DON ENNIO INNOCENTI, SULLE TRACCE DELLA RAGION POLITICA – di Piero Vassallo

di Piero Vassallo

 

Diluvio di pensieri deboli; inflazione di educatori dissennati; denatalità; caducità dei matrimoni; moltiplicazione dei delitti contro la persona; incremento dei suicidi, espansione delle tossicodipendenze; prosperità assicurata agli strozzini ed esorbitanti gabelle per i produttori; incertezza del diritto e protagonismo dei pubblici ministeri; scandalosa entità della spesa per il mantenimento della pletora politicante; immigrazione quale rimedio alla fuga ritrosia nazionale alla fatica; irruzione di comici vaneggianti sulla scena politica e, ultimamente, sproloqui e filosofemi sodomitici intorno alla nazionale di calcio.

La catastrofe antropologica, avanzante sotto la bandiera del progresso, non è un decreto dell’assoluto immanente e neppure un cieco destino.

Gli umilianti regressi della nazione italiana, infatti, sono il risultato delle debolezze, dei compromessi e dei tradimenti, che hanno alterato il pensiero e deviato l’azione politica degli eletti dalla maggioranza cattolica e moderata di centro e di destra.

Il sincretismo politicante, che promuove ostinatamente l’ammucchiata buonista di pensieri incompatibili e imbastisce l’intesa con i teorici dell’odio di classe, è il resto cinereo delle avventurose scolastiche modernizzanti, ultimamente incubatrici di contestatori propensi a gettarsi nella guerra marcusiana contro il principio di identità e non contraddizione.

Gli eventuali iniziatori di un’attività politica intesa a rappresentare degnamente la tradizione italiana, adesso dovranno fare alcuni passi indietro e in primo luogo rinunciare alle illusioni generate dal sogno  babelico, che contempla il pluralismo ideologico in un solo partito e/o in una sola coalizione.

Gli esiti fallimentari dei partiti a cultura plurima, lo sfascio della Dc di Martinazzoli e le ripetute scissioni nella destra di Almirante, di Fini e di Berlusconi, testimoniano la sterilità delle alleanze ideologiche innaturali.

L’illusione di estrarre la pace sociale dalla mescolanza di idee strutturalmente incompatibili ha suggerito la rinuncia (prima democristiana in seguito missina e forzista) alla dottrina sociale elaborata dal Magistero cattolico e attuata, con risultati non spregevoli, dagli oppositori italiani alle due ideologie rivoluzionarie,  il capitalismo e il comunismo, errori avanzanti sulla disgraziata via modernorum in discorde concordia.

Al seguito del cieco disprezzo e del rinnegamento manicheo del Novecento italiano dilagarono l’incapacitante oblio e la sistematica falsificazione della  coscienza nazionale, le incaute ovazioni all’americanismo, le rovinose incursione nell’area della mitologia liberale, l’estasi al cospetto dell’incubosa utopia comunista, l’infatuazione per la strampalata filosofia dei francofortesi e ultimamente la cieca fede nella soluzione tecnocratica e nel miracoloso balsamo (o rovente impiastro) prescritto dai guru dell’alta finanza.

Paolo VI aveva definito con esattezza il rovinoso cammino dei capitolardi di centrodestra: “Invece di affermare le proprie idee di fronte a quelle altrui, si prendono quelle degli altri. Non si conquista, ci si arrende. Non sono considerati veri cattolici che quanti sono capaci di tutte le debolezze, di tutti i compromessi”


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il logo della Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe



Gli eventuali iniziatori di un movimento fondato sui princìpi della tradizione italiana e perciò indirizzato al superamento del pensiero plurimo, non potrebbero fare a meno dell’insegnamento di don Ennio Innocenti, un pensatore che ha esaminato con scrupolosa competenza le fonti mitologiche e irrazionali delle ideologie avanzanti da sinistra a destra sotto i vessilli della dea ragione e dell’ineluttabile progresso.

Opportunamente suggerita da Ennio Innocenti, l’esplorazione del sottosuolo mitologico delle rivoluzioni, rivela la verità sulla struttura illusionistica e la vocazione regressiva dei pensieri avanzanti sulla via modernorum.

Cartesio, erede della decadenza scolastica, ad esempio, pretese di abolire il principio scolastico, per lui infondato, che stabilisce la dipendenza del pensiero dall’esperienza della realtà: “nihil est in intellectu quin prius fuerit in sensu”.

