di Il Recensore
Perché, è una novità? Come molti altri cattolici, evito con cura i cinema e i film di ogni tipo da tanti anni proprio, perché so bene che cosa sia diventato il cinema, forma d’arte senza dubbio minore che tuttavia, in un lontano passato, ha saputo produrre dei capolavori o comunque dei bei film, più che dignitosi.
E allora cosa c’è da segnalare di nuovo, in relazione al Festival di Cannes chiusosi a fine maggio di quest’anno? Questo: che il film vincitore sia piaciuto (a quanto si legge sulla stampa) anche ad una firma del blog della Radio Vaticana. E dov’è lo scandalo? In questo piccolo particolare: il film, di un regista francotunisino (Monsieur Abdellatif Kechiche), che si intitola “La vie d’Adèle”, narra nei dettagli la passione di due giovani lesbiche, con scene di “sesso intenso ma mai volgare”, garantisce il CdS del 24.5.2013, citando a sostegno nel sottotitolo proprio l’opinione della Radio del Papa: “Radio Vaticana: esplosione di sentimenti, il meglio finora”. Il critico del CdS, preso dall’entusiasmo, esalta il significato per così dire pedagogico del film, che racconta “la scoperta della propria sessualità da parte della giovane studentessa”, che diventa l’amante di una pittrice di poco più anziana. Siamo nel politicamente corretto più smaccato. Viene infatti da anni diffusa sui media l’idea che non esista una sessualità naturale (l’attrazione erotica tra il maschio e la femmina al fine della procreazione) ma che ognuno/a possa liberamente scegliere di essere come vuole, se “omo” o “etero”. E si pretende che la supposta libertà assoluta di scelta in questo campo abbia un fondamento genetico e quindi “scientifico”. Cosa del tutto falsa poiché nessuno scienziato ha mai potuto dimostrare l’esistenza del “gene” dell’omosessualità. Teoria del tutto bislacca anche perché attribuisce alla natura carattere contraddittorio, come se la natura avesse contemporaneamente programmato e la propria conservazione mediante l’attrazione tra i due sessi e il proprio annientamento mediante un’attrazione intrinsecamente sterile tra i membri di uno stesso sesso. Non nego che si possa fare un film serio e anche socialmente utile sull’omosessualità, senza scene di sesso e presentandola come il terribile dramma che indubbiamente dev’essere, per chi se ne trovi invischiato. Ma qui, com’è evidente, ci troviamo di fronte ad un’esaltazione del triste fenomeno.
“Per mostrare la forza dirompente di quel primo rapporto lesbico, [il regista] non esita a dilatarne le riprese per una decina di minuti, senza preoccuparsi che il realismo possa sconfinare nel voyeurismo. Ecco i rischi del “compiacimento” [estetico del regista]: che alcune scene possano sembrare eccessivamente insistite…”(CdS, cit.). Possiamo ben credere che queste scene “insistite” e sicuramente pesanti siano state ben confezionate dal punto di vista formale, con la dovuta aura di decadente raffinatezza. Ma il fatto che il prodotto sia venduto ben avvolto nella stagnola dorata non ne altera l’intrinseca, maleodorante sostanza: si tratta pur sempre di scene per vecchi bavosi o adolescenti dalla pubertà difficile. Sempre secondo il recensore del femminista ed omofilo CdS, il regista Kechiche “ha oltrepassato una porta chiusa. E ha perfino aperto quella della Chiesa: il sito di Radio Vaticana, la “voce” del Papa, ha pubblicato una recensione che giudica il film come “un’esplorazione, sincera e sentita, della passione femminile, della formazione di un’identità, di un’educazione sentimentale…ricco di scene indimenticabili di esplosione dei sentimenti, La vie d’Adèle è al momento ciò che di meglio ci ha proposto il concorso” (CdS, ivi).
Sono parole che lasciano basiti, anche per via della fonte dalla quale provengono. Sembra persino impossibile che siano apparse sullo schermo del computer. Ma di certo il critico del CdS non se le è inventate. Il lavoro di pulizia interna che attende l’attuale Pontefice – del quale egli sembra perfettamente consapevole, secondo autorevoli testimonianze private – è certamente imponente e di non facile attuazione. Per il momento, comunque, non se ne vede traccia.
