di P. Giovanni Cavalcoli, OP
Molti anni fa ebbi modo di leggere la traduzione curata da Don Ennio di una “Storia dello gnosticismo” di Julio Meinvielle, un’opera che mi colpì perché presentava un concetto di “gnosticismo” più allargato e più intelligente di quello che fino ad allora conoscevo, nella linea della impostazione tradizionale come per esempio quella pur meritoria ed interessante di Hans Jonas, Jean Daniélou, Filoramo, la Sfameni Gasparro, Samek Lodovici o il Festugière, tanto per fare qualche esempio, un’impostazione che riserva il termine a quel fenomeno ben noto, detto appunto “gnosticismo”, che appartiene alla storia dell’eresiologia e che in quanto fenomeno storico, presenta contorni ben precisi, consistenti nella visione dualistica della realtà, dove la materia appare porincipio del male e lo spirito principio del bene.
Ma sappiamo anche come la prospettiva “gnostica” non fu solo di questi eretici, contro i quali combatterono S.Ireneo e lo stesso Plotino, ma fu anche di un grande filosofo cristiano dei primi secoli, S.Clemente Alessandrino, il quale anzi concepiva la sapienza cristiana come la vera e somma “gnosi” (ghnosis), la più alta forma della conoscenza di fede, non certo qualcosa che superasse la fede, ma che al contrario ne fosse la più sublime espressione.
In base al senso stesso della parola gnosi, “conoscenza”, “scienza”, il termine “gnosi”, “gnosticismo” poteva dunque essere emancipato dalla categoria storica dello “gnosticismo” di Valentino o Bardesane, che comunque una volta spiegato conserva il suo valore, ed essere utilizzato per designare un certo atteggiamento dello spirito che periodicamente si presenta nella storia delle idee in Occidente come in Oriente.
Si trattava di cogliere il significato di fondo dello gnosticismo storico al di là della forma particolare che aveva assunto in quello che tradizionalmente gli storici chiamano “gnosticismo”. Tale operazione risulta utile dal punto di vista teoretico e morale, perché consente di mettere in luce un certo modo di porsi in rapporto con la rivelazione cristiana e più in generale di far teologia, che si basa su di una gnoseologia per la quale il soggetto, ritenendo di possedere una scienza divina o suprema comunque insuperabile e giudice di tutte le altre, si sente autorizzato a giudicare dall’alto di questo sapere assoluto, certissimo ed insindacabile, anche i dati della stessa rivelazione cristiana e per conseguenza la dottrina del Magistero della Chiesa, visti come livelli inferiori di conoscenza teologica inficiati dall’immaginazione e dalla mitologia, e quindi soltanto ombra o figura, Vorstellung, “rappresentazione”, per dirla con Hegel, del puro pensiero, il denken, che si esprime nella gnosi.
Naturalmente lo gnostico non necessariamente usa questo termine per designare tale sua impostazione, anzi normalmente non lo usa mai, per lo più consapevole che si tratta di un termine compromesso e preferisce denominare in altri modi il suo sistema o la sua speculazione, sia filosofica come teologica.
Ma ciò non basta certo a nascondere il suo atteggiamento mentale e morale che resta nel suo significato oggettivo e che comunque al di là delle sue intenzioni che possono anche essere buone, merita scientificamente l’appellativo di gnosticismo. Questo è il metodo seguito da Don Innocenti, di per sè totalmente corretto e molto illuminante.
L’intuizione di questa possibilità di usare il termine “gnosi” in questo senso più ampio e più utile, si trova già nel Maritain, il quale, nel suo La Philosophie morale. Examen historique-critique des grands systèmes, parla assai opportunamente di “gnosi hegeliana”.
Ebbene Don Innocenti ha il merito di far uso di questo senso allargato, teoreticamente utilizzabile, di gnosi[1], partendo dallo studio storico del Meinvielle, che già si pone su questa strada con la sua storia dello gnosticismo, che iniziando certo dallo gnosticismo nel senso tradizionale, percorre poi l’arco di molti secoli, con riferimenti a molte altre correnti filosofiche di pensiero, soprattutto la kabbala ebraica, l’ermetismo, li pensiero magico rinascimentale, il rosacrucianesimo, la massoneria, la teosofia fino a giungere a Karl Rahner.
Don Innocenti dà un significato positivo alla parola gnosi, sulla scorta di Clemente Alessandrino e per questo parla di “gnosi spuria” per significare quella gnosi presuntuosa e pretenziosa per la quale lo gnostico pretende di conoscere Dio e Gesù Cristo meglio di quanto viene proposto dalla Chiesa cattolica e si permette di giudicarne i dogmi dall’alto di un “sapere”, che non è altro che il parto della sua imperizia o della sua fantasia o di elucubrazioni empie, assurde e deliranti, e quindi moralmente pericolose, benchè forse fascinose e dall’apparenza della genialità e dell’ardimento teoretico.
In tal modo don Ennio ci ha dato di recente un poderoso ed informatissimo studio storico sullo gnosticismo i due volumi, che raccoglie i risultati dei suoi lunghi studi e dà un contributo prezioso alla conoscenza di questo atteggiamento mentale, che ancor oggi è presente nella teologia cattolica, come per esempio nel rahnerismo.
Ma non sarebbe difficile trovare tale atteggiamento in tutti gli eretici[2], regolarmente spinti dalla convinzione di interpretare la rivelazione cristiana meglio di quanto sappia fare la Chiesa cattolica, deviando con ciò dalla vera fede per offrire concezioni apparentemente più elevate e spirituali, ma che in realtà cadono nei più miserevoli errori della mente e del cuore.
L’opera di Don Innocenti si presenta particolarmente utile ed opportuna nell’attuale clima della teologia cattolica, nel quale, per un fraintendimento del pluralismo e del progresso teologici promosso dal Concilio Vaticano II, è venuto meno da tante parti quel pie et sobrie quaerere raccomandato al teologo dal Concilio Vaticano I, come garanzia di una ricerca e di una produzione teologica, veramente conforme alla Parola di Dio sull’esempio del grande Aquinate, oggi troppo spesso dimenticato e che invece, per raccomandazione dello stesso Vaticano II e dei Pontefici seguenti, resta e deve restare, seppur in dialogo con le altre grandi voci della cultura universale, l’insuperato Maestro che per la sua santità e la sua sapienza ci ripara dal pericolo della superbia e dell’empietà gnostiche e ci insegna quell’atteggiamento di umiltà e di coraggio ad un tempo che fa il vero grande teologo al servizio delle anime, della Chiesa e della cultura del nostro tempo.
[1] E’ possibile trovare questo senso dello gnosticismo anche negli informatissimi studi di Massimo Introvigne, ed oggi ormai, per merito di Don Innocenti, questo significato allargato è divenuto comune, come si può notare anche nel pensiero di Mons.Antonio Livi.
[2] Mi permetto qui di segnalare il mio La questione dell’eresia oggi, Edizioni Vivere In, Monopoli (Bari), 2008