EURO 2012 : ETICA CALCISTICA, POLITICAMENTE CORRETTO, GRAZIE RICEVUTE E BATOSTE CERCATE – di Il Recensore

di Il Recensore

 


 

3scIl recente amarissimo epilogo degli Europei di calcio con la nostra disfatta contro la Spagna, che ha rovinato le tre belle vittorie precedenti, offre al Recensore e tifoso lo spunto per variegate riflessioni.

Non è vero che lo sport agonistico di massa ed il calcio in particolare, hanno acquisito un’importanza non solo enorme ma anche abnorme nella vita dei nostri Paesi? È vero e non dovrebbe esser così. Dopotutto, si tratta solo di una partita di pallone. Ma tant’è. Il calcio offre diversi cattivi esempi, dal divismo di certi giocatori all’intreccio inverecondo di ricchezza e debiti, dalla violenza sistematica della teppa negli stadi a ricorrenti episodi di corruzione. La sua “commercializzazione” ha poi raggiunto livelli astronomici. Grazie ai finanziamenti degli sponsors, attorno a campionati europei e mondiali (così come attorno alle Olimpiadi) gira oggi una quantità enorme di denaro. In occasione degli ultimi europei le varie federazioni calcistiche si sono divise sostanziosi “premi”, a seconda dei piazzamenti; e “rimborsi”, se non mi sbaglio, sono andati anche alle squadre di club che hanno prestato i loro giocatori alle varie nazionali.

In Italia, il Campionato fomenta l’ostilità tra le varie tifoserie, rinverdendo gli antichi odi di campanile. Tuttavia, il tifo per la Nazionale ci affratella, cancellando le passioni di parte. E questo è un fatto positivo. La maglia azzurra ha una sua mistica, se così posso dire; è un sentimento collettivo, una passione, alimentata dalle belle anche se discontinue imprese della nostra Nazionale. Passione del tutto indipendente dalla politica e che coinvolge anche la maglia azzurra di altre discipline sportive. Per questo, hanno sbagliato grossolanamente quei giornali italiani che, all’indomani delle recente vittoria sulla Germania agli Europei, l’hanno buttata in politica, con vignette e commenti di pessimo gusto (subito notati all’estero) che tiravano in ballo in modo volgare e del tutto ingiustificato la Cancelliera Angela Merkel, offendendo nella sua persona tutti i tedeschi. Il rispetto per l’avversario, sportivo e non, è evidentemente un concetto ignoto a certa stampa.

Non potendo eliminare lo sport agonistico di massa dalla nostra vita, è cosa giusta cercare di estrarne gli elementi positivi riconducendolo, per quanto possibile, ai valori genuini dello sport, che sono quelli dello spirito di sacrificio, della lealtà, della correttezza, del rispetto per l’avversario. Bene ha fatto, perciò, Cesare Prandelli, il nostro selezionatore, ha proporsi di “cambiare il calcio” in Italia, nel senso di impegnarsi personalmente per restituire al mondo del pallone nostrano un ethos che sembra essersi almeno in parte perso per strada. Ma quest’opera di rieducazione (che non è cosa da poco) non dovrebbe svolgersi sempre e comunque nel campo suo proprio, limitandosi a rivendicare gli autentici valori dello sport? Dovrebbe, di sicuro. Non ha fatto bene, allora, Prandelli quando ha inaspettatamente mescolato il “politicamente corretto” a quei valori. Ciò è accaduto quando ha preso pubblicamente posizione a favore dell’omosessualità come cosa che debba essere pubblicamente accettata (anche) in ambito calcistico e delle istanze del femminismo, coinvolgendo entrambe nell’ethos del quale il mondo del calcio dovrebbe farsi paladino. Prandelli, cattolico, subisce evidentemente (come molti altri) le suggestioni di un falso umanitarismo diffusosi per colpa della parte “progressista” del clero, quella che, in nome di una fumosa quanto moralmente ambigua “solidarietà”, vorrebbe la Chiesa “aperta” e “comprensiva” anche nei confronti di certe deviazioni.

