DOPO LO SPETTACOLO OSCENO E BLASFEMO AL CONCERTONE DEL PRIMO MAGGIO A ROMA. IL TESTO DELLA DENUNCIA-QUERELA PRESENTATA DALL’AVV. GIANFRANCO AMATO

L’avv. Gianfranco Amato, in proprio e nella sua qualità di legale rappresentante dell’Associazione “Giuristi per la Vita”, ha presentato una denuncia-querela per i fatti verificatisi a Roma durante il “Concertone” del primo maggio, quando un cantante tenne comportamenti blasfemi e osceni. Al proposito, vedi l’articolo “Concertone. L’atto blasfemo merita la denuncia“. Pubblichiamo qui di seguito il testo completo della denuncia-querela

 

 

PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA


DENUNCIA – QUERELA


* * *


Il sottoscritto Avv. Gianfranco Amato, nato a Varese, il 1° marzo 1961, in proprio ed in qualità di Presidente e legale rappresentate dell’associazione Giuristi per la Vita, Codice Fiscale 97735320588, con sede in Roma, Piazza Santa Balbina, 8, ed elettivamente domiciliato ai fini della presente denuncia-querela in Roma, via Ennio Quirino Visconti, 20, presso lo studio dell’Avv. Francesco Donzelli,


ESPONE


quanto segue.


Durante l’edizione 2013 della nota kermesse denominata Concerto del Primo Maggio – una rassegna musicale che a partire dal 1990 viene organizzata annualmente il giorno della Festa dei lavoratori in piazza di Porta San Giovanni a Roma dai tre principali sindacati italiani CGIL, CISL e UIL – alla presenza di migliaia di persone, e di milioni di telespettatori sul canale televisivo pubblico RAI 3, è accaduto un fatto di particolare gravità sotto il profilo penale.

Il leader del gruppo musicale denominato Management del Dolore Postoperatorio, tale Luca Romagnoli, ha inscenato una vergognosa parodia della consacrazione eucaristica cattolica. Elevando un preservativo di colore bianco, a mo’ di ostia consacrata, si è rivolto agli astanti con le seguenti parole: «Questo è il budello che uso, che toglie le malattie dal mondo. Prendetene e usatene tutti: fate questo, sentite a me». Quindi, prima di iniziare a cantare un brano musicale il cui stesso titolo – Pornobisogno – tradisce il contenuto volgare, ha tolto il cappuccio che indossava mostrando la testa con la chierica rasata, improvvisandosi un novello San Francesco d’Assisi. A conclusione di quella indecente performance, lo stesso cantante si è pubblicamente denudato, ostentando in modo plateale i propri organi genitali.

Quanto  accaduto,  e  oggetto  delle  presente  denuncia-querela,  è  documentato  dal filmato rintracciabile presso gli archivi RAI e reperibile su Internet al seguente link: http://www.youtube.com/watch?v=1tqKfr6_tgo&feature=player_embedded#!. L’oltraggiosa caricatura messa in scena ha avuto per oggetto uno dei momenti più sacri e solenni della liturgia cattolica, ed ha arrecato una grave offesa alla sensibilità non solo dei fedeli presenti ma anche di quelli che hanno assistito a quanto accaduto attraverso il mezzo televisivo. L’irriverente farsa, infatti, è stata integralmente trasmessa dalla TV pubblica, la quale, peraltro, viene finanziata anche con il canone pagato anche dai contribuenti di fede cattolica.

