DOMENICA 12 MAGGIO TUTTI A ROMA PER LA III MARCIA NAZIONALE PER LA VITA
Manca poco più di un mese alla III Marcia Nazionale per la Vita, che si terrà il 12 maggio a Roma, preceduta, il giorno 11, da un grande Convegno e dall’Adorazione Eucaristica in riparazione per il crimine dell’aborto. Cliccando qui potrete leggere il programma completo.
Invitiamo tutti i nostri amici e lettori ad essere presenti alla Marcia, perché è più che mai urgente una forte testimonianza in difesa della Vita. La cosiddetta civiltà si sta sfaldando sotto i colpi della dittatura del relativismo ed è necessario “scendere in strada”, come lo scorso anno a Roma, come due anni fa a Desenzano, ed è necessario essere in tanti, per mostrare l’esistenza di un popolo che non si è arreso alla logica di morte, per confortare gli smarriti, per stimolare i pavidi.
Lo stesso caos politico in cui viviamo è foriero di cattive notizie sul fronte della difesa della vita e della famiglia. Potrebbero entrare in vigore anche da noi nuove leggi omicide e distruttrici, potrebbe addirittura diventare Presidente della Repubblica una donna che ha dedicato gran parte della sua attività “politica” alla legalizzazione del delitto di aborto, realizzata con l’infame legge 194.
Abbiamo davanti ancora poco più di un mese: utilizziamolo bene, per organizzarci in modo da essere a Roma domenica 12 maggio, invitando anche i nostri amici e i nostri familiari.
Ognuno di noi è importante, ogni voce in difesa della vita può salvare il mondo dall’abisso in cui sta precipitando.
Sul tema della difesa della Vita, pubblichiamo oggi un articolo di Piero Vassallo, che ringraziamo per il prezioso contributo. Altri autori interverranno nei prossimi giorni.
Arrivederci a Roma, domenica 12 maggio 2013!
PD
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L’estremo orizzonte dell’abortismo e dell’eutanasia
SACRIFICARE L’UOMO AL DELUDENTE PIACERE
di Piero Vassallo
Pier Paolo Ottonello, uno fra i più profondi e tacitati filosofi contemporanei, sostiene che sulla base della dimenticanza della metafisica la storia moderna cresce come stratificazione di dimenticanze.
L’oblio del Creatore, oggetto della metafisica, genera l’oblio della creatura e, nel vuoto, suggerisce l’ingannevole esaltazione del breve, vano giro, in cui il soggetto obliante consuma se stesso nel piacere di evadere dalla realtà.
L’estenuazione edonistica prospera in un’oscurità criminogena, invisibile al trionfalismo affumicato dalle mitologie sessantottine intorno al godimento dolce e feroce.
“Nell’ormai vecchio villaggio globale, riti emergenti omologano gratuita ludica e gratuità delittuosa, fino a che il gioco del delitto e del suicidio costituiscono il culmine del mio benessere” (Piero Paolo Ottonello, “Elogio dell’ipocrisia”, Marsilio, Venezia 2009, pag. 68).
Il fine settimana diventa il Fine, l’anestetico cui si sacrifica la vita presente e futura. La forza del piacere vuoto – il brivido della compensazione e il premio della fatica disorientata – genera la sete di ricchezza e piacere e opprime la vita non gaudente.
I vecchi sono consegnati al deserto metropolitano su cui si aggira l’ombra dell’eutanasia. Intanto la coscienza della dolente vanità del giro respinge la futura vita, che potrebbe scendere nel tritacarne del week end.
Augusto Del Noce ha definito totalitarismo della dissoluzione la società che si consuma nell’inseguimento del piacere estenuante/angosciante.
Il pessimismo ateologico è il signore della festa. La musica dell’obitus accompagna il balletto delle finzioni.
Contraccezione, aborto ed eutanasia rappresentano l’orizzonte, che promette il morso del serpente trinitario, che aggredisce, svaluta, calunnia la vita futura. Vita che è temuta quale aspirante/concorrente alla coda infelice della settimana.
La stupidità gaudente e vuota genera il disprezzo e la disperata avversione alla vita. Aborto e suicidio perfezionano la tetra serpentina. Perché dare figli a questo brutto mondo?
D’altra parte l’esperienza del perduto referendum anti-abortista rammenta ai valorosi attivisti cattolici la sordità dell’uomo sessantottino agli appelli del diritto, dunque suggerisce che la battaglia per la vita si traduca in una convincente, attiva testimonianza sul senso della vita.
Parlare di sacralità della vita innocente ai dissacratori e di giustizia ai devastatori della propria vita ad ogni modo significa parlare ai sordi e ripetere la fatica di Tantalo. Occorre testimoniare la bellezza della vita, della qualunque vita.
Ora la testimonianza della povertà cristiana è la chiave necessaria ad aprire quelle porte della vita che sono state chiuse dai moderni predicatori del piacere miserevole e suicida.
La povertà può e deve esser vissuta e proposta come sfida alla miseria generata dai miti felicitari. Forse questo è il significato provvidenziale e il messaggio di un papa che assume lo splendido nome di Francesco di Assisi.
La strategia anti-abortista deve rinnovarsi e cominciare dalla riflessione sulla sentenza sussurrata dagli abortisti: questa vita, la vita consumata tra la noia della settimana e la noia della sua coda non è degna di esser vissuta.
La passione obituaria circolante nelle cliniche nichiliste è figlia di una paura giustificata dalla gratuità del sistema ludico. Se non che alla gratuità del fine settimana non basta opporre la guerra giusta dichiarata dalla morale: occorre aggiungere una testimonianza di vita credibile, quale è, appunto, la testimonianza proposta da papa Francesco.
La povertà cristiana è speranza nel bene eterno, armonia festosa, tranquillità nell’ordine, che desta l’attitudine a vedere la fugacità dei beni terrestri e genera la forza necessaria a resistere alla dolente esperienza del piacere mondano.
La povertà è altro da pauperismo, lo rammenta il “Quis dives salvetur?” di Clemente Alessandrino, testimone di una vita in sé degna di essere vissuta.
L’alternativa alla povertà è una religione artefatta, che dichiara la tetra beatitudine dei banchieri, dei latifondisti e dei dissoluti e/o la sanguinaria giustizia degli eversori. Il rimanente è chiacchiera.