A Cannes è stato presentato anche un altro film a soggetto omo: la storia della vita del famoso pianista americano Liberace, morto di AIDS nel 1987, interpretata dal celebre attore statunitense Michael Douglas. Anche questo film è stato accolto con grande entusiasmo da pubblico e critica. Anche qui sembra ci siano scene dal vivo, per così dire, anche se forse non così “insistite” come quelle de La vie d’Adèle, per ovvi motivi. “Ero stato spesso nudo sullo schermo e lo sono stato di nuovo, con pudore e coraggio, come uomo non più giovane e innamorato di un ragazzo. I baci con Matt fanno parte di tutta la storia…”, ha dichiarato l’attore (CdS del 22.5.2013). Non è vero, leggendo queste cose, che viene subito voglia di andare di nuovo al cinema? Il suddetto Douglas, sposato con una bellissima attrice gallese, è stato affettuosamente complimentato a Cannes per la sua difficile e al momento vittoriosa lotta contro un cancro alla gola che lo affligge da alcuni anni. Buon attore e con fama di una sincerità disarmante e a volte cruda, a chi gli chiedeva se era stato il fumo a provocargli il cancro, ha risposto: No. Senza entrare in troppi particolari, devo dire che è stato lo HPV , lo Human Papillomavirus, che è provocato dalla pratica del sesso orale (quello che gli eleganti chiamano cunnilingus). Questa dichiarazione è stata riportata con un certo rilievo dalla stampa anglosassone della prima settimana di giugno, scioccata nel suo sempre ostentato perbenismo, che si è subito lanciata in statistiche: sembra che la diffusione del virus da tale “pratica” sia da qualche tempo in forte aumento, per esempio in Inghilterra. Un altro segnale della Provvidenza, che ci punisce con le malattie per farci cambiar finalmente rotta e farci ritornare a Cristo, opportunamente pentiti, prima che sia troppo tardi? Ma chi sa più scorgere, oggi, anche tra il clero, i “segni dei tempi” secondo le indicazioni della Provvidenza, come appaiono con assoluta certezza nel Nuovo Testamento?
Il senso generale di depravazione ed abiezione che pervade la maggior parte della produzione presentata a Cannes viene rafforzato da ulteriori particolari riferiti dal CdS. Sempre nel citato numero del 22 maggio un articolo sui numerosi “dettagli pulp”, cioè “orripilanti”, da cinema di terz’ordine, presenti in diversi film, presentatisi per vincere. Qui, “il cinema della crudeltà la fa da padrone e i registi sembrano fare a gara a chi tira cazzotti più violenti negli occhi degli spettatori. Efferatezze sconvolgenti ideate da menti sadiche, bastardi ingloriosi, iene con fattezze umane”. Lo stesso giornale ci informa, inoltre, che, qui a Cannes, “sul set la squillo è di moda”. Segue una lista nutrita di film nei quali l’eroina è una prostituta, si tratti della “forzata del sesso” o di “chi quel mestiere lo fa per scelta”. Per concludere con un’inevitabile tranche de vie: “Infine, a riprova che il cinema è sempre specchio della realtà, alle prostitute dello schermo si aggiungono quelle che affollano gli hotel, le ville e gli yacht di Cannes. The Hollywood Reporter parla di almeno 200 escort di lusso calate in questi giorni per soddisfare i ricconi, che se le contendono […] Un aumento di richieste che ha fatto triplicare le tariffe delle lucciole indigene” (CdS, 26.5.2013). Un bell’ambiente, no? Quando si dice che la realtà supera l’immaginazione…
Il giorno della premiazione, il regista francotunisino ha dichiarato: “Dedico questo premio alla bella gioventù di Francia che ho incontrato durante la lunga lavorazione del film e che mi ha insegnato cos’è lo spirito della libertà e del vivere insieme. Lo dedico anche a un’altra bella gioventù, quella della rivoluzione tunisina, che si è battuta per poter vivere, esprimersi e amare liberamente”. Commento del critico del CdS: “In questo senso La vie d’Adèle è un manifesto. Amoroso, erotico, politico. Tanto più significativo perché decorato con la Palma nello stesso giorno in cui a Parigi si manifestava contro i matrimoni gay da poco legalizzati”(CdS del 27.5.2013). Una pietra miliare della rivoluzione sessuale, dunque, questo film; quella stessa rivoluzione che l’oligarchia oggi dominante nell’Europa “unita” sta imponendo con un susseguirsi di leggi anticristiane, che mirano ad alterare il diritto naturale e divino, incurante dei guasti che esse provocano, a cominciare dalla denatalità che affligge in maniera grave i popoli europei, minacciandoli di estinzione o quasi entro pochi decenni. La rivoluzione politica come rivoluzione sessuale: è dal 1968 che l’Occidente ha cominciato a sprofondare in quest’abisso. Mi viene in mente una frase della pièce teatrale intitolata “Marat-Sade” dello scrittore tedesco di sinistra Peter Weiss, popolare appunto negli anni attorno al ’68, frase che potrebbe essere assunta a simbolo di tutto il movimento. Egli fa dire da Sade a Marat: “A che scopo, Marat, la Rivoluzione senza l’universale Fornicazione?”.
Non è certo promuovendo “il matrimonio per tutti” o “l’amare liberamente” esaltato dal regista tunisino che riusciremo ad opporci alla sempre più accentuata pressione del mondo mussulmano, che sta tentando di schiacciarci con il numero, ben conscio della nostra attuale, mostruosa decadenza.