Né appare privo di rilievo il luogo in cui i fatti si sono svolti, a pochi passi dall’Arcibasilica Laterana,  meglio nota  come San Giovanni in Laterano.  Quell’edificio religioso, infatti, non è solo la Cattedrale della diocesi di Roma, la sede ecclesiastica ufficiale del Papa, il luogo in cui è custodita la Cattedra papale, ma è anche la prima delle quattro basiliche papali e la più antica e importante basilica d’Occidente. Un luogo di culto simbolo della cristianità, ed in particolare della confessione cattolica, tanto da essere definita «omnium Urbis et orbis ecclesiarum Mater et Caput». La grande piazza ove si sono perpetrate le offese denunciate, oltretutto, è circoscritta, oltre che dalla predetta Basilica, anche da altri luoghi simbolici per la fede cattolica, quali la Chiesa che ospita la Scala Santa del Pretorio di Pilato e lo stesso palazzo del Vicario Generale di Sua Santità per la diocesi di Roma, il Card. Agostino Vallini, il quale sulla squallida vicenda ha diramato un comunicato di dura condanna: http://www.vicariatusurbis.org/?p=2400. Altri autorevoli esponenti della Chiesa Cattolica, peraltro, hanno pubblicamente esternato la propria veemente protesta contro i fatti accaduti durante lo spettacolo oggetto della presente denuncia-querela, come ad esempio l’Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, S.E. Mons. Luigi Negri: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-attacchi-e-bestemmie-la-chiesa- non-pu-tacere-6398.htm.

A detta dell’esponente i fatti lamentati integrano, comunque, gli estremi dei reati che appresso vengono specificati.


1)  Violazione dell’art. 403 del Codice Penale.


L’art. 403 c.p. punisce la condotta di chiunque «pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa», o «di un ministro del culto».

La giurisprudenza ha da tempo chiarito che il bene giuridico tutelato dalla norma è rappresentato dal «sentimento religioso collettivo» (Cassazione penale Sez. III, 10 mar- zo 2009, n. 10535, Donvito) inteso come «sentimento religioso della pluralità di fedeli che si riconoscono in una determinata confessione religiosa» (Dolcini Marinucci Codice Penale Commentato IPSOA 2011, sub art. 403, pag. 4095).

Peraltro, «per la configurabilità del reato di cui all’art. 403 c.p., non occorre che le espressioni di vilipendio debbano essere rivolte a soggetti ben determinati, ben potendo essere riferite alla indistinta generalità dei fedeli» (Cassazione penale, sez. III, 11 dicembre 2008, n. 10535).

Nel caso affrontato dalla Suprema Corte, ad esempio, è stata ritenuta offensiva della religione cattolica mediante il vilipendio dei suoi fedeli e dei suoi ministri, l’associazione sacrilega della religione a pratiche sessuali attraverso l’allusione (sarcastica ed offensiva) al «sacro seme del cattolicesimo».

La stessa pronuncia della Corte di Cassazione afferma che costituiscono «vilipendio, e sono pertanto esclusi dalla garanzia dell’art. 21 (e dell’art. 19), la contumelia, lo scherno, l’offesa, per dir così, fine a sé stessa, che costituisce ad un tempo ingiuria al credente (e perciò lesione della sua personalità) e oltraggio ai valori etici di cui si sostanzia ed alimenta il fenomeno religioso, oggettivamente riguardato».

Precisa inoltre la motivazione che  «il sentimento religioso, quale vive nell’intimo della coscienza individuale e si estende anche a gruppi più o meno numerosi di persone legate tra loro dal vincolo della professione di una fede comune, è da considerare tra i beni costituzionalmente rilevanti, come risulta coordinando gli art. 2, 8 e 19 Cost., ed è indirettamente confermato anche dal primo comma dell’art. 3 e dall’art. 20. Perciò il vilipendio di una religione, tanto più se posto in essere attraverso il vilipendio di coloro che la professano o di un ministro del culto rispettivo, come nell’ipotesi dell’art. 403 c.p., che qui interessa, legittimamente può limitare l’ambito di operatività dell’art. 21». Con riguardo al rapporto fra il reato in esame ed il diritto di pensiero, espressione e critica, di cui all’art. 21 della Costituzione, si è rilevato che sono antigiuridici i fatti di vilipendio non costituenti manifestazioni di pensiero, da intendersi come ragionamento critico rispetto ad una tesi filosofica o teologica, come ad esempio «l’insulto fine a se stesso, l’espressione verbale informe inidonea a trasmettere informazioni valutazioni od altro atteggiamento spirituale» (Pulitanò cit. in Dolcini Marinucci Codice Penale Commentato IPSOA 2011, sub art. 403, pag. 4102), nonché «quei fatti di vilipendio che, pur esprimenti un pensiero, travalicano, per la loro volgarità o turpitudine il limite del buon costume» (G.I.P. Latina 7 giugno 2001, ibidem).

