni dai quasi mille della prima, a Desenzano, ai più di quindicimila  di Roma  dell’anno scorso – e le attese  degli organizzatori non andranno deluse, nonostante proprio  nella  stessa giornata abbiano luogo anche altre iniziative.

La vita chiama, e finalmente c’è un  luogo, un evento in cui, con la gioiosa partecipazione di chi si mette in viaggio da ogni parte del Paese, e anche da fuori, nei pullman  che solcano la notte, con la famiglia,  con i figli piccoli, come in una lieta  fatica di pellegrinaggio,  è possibile  dire  che la vita non si uccide,  che la vita  si tutela, si difende, si accoglie.

In cui  è possibile  dire  che la legge 194, che legalizza l’aborto, è legge  sommamente ingiusta,  da sostituirsi  con una che tuteli in ogni caso la vita dell’innocente indifeso  e che quasi sei milioni di  aborti in  trentacinque anni sono il desolato risultato di una guerra contro la vita  cui troppo spesso abbiamo opposto armi inadeguate.

Tramontano finalmente, con la Marcia per la Vita, i giorni in cui la delega alla  battaglia per la vita veniva rilasciata in esclusiva  a chi, dalle  aule  dei Parlamenti,  ci diceva  che  non  era ancora il tempo, che non c’erano le condizioni politiche,  che occorreva cautela per non rischiare di peggiorare la situazione, che  ci accontentassimo  di pretendere  l’applicazione  delle cosiddette parti buone delle 194, che sarebbe bastato  l’esempio di una concreta e fattiva accoglienza alle madri in difficoltà, perché la cultura della vita si imponesse.

Una strategia, questa,  servita soltanto  a consolidare  una situazione nel silenzio della quale si continua ad uccidere. Non si vuole certamente qui misconoscere il grande impegno  del volontariato  pro life che  in  tutti questi anni  ha sottratto, nel silenzio e nella povertà di mezzi,   tanti  bambini   all’aborto: chi scrive  passa da  più di  trent’anni un pomeriggio alla settimana in un Centro di Aiuto alla vita e ben conosce  la fatica  dell’accoglienza,   l’ansia per quella mamma  che forse  non ce la fa e va  ad abortire, la gioia per il sorriso di quel bimbo  per il quale era già pronto il certificato di aborto. Ma  tutto questo non basta, non è bastato.  Il dilagare delle pillole abortive, il fai da te dell’aborto, l’attacco sempre più mirato contro il diritto di obiezione di coscienza dei medici e del personale sanitario  sono   chiari  indicatori di una cultura di morte  che  ci  sta  sommergendo.

Ci riappropriamo, con la  Marcia per la Vita,  della facoltà di affermare di persona, davanti all’opinione pubblica,   che è ora di cambiare,  che  sull’uccisione dell’innocente  non si costruisce  nulla, se non la rovina  di un popolo tutto, che una legge ingiusta deve  essere abrogata. Che adesso basta.

 

(*) Presidente di Federvita Piemonte

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