FALCONE E BORSELLINO UCCISI DAI COMUNISTI? RECENSIONE AL LIBRO-INTERVISTA DELL’EX SEGRETARIO DEL PLI RENATO ALTISSIMO – di Gianandrea de Antonellis

Renato Altissimo, Gaetano Pedullà, L’inganno di Tangentopoli. Dialogo sull’Italia a vent’anni da Mani pulite, Marsilio, Venezia 2012, p. 174, € 15

 

di Gianandrea de Antonellis

 

 

laltÈ inutile negarlo: quando, vent’anni fa, soffiò il vento di Mani Pulite, la maggior parte degli Italiani era dalla parte dei giudici; assistere allo sgretolamento della “Balena bianca”, vedere i caporioni della DC messi in difficoltà dalle domande di un pubblico ministero in un’aula di tribunale era una grande soddisfazione per quanti avevano creduto inamovibile il sistema partitocratico. La sera si tornava a casa e si accendeva la televisione per apprendere dal telegiornale chi era stato inquisito o arrestato. Io, non ho problemi a confessarlo, ero tra quelli. Anche se mi chiedevo il motivo per cui, mentre il Pentapartito affondava inesorabilmente, rimanessero immacolati il Msi ed il Pci. Un dubbio mi era sorto, ma non ne avevo le prove: il partito di Almirante aveva ancora le mani pulite perché, fuori dal governo centrale e dalle amministrazioni locali, non aveva avuto modo di sporcarsele (il caso di Franco Fiorito “Batman”, l’ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio recentemente arrestato, presente da militante missino al lancio delle monetine contro Craxi, ne è l’evidente quanto tardiva conferma). Ed il Pci, invece? Anch’esso era troppo lontano dal potere per farsi corrompere? Oppure era un partito rigido «come una Chiesa», che controllava i suoi aderenti e mai avrebbe permesso che la propria immagine venisse infangata da una tangente o una bustarella? Negli anni ’50 poteva essere vero, quando al dirigente comunista che aveva l’amante venivano tirate le orecchie (a meno che non si chiamasse Togliatti, ovviamente!, a cui la ventennale liaison extramatrimoniale con la Iotti era concessa, non è chiaro se a titolo di premio o di penitenza); ma nei decenni successivi, soprattutto con la creazione delle Regioni, il Pci non si era limitato ad infiltrare il mondo della cultura, del giornalismo, dell’università e della magistratura, ma aveva amministrato direttamente una consistente fetta del Paese.

Infiltrazione nella magistratura, appunto: c’era stato, e forte, il sospetto che i giudici non guardassero al Pci forse perché provenivano proprio da quel partito e quindi lo avevano alle spalle e non di fronte. In seguito la candidatura “blindata” di Di Pietro nell’ex Pci, certe inchieste “ad orologeria”, l’attacco continuo contro Berlusconi, confermavano tale sospetto.

A due decenni da Tangentopoli l’ex segretario del Partito Liberale Italiano, Renato Altissimo, racconta la sua verità, molto più agghiacciante di quanto ipotizzabile: il j’accuse che lancia non riguarda soltanto i fondi neri che il Pci incassava o le tangenti che gli imprenditori italiani dovevano pagare per poter commerciare con i Paesi dell’Europa orientale, allora sotto il tallone sovietico, bensì addirittura le stragi di Capaci e via D’Amelio. È solo fantapolitica? Vediamo.

Che ci fosse una collusione tra Stato e Mafia sta venendo alla luce – nonostante tutti i tentativi di insabbiamento – a proposito degli attentati del 1993; ma che addirittura i due magistrati simbolo della lotta alla mafia fossero stati eliminati non dalle cosche, bensì dagli ex comunisti sembra davvero grossa… Eppure Altissimo è molto sicuro del fatto proprio: i due magistrati avevano simpatie di Destra (Borsellino era stato addirittura dirigente del Fuan di Palermo), erano invisi alla Sinistra e Falcone aveva di recente incontrato Valentin Stepankov, procuratore generale di Mosca, alla caccia dei fondi segreti mandati dal Kgb ai partiti satelliti, svariati miliardi che in clima di perestrojka e di crisi i Russi avrebbero voluto comprensibilmente recuperare. «Per il giudice Stepankov il collega italiano era l’unico in grado di aiutarlo nelle sue indagini sul coinvolgimento della criminalità internazionale, cioè della mafia (o delle mafie) nel riciclaggio del tesoro sovietico. […] Da quelle indagini […] vennero fuori le prove di versamenti del Pcus al Pci, con tre ricevute di pagamento firmate da uno dei leader del partito: Armando Cossutta» (p. 130-131).

Non amato (eufemismo) dai propri colleghi magistrati, lasciato solo e tradito da qualche talpa, Falcone (ma il discorso vale anche per Borsellino) furono uccisi indubbiamente da mano mafiosa, ma forse con qualche agevolazione di tipo politico. La famosa “agenda rossa” di Borsellino fatta immediatamente sparire, sostiene l’autore, poteva spaventare più i politici che non i capimafia. Quali politici? Quelli del Pci-Pds, che anche in Parlamento attuarono una inusuale battaglia garantista per impedire che venissero varate norme atte a trattenere in carcere i detenuti mafiosi per cui erano scaduti i termini per la carcerazione preventiva.

Purtroppo solo Altissimo e pochi altri parlano di questa storia: il giornalista Valerio Riva ha scritto un documentatissimo libro, Oro da Mosca (Mondadori); vi ha accennato in qualche occasione Cirino Pomicino; ci è ritornato Paolo Guzzanti, presidente della commissione parlamentare sul caso Mitrokhin, ne Il mio agente Sasha (Aliberti), in cui accusa addirittura Romano Prodi di essere al soldo del Kgb (mentre Altissimo si limita a far notare la “strana” svendita dei beni dell’Iri al peggior offerente… Il motivo di tale silenzio è sottolineato dallo stesso ex segretario del Pli: «L’antimafia in questo Paese continua a essere usata per colpire gli avversari politici e non per capire fino in fondo» (p. 130). E non è un caso che tra i chiamati in causa dalla magistratura per le stragi del 1993 ci sia stato addirittura Berlusconi…

Invece, sugli affari delle Coop, sulla gestione delle Regioni “rosse” (dalla Toscana alla Campania di Bassolino) permane il silenzio più assoluto da parte della magistratura e della stampa: si pensi solo al best-seller Gomorra, che in oltre quattrocento pagine sugli intrecci tra camorra e politica campana riesce a non fare neppure una sola volta il nome – soltanto il nome! – di Bassolino e della Iervolino!

Il libro di Altissimo lancia un sasso nello stagno: il suo invito a scavare nel torbido ed a rileggere il ventennio passato sarà raccolto da qualcuno?

 

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