Contro le false dottrine diffuse dai lupi travestiti da agnelli sparsi oggi nel clero, bisogna dunque riaffermare in primo luogo l’insegnamento perenne della Chiesa, sempre pronta al dialogo con il peccatore affinché muti vita e si converta ma inflessibile nella condanna del peccato, in quanto tale. Esattamente come facevano Nostro Signore e gli Apostoli. “Basandosi sulla sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati. Sono infatti contrari alla legge naturale, precludono all’atto sessuale il dono della vita, e non sono frutto di una vera complementarietà affettiva e sessuale. Non possono esser approvati in nessun caso”(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2357).

Il CCC non rammenta che l’omosessualità è un peccato mortale, che esclude dal Regno di Dio, procurando la dannazione eterna. Il concetto risulta tuttavia dalla Sacra Scrittura, richiamata in nota dal Catechismo stesso (Genesi e due passi paolini). Ma Gesù Nostro Signore in persona ha detto: “Dal cuore, infatti, vengono i cattivi pensieri, gli omicidi, gli adulterii, le fornicazioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste son le cose che contaminano l’uomo” (Vangelo di S. Matteo, 15, 19-20; corsivo mio). È chiaro che qui “le fornicazioni”, distinte dagli “adulterii”, comprendono in generale tutti i peccati della carne, e quindi sia quelli secondo natura che contro. Nostro Signore ha inoltre confermato la condanna di Sodoma e Gomorra (nonostante l’intercessione di Abramo, distrutte all’improvviso dal fuoco divino – Genesi, 18,16 ss.; 19 – perché in preda all’omosessualità) quando ha rimproverato le città della Galilea per non aver creduto in Lui, nonostante i miracoli che aveva fatto: “ E tu Cafarnao, sarai esaltata fino al cielo? Tu discenderai sino all’inferno: perché se in Sodoma fossero avvenuti i miracoli operati in te, oggi ancora sussisterebbe. E però vi dico, che nel giorno del giudizio [universale] il paese di Sodoma sarà trattato meno duramente di te” (S. Matteo, 11, 23-24; vedi anche S. Luca, 17, 28-29).

Nella Lettera ai Romani, ossia alla comunità cristiana di Roma, composta di convertiti dal paganesimo e dall’ebraismo, S. Paolo, divinamente ispirato, denuncia il peccato contronatura, che doveva evidentemente esser diffuso in ciò che era diventata Roma, al tempo ricca e babilonica capitale di un immenso impero, la cui classe dirigente era in piena crisi di valori. Egli ne spiega la causa profonda: hanno rinnegato Dio, negandone l’esistenza e l’hanno sostituito con i culti tenebrosi del paganesimo, che mettono l’uomo e gli idoli al posto del Creatore. Le “invisibili perfezioni di Dio, come la sua eterna potenza e la sua divinità, appariscono chiare dal mondo creato, quando si considerino nelle sue opere; quindi non sono scusabili, perché, dopo aver conosciuto Iddio, non gli hanno dato gloria come Dio, nè gli hanno rese grazie; ma si sono perduti nelle loro vane elucubrazioni e la loro mente insensata si trovò immersa nelle tenebre. Sicché mentre si vantavano d’esser sapienti, diventarono stolti; ed hanno cambiato la gloria di Dio incorruttibile, con immagini di uomini mortali, di uccelli, di quadrupedi e di rettili […] Per questo Iddio li ha abbandonati a delle turpi passioni. Le loro donne infatti hanno cambiato l’uso naturale, in quello che è contro natura; e gli uomini pure, abbandonando l’uso naturale della donna, si sono accesi di perversi desideri gli uni per gli altri, commettendo turpitudini maschi con maschi, ricevendo in se stessi la mercede meritata dal loro pervertimento” (Rm 1, 20 ss.; 26 ss.). Abbandonati da Dio a dei “perversi pensieri”, continua l’Apostolo, questi uomini e queste donne (ignorando la legge di natura posta da Dio nella nostra coscienza – Rm 2, 12-16) commettono azioni che “vanno contro ogni legge” e vivono immersi in ogni sorta di iniquità (ivi, 28-31). “E pur conoscendo il giudizio di Dio, che condanna alla morte [alla dannazione eterna] chi commette tali cose, non solo essi le fanno, ma approvan persino chi le fa”(ivi, 32). Sodomiti e lesbiche non potranno allora salvarsi? Sono forse da ritenersi come tali maledetti da Dio? Nient’affatto. Potranno certamente salvarsi, come tutti gli altri peccatori, grazie alla divina Misericordia ottenutaci dalla Croce di Cristo, se si pentiranno e cambieranno vita, convertendosi a Cristo. Ciò risulta espressamente anche dalle stesse Lettere di S. Paolo. Nella prima Ai Corinti, rimproverando i neo convertiti perché vi erano liti e processi fra di loro, scrive: “Perché non sopportate piuttosto qualche torto? Perché non preferite soffrire qualche danno? Non solo [non siete umili e non portate pazienza], ma invece siete voi a far dei torti, siete voi a portar danno, e ciò a dei fratelli! Non sapete voi che gl’ingiusti non possederanno il regno di Dio? Attenti a non illudervi: né fornicatori, né idolatri, né adulteri, né effeminati [molles], né sodomiti [masculorum concubitores]; né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci saranno eredi del Regno di Dio [e quindi andranno all’Inferno per sempre, se moriranno nei loro peccati]. E tali eravate alcuni di voi, ma siete stati lavati [dal Battesimo], ma siete stati santificati, ma siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e mediante lo Spirito del nostro Dio” (1 Cr 6, 7-11).

