DOPO L’UCCISIONE IN AFGHANISTAN DEL CAP. GIUSEPPE LA ROSA. INTERROGATIVI SULLA PRESENZA DELLE NOSTRE TRUPPE ALL’ESTERO. UNA LETTERA IN REDAZIONE

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Il Capitano Giuseppe La Rosa è il 54° militare italiano caduto in Afghanistan. Un lettore ci ha scritto la lettera che interamente pubblichiamo:

 

 

Caro direttore,

ormai sono cinquantaquattro i nostri soldati caduti in Afghanistan e io vorrei formulare alcune domande “scorrette” e  inopportune sulle missioni militari all’estero, imprese alle quali sacrifichiamo uomini valorosi e denaro prezioso.
Perché? Per educare i talebani? Per imporre la democrazia a popoli refrattari?
La democrazia è un valore così alto da giustificare il sacrificio di vite umane?
Val la pena di morire per stabilire che non Dio ma il popolo è sovrano?
L’America democratica è un paradiso terrestre degno di essere esportato armi in pugno?
Consideriamo la storia dell’Iraq, ad esempio. Un tempo a Bagdad regnava un tiranno feroce ma il paese era in pace. Gli eserciti democratici hanno deposto il tiranno (al termine di una guerra sanguinosa) e lo hanno fatto impiccare Eccellente risultato? In Iraq ogni giorno il terrorismo fa scorrere – democraticamente? – sangue innocente. In Iraq si muore per la democrazia o per l’assurdo?
I caduti di Nassiria sono stati sacrificati alla pace civile o alla guerra terroristica in atto? Sono stati sacrificati al bene dei popoli o al progetto dell’alta, cravattara finanza, che sogna l’organizzazione di un gay pride a Bagdad e a Kabul? È  scorretto porre domande del genere? O è stupido e criminale organizzare  spedizioni militari finalizzate all’imposizione della “pace” democratica?

Infine la pace regna sulle terre bombardate dai democratici? Perché i soldati italiani – preparatissimi e coraggiosissimi – non possono essere impiegati nella lotta contro le organizzazioni malavitose operanti in Patria? Perché non possono essere impiegati nelle città italiane disturbate e flagellate dalla malavita “spicciola”? Perché Pisapia è contrario all’ordine nelle strade? Perché il potere politico, demente e servile, preferisce mandarli a morire a Kabul? Dobbiamo vivere in ginocchioni davanti al feticcio democratico/americano? O possiamo sperare in un futuro migliore?
O no?

Giulio Baglioni – Milano


Caro Sig. Baglioni,

è difficile non concordare con le sue amare riflessioni. Credo che difficilmente il nostro impegno militare all’estero possa ancora giustificarsi, sia alla luce dei risultati che Lei impietosamente (ma giustamente) mette in luce, sia perché gli ultimi due anni di politica estera, soprattutto americana, dovrebbero avere aperto gli occhi anche ai più illusi o sprovveduti.

Al di là della retorica che accompagna ogni bara avvolta nel tricolore, la realtà è purtroppo triste e sciagurata. I nostri soldati, che tanto bene potrebbero essere utilizzati in Patria, supportando le Forze di Polizia, pattugliando le città tormentate da criminalità non sempre “mini”, questi soldati vengono mandati a morire a migliaia di chilometri da casa.

Perché? Per esportare la “pax americana”. Davvero pazzesco, anche perché, al di là del degrado morale in cui è crollata ormai la politica americana, al di là del fatto che gli Stati Uniti non sono in alcun modo legittimati a porsi come “esempio” nel mondo, nemmeno sul piano pratico si sono raggiunti risultati, salvo che si voglia leggere come “risultato positivo” il fatto di avere gettato nel caos Paesi che prima, con regimi autoritari, almeno vivevano con una certa sicurezza. Ora questi Paesi conoscono nuovi regimi autoritari e in più hanno perso la sicurezza.

Oltretutto mandiamo all’estero la parte migliore della nostra gioventù. Chi sceglie ancora la dura vita delle armi è ben diverso dalle masse debosciate che riempiono le discoteche e dagli sculettanti efebi  che animano i “Gay Pride” che ammorbano la nostra Italia, col grazioso patrocinio di tante amministrazioni locali e con le visite di solidarietà di personaggi governativi e istituzionali.

La Sua domanda finale è la più imbarazzante: “Possiamo sperare in un futuro migliore?”.

Il governo (chiamiamolo così…) ha dichiarato che il nostro impegno militare in Afghanistan durerà fino alla fine del 2014. Poi vedremo in quali altre avventure folli l’Italia verrà trascinata dai manigoldi che hanno in mano troppo potere, in Italia e nel mondo.

Quindi: “possiamo sperare in futuro migliore?”. Certamente. Basterà mandare a casa i manigoldi e soprattutto rendersi conto che la retorica della “sovranità popolare” non vale davvero il sacrificio di tante vite umane. La “sovranità popolare” intesa come valore assoluto è il dominio del relativismo e non può che causare i disastri che quotidianamente abbiamo sotto gli occhi.

PD

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