“Gerarchie e Cori angelici”, di Don Marcello Stanzione. Recensione di Alfonso Maraffa

di Alfonso Maraffa

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È fresco di stampa l’ultimo libro di don Marcello Stanzione, “Gerarchie e Cori  Angelici”, edito da Sugarco. La moltitudine di spiriti angelici che popola il regno celeste si suddivide in gruppi aventi una diversa dignità e un diverso ruolo, che danno vita a una vera e propria struttura gerarchica.

Le milizie angeliche  sono organizzate secondo ranghi e  capacità. Abbiamo a che fare con una vera “divisione del lavoro”, secondo la quale alcuni angeli hanno il controllo dell’individuo, altri il controllo di popoli, di grandi comunità o di epoche intere ecc.

Gli angeli sono organizzati secondo il principio della stretta subordinazione, in base alla loro posizione più o meno vicina a Dio. La gerarchia dei nove gradini di Dionigi l’Areopagita (fine del V secolo) comincia con le milizie superiori, quelle di Serafini, Cherubini e Troni, prosegue con le milizie intermedie delle Dominazioni, Virtù e  Potestà e finisce con la milizia più vicina all’uomo, quella dei Principati, Arcangeli e Angeli (gli angeli propriamente detti).

La struttura gerarchica delle milizie angeliche implica quella dell’intervallo che esse colmano. C’è in altre parole una ontologia dell’intervallo, dotata di una “gradazione” che l’immagine biblica della scala della visione di Giacobbe ispira perfettamente. Tra Dio e l’uomo esistono dei gradini, dei cieli, densità ontologiche differenti, così come esistono, tra l’uomo e la materia inorganica, dei regni intermedi.  Ora, gli angeli non fanno altro che dividere lo spazio che ci separa dall’assoluto, ridurre questo allontanamento a una serie di segmenti plausibili. Sono i filtri della conoscenza mistica. Conducono a poco a poco, all’intuizione del “lontano divino”; sono la via verso il trono supremo, il metodo di ogni teognosi. L’angelologia, come disciplina dei gradini esistenti tra l’intelligenza dell’uomo creato e la verità del suo Creatore, è una metodologia, forse anche la forma archetipica della metodologia. Stabilisce le tappe di un percorso e raccomanda la guida di esseri intermedi, che controllano i livelli tra le tappe.

E’ interessante quello che scrive sulla Gerarchia un intellettuale laico francese come Debray.  Régis Debray, filosofo e mediologo, è una figura di primo piano nel panorama politico e culturale francese. Ex consigliere di Mitterand, la sua fama è legata, oltre che alla produzione intellettuale, al suo impegno politico al fianco  di Ernesto Che Guevara e Fidel Castro, che l’ha portato a trascorrere alcuni anni di prigione in Bolivia (dal 1967 al 1970). Nel suo libro “Dio, un itinerario. Per una storia dell’Eterno in Occidente”, stampato in Italia nel 2002 dall’editore Raffaello Cortina,  Debray parla spesso degli angeli; a tale riguardo nel capitolo VII intitolato Il corpo mediatore egli dedica un paragrafo, “ Per chi suona l’angelus?”, alla gerarchia angelica e scrive alla pagina 211: “Non bisogna credere che non vi sia gerarchia se non nelle funzioni consacrate. L’impiegato della posta o del ministero che manda avanti le proprie osservazioni per “via angelica” si comporta tuttora come un chierico della chiesa, come un suo autentico angelo custode. La società dei funzionari ha infatti la medesima struttura piramidale di quella degli angeli (il collettivo meno democratico e più militarizzato che vi sia)”.

Il termine odioso di gerarchia  non è stato creato da un despota ipocrita, ma da un santissimo Dottore, di origine neoplatonica, Dionigi l’Areopagita, per definire l’ordine e la subordinazione dei differenti cori di angeli, ripartiti su tre livello. Il più basso: i principati, arcangeli e angeli.. quello intermedio: le virtù, dominazioni e potenza. Il più alto: i serafini, cherubini e troni. In cielo come nell’esercito. La lotta contro i demoni non permette esitazioni. Le milizie celesti non sono meno disciplinate e compatte di quelle di un corpo d’assalto, in cui ciascuno è al posto che gli spetta. Questa gerarchia funzionale ha proiettato verso il cielo, e in una dimensione più ampia, i diversi gradi della condizione ecclesiastica – ordini minori (portinai, lettori, esorcisti, accoliti, sottodiaconi) e ordini maggiori (diaconi, preti , vescovi) -, condizione rispetto alla quale essa opera da garante. Oggi facciamo fatica a prendere atto della spiacevole verità degli angeli, dato che i loro tratti graziosi occultano quelli marziali. Osserviamo come nella Chiesa siano stati i fondatori di un ordine o i generali, come Gregorio Magno e Loyola, o ancora, san Bernardo, quelli che hanno preso gli angeli sul serio. I falchi, non le colombe. Gli uomini d’azione, non di scrittura. La rimozione delle verità fondamentali del cristianesimo da parte dei cristiani up to date si esprime attualmente con la solita frase: “C’è qualcosa di angelico nel pretendere che una comunità di fedeli possa essere sprovvista di una gerarchia”. Bisognerebbe dire esattamente il contrario, e un lettore dello Pseudo – Dionigi, il fondatore dell’angelologia e il primo antropologo del fenomeno burocratico, avrebbe lui stesso apportato questa correzione: “Vi sarebbe qualcosa di demoniaco nel pretendete che una comunità stabile possa essere sprovvista di gerarchia”.

Il presente  studio di don Marcello Stanzione sui nove cori angelici è uno dei rarissimi testi cattolici odierni su questo argomento angelologico che colma una grossa lacuna nella speculazione teologica cristiana sugli spiriti celesti.

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