S. Paolo, chi era costui? La pastorale odierna non lo cita spesso. E chi fra gli Antichi ha scritto queste parole: “[…] e sia che di questo argomento si pensi per gioco o seriamente, bisogna riconoscere che tale piacere [dell’eros] sembra esser stato attribuito dalla natura al genere femminile e a quello dei maschi in quanto fra loro si uniscono per la generazione, ma l’unione dei maschi coi maschi o delle femmine con le femmine è contro natura, atto temerario creato fin da principio da disordinato piacere”? Forse è stato un Padre della Chiesa? No: si tratta di un pagano, del grande Platone, filosofo greco morto nel 327 avanti Cristo, nell’ultima sua opera, rimasta incompiuta: Le Leggi (I 636 c, tr. it. di A. Zadro, in Platone, Opere, II, p. 624, Laterza, Bari, 1966).

Torniamo a bomba. Nessuno dubita delle buone intenzioni del nostro bravo CT. Ma bisogna dire che esse sono, nel caso di specie, male indirizzate. È del tutto improvvido mescolare le pretese della politica (e non della migliore) all’istanza “etica” che dovrebbe rinnovare moralmente il nostro sport nazionale. I temi del “politicamente corretto” dividono in modo anche aspro gli italiani. Perché inquinare con essi il grande affetto che essi sentono per la Nazionale? Sembrano anche portare sfortuna. Non dovevamo giocare un’amichevole con il Lussemburgo, necessaria per la nostra preparazione agli Europei? E Prandelli non aveva permesso che si dedicasse questa partita alla denuncia della violenza (non negli stadi ma) “contro le donne”? Si è letto che cinquemila donne, tutte inquadrate, con qualche striscione e tutte indossanti una maglietta gialla, dovevano presenziare gratis alla partita, nello stadio di Parma, per esprimere la loro protesta contro la violenza verso le donne. Ma il giorno prima è sopravvenuto il grave terremoto che ha prostrato l’Emilia e la partita è stata annullata.

Acconsentire ad un’iniziativa del genere, tipica della retorica femminista imperante, significa mettere la Nazionale al servizio di un’ideologia. E per di più, di un’ideologia come il femminismo, forma di pseudocultura che, partendo dalla negazione della realtà più elementare ossia della differenza naturale tra i due sessi, che non sarebbe biologica ma costruita dalla società [sic], esalta ogni forma di libertà sessuale e quindi il “diritto” ad abortire, mirando apertamente alla distruzione del matrimonio, della famiglia, di ogni rapporto sano e normale tra i due sessi, e in sostanza alla distruzione della società tutta, in quanto vita di relazione costruita secondo logica, senso comune e autentici principi morali. Il femminismo contribuisce ampiamente all’infame pansessualismo dominante, causa principale degli episodi di violenza sulle donne.