Cartesio sosteneva che i sensi ingannano sempre e, a sostegno della sua opinione, adduceva l’esempio del bastone, che, immerso nell’acqua, sembra piegato su se stesso. Tuttavia non seppe rispondere seriamente all’obiezione del suo critico, che dimostrava la possibilità di superare l’illusione ottica mediante il tatto. Sostenne infatti che l’infallibile ragione comanda la correzione compiuta dal tatto e in tal modo fondò un’assurda dialettica tra la vista (senso ingannatore) e il tatto (senso obbediente alla ragione illuminante).

Analoga la strutturale debolezza del panteismo spinoziano. Nell’Epistolario dell’erede e continuatore di Cartesio, si legge l’esplosiva obiezione mossa da un lettore dilettante, che domandava come si può giustificare l’azione dell’etica all’interno di un pensiero imbalsamante, che contempla Deus sive natura: il perfettismo dio immanente può essere educato e perfezionato?

Alla tagliente domanda del suo interlocutore, Spinoza diede una risposta imbarazzata ed elusiva: conviene mantenere l’idea del movimento.

Dalla chiarezza dei giudizi sui sofismi fioriti sulla via modernorum prende le mosse la penetrante e puntuale diagnosi della nascoste cause della crisi oggi in atto che è stata formulata da Ennio Innocenti in diversi articoli, adesso unificati e pubblicati da Eugenio Ragno nel volume “La crisi italiana da Wojtyla a Ratzinger”, edito dalla Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe.

La profonda conoscenza della filosofia e della storia insieme con la corretta interpretazione delle encicliche sociali, che, fin dalla prima metà del XVIII secolo, hanno denunciato gli errori e previsto le sciagure incubanti nell’ideologia liberale, hanno guidato la risalita di Innocenti alla remota causa del disordine presente, “quel cancro dell’economia che è il pervertimento monetario: il tasso d’interesse produce un guadagno disonesto mediante il falso accreditamento della moneta come fattore per se stesso produttivo, quasi che essa sia in sé e per sé produttiva di lucro“.

Innocenti dimostra che la superstizione finanziaria dilaga nel vuoto prodotto dalla depressione-desacralizzazione dell’autorità politica, una tendenza purtroppo assecondata dalla costituzione italiana, che fu scritta con l’inchiostro del compromesso tra democristiani e comunisti.

Al proposito dell’attentato all’autorità, Innocenti cita il Radiomessaggio letto da Pio XII nel Natale del 1944: “La persona, lo Stato e il Pubblico Potere, con i rispettivi diritti, sono stretti e connessi in tal modo che o stanno o rovinano insieme. E poiché quell’ordine assoluto, alla luce della sana ragione e segnatamente della fede cristiana, non può avere altra origine che in Dio personale, nostro Creatore, consegue che la dignità dello Stato è la dignità della Comunità Morale voluta da Dio, la dignità dell’Autorità Politica è la sua partecipazione all’autorità di Dio. Nessuna forma di Stato può non tenere conto di quella intima e indissolubile connessione … Pertanto, se chi ha il pubblico potere non la vede, o più o meno la trascura scuote nelle sue basi la sua propria autorità”.

Fedele alla dottrina affermata nel Natale del 1944, Pio XII chiese che la la nuova costituzione riconoscesse l’origine divina dell’autorità, ma il partito di De Gasperi, lo rammenta Innocenti, fu sordo al richiamo e scelse di sottoscrivere l’errore di stampo illuministico, che attribuisce la sovranità al popolo.

Dalla defezione dei democristiani ha avuto origine la facilità con cui “il laicismo anticattolico si servì del gruppo guidato dal cattolico De Mita per dichiarare pubblicamente la resa del cattolicesimo al liberalismo (reso poi operativo dall’illustre tecnico del gruppo di De Mita, l’europeista Prodi”).

L’ultimo anello della catena decadentista è il governo obituario, guidato da un tecnocrate europeista, “che va a messamentre l’Europa procede sulla china dell’eutanasia del crollo demografico, nella succube sequela di un Impero [l’America] che già esibisce chiari indizi della fine profetizzata dall’Apocalisse per la simbolica prostituta di Babilonia“.

La chiarezza delle idee, separata dalla buona volontà, non garantisce il buon governo. Il recente passato rammenta tuttavia che l’errore impedisce la formazione della buona volontà. Le intransigenti verità, rivendicate da Ennio Innocenti, pertanto, costituisco la necessaria premessa alla rinascita italiana

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