EMILIO BIAGINI, “TRIGOTTO” E NARRATORE IMPERTINENTE – di Piero Vassallo

La graffiante narrativa al servizio della religione

 

di Piero Vassallo

 

 

lbFondatori della provocatoria associazione culturale i “Trigotti” (scherzoso titolo che allude ai bigotti inflessibili) il professore Emilio Biagini e sua moglie Maria Antonietta Novara, gestiscono in Genova una scuola finalizzata alla diffusione del pensiero forte attraverso quella narrativa d’intransigente ispirazione cristiana, che suscita lo sdegno e promuove le censure del potente e implacabile culturame.

I pensieri edificanti sono deplorati e squalificati dalle rumorose cattedre della vanità, del vizio e della dissoluzione mentale. L’iniziativa dei trigotti resiste tuttavia quale segno di vivacità lanciato dall’ambiente tradizionale, severamente ostracizzato perché irriducibile alla cultura garibaldina della città marmorea.

In mezzo al frastuono del futile e dell’inutile resiste la minoranza ostinata, qualificata dalla memoria degli intrepidi Giuseppe Siri, Michele Federico Sciacca, Maria Adelaide Raschini, Gianni Baget Bozzo, Alessandro Massobrio, Cesare Viazzi e Raffaele Francesca.

Il margine è vivacizzato, oltre che dai trigotti, da autori anticonformisti, quali Emilio Artiglieri, Pietro Giannattasio,  Alberto Rosselli,  Paolo Mangiante, Mario Bozzi Sentieri, Sergo Pessot, Giovanni Chersola, Piero Nicola, Maria Luisa Bressani, Rita Bettaglio, Miriam Pastorino, Dionisio Difrancescantonio, Francesco Tuo, Pier Francesco Malfettani,  e Claudio Cabona.

Emilio Biagini, il più estroso e creativo fra i militanti nell’animoso manipolo, è un dotto e affermato uomo di scienza, ma la sua vera vocazione è scrivere racconti, un’attività avviata privatamente negli anni dell’adolescenza e diventata fomite di successi (e di roventi polemiche) nel 2006, anno della pubblicazione del romanzo “La luce”.

Autore instancabile dallo stile scintillante, Biagini confessa con arguzia di conservare “una nutrita pila di inediti da dare in pasto ai suoi ventitré lettori e mezzo”.

Dalla sapida pila sono stati tratti gli avvincenti testi (quattordici) raccolti in un robusto volume antologico, pubblicato in questi giorni dalla veronese editrice “Fede & cultura” sotto il titolo “Montallegro e altri racconti”.

Il primo brano della raccolta ricostruisce con calore e sapida ironia la storia della miracolosa apparizione a Montallegro, sulle alture di Rapallo, di una icona della Santissima Vergine Maria che era appartenuta ai fedeli della dalmata Ragusa.

Gli altri racconti ora descrivono il cammino discendente verso il nulla di persone consegnate alla macchina mangiauomini, allestita dalla stupidità al servizio dell’inferno, ora mettono in scena personaggi che interpretano la resistenza alla devastazione post-moderna.

Biagini traduce nella bella lingua dei romanzieri la fenomenologia dell’autodistruttore, che corre  all’impazzata nelle vie della città gaudente e nei vicoli del buonismo teologizzante.

Il coinvolgente racconto “La vocazione”, ad esempio, descrive magistralmente la stupidità del buonismo cattolico, che si allea con il furore laicista per rovesciare in un disastro pedagogico/antropologico la genuina vocazione religiosa di una ragazzina. “Il treno” dipinge con colori forti il vuoto che le mode punk scavano nell’animo degli adolescenti. “Il labirinto” propone il vuoto desolante di una biografia incatenata al successo.

Non tutti i racconti descrivono l’alienazione demente/furente. I racconti “Lo straccio”, “Il pianoforte”, “l’uomo che tornò dall’inferno”, “L’uomo che vedeva le anime”, rivelano la presenza della grazia divina trionfante sull’oscurità del mondo moderno. Notevoli sono le poesie che l’autore ha incastonato nel racconto intitolato “Nebbia”.

La lettura dell’antologia di Biagini si raccomanda quasi come una medicina ai lettori dei giornali anestetici, che riducono i mali del presente a trascurabili eccezioni alla luminosa felicità avanzante sulla via – laica e democratica – delle magnifiche sorti e progressive.

 

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