Si è inoltre rilevata la colpevolezza in relazione al delitto in esame di chi offenda la religione cattolica con espressioni denigratorie nei confronti di chi la professi e di un ministro del culto cattolico, nonché di cose che formino oggetto di  culto o siano comunque consacrate al culto; nel caso di specie era stato qualificato il Crocifisso come un «cadaverino e cadavere in miniatura» (Tribunale di Padova, 14 giugno 2005, Quaderni dir. e politica ecclesiastica, 2005, 1067). Il G.I.P. di Latina, nella citata sentenza, ricorda che il reato sussiste anche in caso di vilipendio di Santi e Beati della religione cattolica.

Orbene, venendo al caso di specie, mette conto evidenziare che il gruppo musicale:

1)      ha ridicolizzato, offeso e vilipeso il fulcro della religione cattolica rappresentato dall’eucaristia, dando vita, con gesti e parole, ad un’ignobile farsa, giunta al punto di accomunare l’ostia consacrata ad un preservativo;

2)      ha offeso e vilipeso le Sacre Scritture ed il sacerdote che celebra la consacrazione eucaristica, attraverso la ridicolizzazione delle parole utilizzate nelle cerimonie liturgiche.

3)      ha offeso e vilipeso la religione cattolica attraverso una canzone ad elevato contenuto pornografico, eseguita dal vocalist del gruppo mascherato da San Francesco d’Assisi, il quale si è poi pubblicamente denudato.

La condotta posta in essere nei fatti lamentati, peraltro, non può essere in alcun modo scriminata dal mancato riferimento ad un singolo sacerdote o ad un singolo fedele atteso che, come ricordato dalla Suprema Corte, «non occorre che le espressioni di vilipendio debbano essere rivolte a soggetti ben determinati, ben potendo essere riferite alla indistinta generalità dei fedeli». L’offesa e la ridicolizzazione di San Francesco d’Assisi, oltretutto, rendono manifesta anche la determinatezza del santo vilipeso (e con esso i suoi devoti).

Non può neppure essere invocata l’esimente del diritto di critica e di pensiero, dal momento che, come è plateale, la performance non è stata contraddistinta da alcun ragionamento critico rispetto ad una tesi filosofica o teologica. Vi è stato invece un vilipendio «fine a se stesso, un’espressione verbale informe inidonea a trasmettere informazioni valutazioni od altro atteggiamento spirituale»; un vilipendio «travalicante, per la propria volgarità o turpitudine il limite del buon costume».


2)  Violazione dell’art. 404 del Codice Penale.


Sussiste altresì il reato di cui all’art. 404 c.p. La norma suddetta, infatti, incrimina, al primo comma, la condotta di «chiunque, in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipenda con espressioni ingiuriose cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto, ovvero commetta il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto».

Va preliminarmente osservato che il reato di cui all’art. 404 c.p. concorre con quello, sopra menzionato, di cui all’art. 403 c.p., poiché il primo non consta di una condotta criminis comune al secondo (cd. “condotta base”) con  l’aggiunta però di elementi specializzanti che rendano configurabile solo tale fattispecie. Si integra viceversa, a fronte di una condotta contraddistinta dalla caratteristica dell’unicità, un concorso formale eterogeneo fra le due fattispecie delittuose per le quali viene in rilievo anche l’istituto della continuazione allorché il soggetto attivo agisca all’interno di un unico disegno criminoso (Tribunale di Padova, 14 giugno 2005, Quaderni dir. e politica ecclesiastica, 2005, 1067, cit.).

