“Figli di ieri”, un romanzo sulla Milano degli Anni ’70

È davvero raro trovare un romanzo che coniughi grande leggibilità con profondità di prospettiva, un romanzo che appassioni per la trama e allo stesso tempo induca a riflessioni, quasi un confronto fra il lettore e la storia che sta leggendo. Un esempio di questa opera mirabile è il romanzo Figli di ieri (Ares, pagine 312, euro 20), di cui è autrice Elisabetta Sala, milanese, studiosa di due mondi apparentemente lontani come la Letteratura russa e la storia britannica, cui ha dedicato saggi pregevoli.

In questa sua ultima fatica, Elisabetta Sala invece sceglie l’ambientazione degli Anni ’70, a Milano, e più sullo sfondo la realtà della montagna, precisamente la Val Camonica, dalla quale provengono alcuni dei protagonisti.

Il lavoro è un romanzo di formazione, che segue un gruppo di ragazzi, chi provenienti da famiglie modeste di quartieri popolari di Milano, chi proveniente dalla buona borghesia meneghina, in una società che sta attraversando radicali cambiamenti.

Se qualcuno – come chi scrive – ha vissuto da adolescente lo stesso periodo, ritroverà nel romanzo il clima umano politico e culturale di quegli anni, che qualcuno definì “formidabili”, e che culminarono dopo la lunga stagione del piombo e del sangue nel “riflusso” degli Anni ’80, con l’affermarsi della Milano da bere e dell’edonismo sfrenato.

Tutto questo però non significa rimpiangere gli anni degli eskimo. La Sala fa rivivere in modo vivido quel clima, quelle illusioni, quelle speranze, ma anche quella rabbia distruttiva che caratterizzò quella generazione. Allo stesso tempo, non è solo la realtà urbana che cambiò, ma anche quella rurale, il piccolo mondo antico della montagna, dove arriva la droga, e dove l’antico, solido tessuto sociale che aveva attraversato i secoli viene intaccato dalla secolarizzazione, dall’arrivo della modernità e del benessere.

Elisabetta Sala, che di professione è insegnante, conosce molto bene l’animo dei ragazzi, di quelli di oggi, ma anche quelli di ieri. Le figure del romanzo sono dipinte in modo credibile e acuto: Tino, il bambino trasferito a Milano dalla natia Val Camonica, e che osa seguire il suo amore per la cultura cimentandosi col Liceo Classico, il prestigioso Beccaria; Tore, il figlio di un carabiniere napoletano; Lorenzo, un ragazzo benestante, solitario e sensibile, che non si fa incantare dalle sirene della rivoluzione, che non partecipa alle riunioni dei collettivi, e che anzi – quasi per curiosità – un giorno si schiera con i reietti, i maledetti, i neofascisti, e in seguito subirà un agguato violento che lo manderà in ospedale.

Tra le figure femminili spicca quella di Sara, che sembra non voler adeguarsi al pensiero dominante, orgogliosamente solitaria e autenticamente anticonformista nel rifiutare le parole d’ordine della cultura dominante e ostinandosi a vestire fuori moda, con le calze bianche fino al ginocchio, e a studiare con ottimi risultati, fino a quando non crolla psicologicamente, delusa e ferita dai genitori, dal mondo degli adulti.

Dietro le vicende di questi adolescenti, fanno capolino proprio loro, gli adulti, e la modalità con cui vivono le trasformazioni avvenute dopo il fatidico 1968, sia sul piano culturale che del costume. Dalla mamma di Tino, una brava e semplice donna camuna che va ancora in chiesa mettendosi il velo, e per questo viene disprezzata dai fedeli “adulti e aggiornati”, alle prime coppie che scoppiano, e con i relativi drammi delle separazioni, fino ai nuovi professori progressisti che man mano soppiantano la vecchia guardia del Beccaria e introducono le idee marxiste, guevariste e freudiane. Non manca la figura tristemente ridicola di un pretino progressista che annuncia ai ragazzi – nella loro indifferenza- il verbo della neo Chiesa conciliare.

Il romanzo – un po’ a sorpresa – nel finale ha una evoluzione drammatica, quasi diventasse un noir a tinte fosche, e la lettura si fa ancora più intrigante.

Come dicevamo, un libro che per chi ha i capelli grigi ricorderà parole, situazioni, idee di un periodo storico tra i più interessanti e importanti del Novecento, e per chi è giovane e non ha conosciuto quei tempi, una straordinaria testimonianza culturale e esistenziale.   

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