Ma il “politicamente corretto” c’entra forse con la sconfitta finale subita dalla Spagna? A prima vista, no. Gli spagnoli erano più forti e più riposati, molto probabilmente avrebbero vinto lo stesso, anche se Prandelli non gli avesse mandato in campo la Croce Rossa al posto della Nazionale italiana. Contro un’Italia rinvigorita da elementi più freschi, difficilmente sarebbe finita 4 a 0, la peggiore sconfitta di tutta la storia del calcio italiano nelle competizioni internazionali ufficiali. In un esito così disastroso deve aver pesato anche il mancato aiuto della Provvidenza in un impegno di cotanto peso, aiuto che Prandelli aveva pur richiesto. Lo dimostrano la benedizione della squadra e i suoi pellegrinaggi ai santuari mariani polacchi.

Prandelli, prima di muovere verso la Polonia aveva fatto benedire la squadra da un sacerdote suo amico. Prassi caduta in desuetudine, in questi tempi di miscredenza, ma senz’altro utile e necessaria prima di un impegno sportivo coinvolgente anche la Bandiera e la Patria, vissuto da tutta la nazione. Un credente non chiede sempre l’aiuto di Dio in tutto ciò che fa, purché si tratti di azioni che non violino i Dieci comandamenti? E senza quell’aiuto, come può riuscire? Il nostro CT ha fatto dunque bene a far benedire la squadra.

Dopo la faticosa vittoria sull’arcigna Irlanda del Trap – ci informano sempre i giornali – Prandelli andò segretamente in pellegrinaggio ad un Santuario polacco della Santissima Vergine: 21 km. a piedi, all’alba, con parte dello staff azzurro, e ritorno in macchina. Si suppone che abbia reso grazie per il passaggio del turno, angosciosamente in bilico sino all’ultimo secondo di gioco, e chiesto l’aiuto della Provvidenza per la partita successiva. Dopo l’ancor più sofferta vittoria sui coriacei inglesi, lui e parte dello staff si recarono con le stesse modalità a render grazie ad un altro santuario mariano (11 km. a piedi). Si suppone sempre che il nostro Commissario Tecnico abbia reso grazie e chiesto l’aiuto divino per battere la forte Germania. Cosa puntualmente verificatasi. Se ho letto bene i giornali, non risulta che il Nostro abbia ripetuto il pellegrinaggio dopo quella vittoria. Penso che non ne abbia avuto il tempo. Lo sciagurato calendario degli Europei, dettato dalle esigenze degli sponsors, che vogliono avere il massimo di partecipazione televisiva (audience) ad ogni partita, lasciava all’Italia appena due giorni di riposo prima della finale. Il primo di essi fu speso a trasferirsi in aereo da Varsavia a Kiev. Il riposo nostro effettivo si ridusse così ad un giorno solo mentre gli spagnoli, che avevano battuto il Portogallo ai supplementari, giocando in Ucraina, a Donetz, il giorno prima della nostra semifinale, erano riusciti a lucrare in pratica tre giorni di riposo. Un vantaggio notevole, alla fine di un lungo torneo. Ma nell’unico giorno di riposo, Prandelli l’ ha fatto il pellegrinaggio? Non lo sappiamo o meglio non sono riuscito a trovare questa notizia nei giornali. L’Ucraina è ortodossa (grecoscismatica), i cattolici sono pochi ed emarginati, non credo la cosa fosse facile come in Polonia.