Operata questa premessa, va posto in rilievo che le espressioni «gravemente sconvenienti e intrinsecamente sprezzanti» (Siracusano, Codice Penale, sub art. 403, 1778) «non devono essere necessariamente verbali. Come si evince dall’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale relativa al delitto di ingiuria, le espressioni ingiuriose possono infatti consistere anche in scritti, disegni, gesti sconci, suoni oltraggiosi ecc. purché non si trapassi ad una aggressione materiale della cosa, nella cui ipotesi risulta integrato il fatto tipico del delitto di cui al secondo comma», ossia danneggiamento delle cose che formano oggetto di culto (Dolcini Marinucci Codice Penale Commentato IPSOA 2011, sub art. 404 c.p., pag. 4109).

La cosa – nel nostro caso l’ostia consacrata – «non viene offesa per la sua fisicità, quanto per il suo valore di simbolo della religione (Gabrieli, Codice Penale sub art. 403, 161, Cassazione penale, sez. III, 21 dicembre 1967, Conti), vale a dire in virtù del suo collega- mento funzionale con la religione: l’offesa alla cosa è infatti solo il mezzo per offendere la confessione religiosa» (Dolcini Marinucci Codice Penale Commentato IPSOA 2011, sub art. 404 c.p., pag. 4112).

Non è necessaria, pertanto, la presenza fisica della cosa al momento della condotta nella sua materialità, essendo sufficiente – ai fini dell’incriminazione dell’agente – la sua mera offesa, pur non trovandosi il bene oggetto di vilipendio in loco (Tribunale di Padova, 14 giugno 2005, Quaderni dir. e politica ecclesiastica, 2005, 1067, cit.).

Le cose oggetto di culto o destinate al culto sono quelle verso le quali si tributa il culto. Com’è noto, infatti, l’ostia consacrata, per la religione cattolica, rappresenta, in virtù del dogma della transustanziazione, la stessa presenza fisica della Divinità, tanto da assurgere ad oggetto di adorazione.


Nel caso di specie, come si è già rilevato, l’ostia è stata rappresentata da un preservati- vo e definita, al momento della sua ”elevazione”, «il budello che uso», con chiaro ed evidente riferimento al contraccettivo.

Altrettanto vilipese risultano le stesse Sacre Scritture della fede cattolica. L’espressione utilizzata («questo è il budello che uso, che toglie le malattie dal mondo. Prendetene e usatene tutti: fate questo, sentite a me»), è una chiara ed evidente parodia del celebre passo contenuto nel Vangelo di Luca, al versetto 19 del capitolo 22, in cui si descrive l’istituzione da parte di Gesù Cristo del sacramento eucaristico durante l’Ultima Cena:

«Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”». Così come l’espressione «budello che toglie le malattie dal mondo», appare un’evidente storpiatura dissacrante dell’espressione liturgica «Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo».

In conclusione, i fatti in questa sede denunciati costituiscono quasi un esempio paradigmatico dei reati finora passati in rassegna. Se essi non fossero ritenuti commessi, di fatto le norme di cui agli artt. 403 e 404 del Codice Penale sarebbero private di ogni contenuto, di ogni sfera di applicabilità e considerate tamquam non essent.


2) Violazione dell’art.527 del Codice Penale.


Rende ancor più grave il vilipendio l’interpretazione del cantante mascherato da San Francesco, il contenuto turpe e pornografico della canzone, lo spogliarello finale con esibizione degli organi genitali.

Il mostrarsi nudo e l’esibire le parti intime (scena non trasmessa dalla TV, ma posta in essere davanti alle migliaia di persone presenti alla manifestazione e contenuta nell’allegata documentazione fotografica) integra il reato di atti osceni in luogo pubblico (art. 527 c.p.), essendo in grado di configurarlo «qualsiasi comportamento, anche meramente esibizionistico, attinente alla sfera della sessualità, idoneo a determinare, secondo l’apprezzamento comune, offesa al pudore» (ex plurimis Cassazione Penale, Sez. III, 15 novembre 2011, n. 11135; nella specie l’agente mostrava i genitali). Tale reato,   peraltro,   è   stato   ritenuto   sussistente   anche   nel   caso   della   guida   di un’autovettura da parte di un conducente nudo che sollevi il bacino per mostrare i genitali (Cassazione Penale, Sez. III, 15 novembre 2011-22 marzo 2012, n. 11135).

Il cantante del gruppo Management del Dolore Post Operatorio non si è limitato, del resto, al solo atto osceno contestato, ma ne ha posti in essere altri dal chiaro contenuto erotico, come ad esempio quello di mimare un rapporto orale con il microfono.

Da quanto è a conoscenza dell’esponente, il gruppo musicale risulta composto dai signori Luca Romagnoli (voce), Marco Di Nardo (chitarra), Luca Di Bucchianico (basso) e Nicola Ceroli (batteria). Si chiede comunque a Codesta Ecc.ma Procura della Repubblica di accertare l’identità dei componenti del gruppo e, una volta identificati, di procedere penalmente nei loro confronti per i reati di cui agli artt. 403, 404 e 527 del Codice Penale, nonché per ogni altro reato che si dovesse ravvisare nei fatti descritti.

E’ opportuno aggiungere che appare invero impensabile che gli organizzatori della kermesse del Primo Maggio 2013 non conoscessero il contenuto della performance, sia perché tale gruppo si contraddistingue per la particolare avversione alla fede cattolica, sia perché tutte le esibizioni musicali di una manifestazione vengono di regola provate prima dell’esibizione.

Si chiede quindi di indagare per verificare se vi fossero state, prima dell’esibizione del gruppo, delle prove o se comunque gli organizzatori fossero a conoscenza del fatto che sarebbero stati compiuti i reati descritti in narrativa e, in caso affermativo, procedere nei loro confronti per i delitti sopra indicati e per quelli ritenuti configurabili.

Per tutte le suesposte ragioni, il sottoscritto Avv. Gianfranco Amato, in proprio e quale Presidente dell’associazione Giuristi per la Vita, sporge


DENUNCIA – QUERELA


nei confronti dei componenti del gruppo musicale denominato Management del Dolore Post Operatorio affinché siano condannati per i reati di cui agli artt. 403, 404 e 527 c.p., nonché per ogni altro reato che si dovesse ravvisare nei fatti descritti.

Si chiede di verificare, previa esecuzione delle più opportune indagini, la sussistenza di un concorso degli organizzatori della manifestazione e/o di ulteriori terzi soggetti e, in caso affermativo, procedere nei loro confronti per i reati eventualmente configurabili in capo ad essi, affinché venga ad essi comminata la giusta punizione.

* * *


Il sottoscritto Avv. Gianfranco Amato, sempre in proprio e nella qualità di cui sopra,


CHIEDE


di essere informato, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 405 e 408 c.p.p., dell’eventuale formulazione della richiesta di proroga delle indagini preliminari ovvero della formulazione della richiesta di archiviazione;

DICHIARA


altresì di opporsi sin da ora all’eventuale decreto penale di condanna;


SI RISERVA


sin da ora di costituirsi parte civile nell’eventuale procedimento penale instaurato a seguito della presente denuncia-querela, dichiarando altresì l’intenzione di devolvere, in caso di condanna degli imputati, l’importo del risarcimento alle Monache dell’Adorazione Eucaristica del Monastero di S.Lazzaro e S.Maria Maddalena di Pietrarubbia (PU); INDICA quali ulteriori fonti di prova l’articolo pubblicato sulla rivista telematica Tempi Online (http://www.tempi.it/concerto-del-1-maggio-cantante-alza-un-preservativo-come- fosse-unostia-prendetene-e-usatene-tutti#.UYeIHEpLFvx),  ed  il  materiale  fotografico rinvenibile in http://www.dlso.it/site/?attachment_id=29475

Roma, li 9 maggio 2013


Con Osservanza

Avv. Gianfranco Amato

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