Ci sia stato o non il ringraziamento con un atto del culto esteriore per la bella vittoria sulla Germania e la richiesta di aiuto alla Provvidenza, tramite la mediazione della Santissima Vergine, per l’incombente finale, da come sono poi andate le cose, si vede che la Provvidenza ha deciso di aiutare la Spagna e al cento per cento, abbandonandoci completamente al nostro destino. Vale a dire, agli inattesi errori commessi da Prandelli, che ha mandato in campo la stessa squadra di tre giorni prima, cotta dalla stanchezza e con elementi che in campo si sono addirittura “rotti”, come si dice in gergo, facendoci restare alla fine in dieci e provocando in tal modo l’inferiorità numerica che ha permesso agli spagnoli di infierire. L’ha ammesso egli stesso, successivamente, di non aver avuto il coraggio di cambiare “mezza squadra”, come avrebbe pur dovuto fare. I rincalzi c’erano, freschi e di ottima qualità. Ma non se l’è sentita di lasciar fuori giocatori che ci avevano pur validamente condotto sin lì, per non ferirli con l’esclusione da una gara così importante. Modo di ragionare, questo, che non si può condividere e dal quale speriamo il nostro CT in futuro si emendi. Inoltre Prandelli, con la squadra in condizioni così precarie, non avrebbe dovuto adottare un atteggiamento iniziale più prudente, senza preoccuparsi delle eventuali, risibili accuse di “catenaccio”?

Ma il “politicamente corretto” in tutto questo cosa c’entra? Ci può entrare indirettamente, in questo senso: a Nostro Signore non sono sicuramente piaciute le inaspettate esternazioni omofile del nostro CT, ragion per cui la protezione divina concessa alla squadra è durata sino alla finale esclusa. L’aiuto divino richiesto giustamente da Prandelli con la benedizione iniziale e i pellegrinaggi ci ha consentito di arrivare sino alla finale, e non è stato poco. Ma lì è cessato. E dopo è sopravvenuto un vero e proprio castigo. Si dirà: ma la Spagna non è quella nazione nella quale l’ateo esaltato Zapatero ha introdotto il “matrimonio” per i gays, l’aborto il più facile da ottenersi in tutta Europa, nonché altre e svariate misure legislative assurde oltre che anticristiane, tra le quali l’eliminazione delle parole “padre” e “madre” dai certificati di nascita? Lo è sì, ma è anche in maggioranza cattolica, come l’Italia. E i cattolici spagnoli hanno tentato invano di contrastare le leggi contronatura e immorali del suddetto Zapatero. Bisogna poi dire che questa vittoria, sul piano morale, serviva forse di più alla Spagna, che soffre problemi economici e d’unità nazionale anche peggiori dei nostri. Oggi all’unità nazionale giovano anche le vittorie sportive.

Quali che siano i motivi profondi per i quali la Provvidenza inclina per una parte piuttosto che per un’altra, la punizione è stata per noi durissima. Perdere, lo si accetta, da sportivi. Tanto di cappello alla Spagna, grandissima squadra. Ma a perdere in quel modo grazie agli errori del tecnico, non ci stiamo. Ai più anziani viene in mente la finale del mondiale del 1970, persa con il grande Brasile di Pelè. Anche allora c’era stata un’epica partita con la Germania, finita 4 a 3 per noi dopo i supplementari. La squadra era stanca. Già nel primo tempo il Brasile ci dominò, però riuscimmo a finire sull’ 1 a 1, pareggiando il famoso colpo di testa di Pelè con un gol di rapina dei nostri contropiedisti. Nella ripresa il crollo. Ma l’errore dove fu? Nel non immettere elementi più freschi e soprattutto nel non far giocare Rivera, se non negli ultimi sei minuti, preferendogli Mazzola, che era una punta, quando Rivera era l’unico in grado di far partire in contropiede i nostri due attaccanti con i suoi lunghi e precisi lanci. Nemmeno all’inizio del secondo tempo il CT Valcareggi lo fece entrare, al posto del deludente Mazzola. Il dualismo tra i due durava da anni, alimentato soprattutto da parte della stampa sportiva. Non avremmo vinto nemmeno con Rivera in campo sin dall’inizio, il Brasile era troppo forte. Ma non sarebbe sicuramente finita con l’umiliante 4 a 1 passato alla storia. Che ancora brucia, nonostante sia stato parzialmente riscattato dalla vittoria per 3 a 2 sul Brasile nei quarti del mondiale dell’82 in Ispagna, che avremmo poi vinto.

Ci auguriamo tutti che Cesare Prandelli, tecnico di grande valore, sappia trarre le dovute conseguenze dagli errori commessi, a cominciare da quello di impicciare la Nazionale con il “politicamente corretto”.

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