Giorgio La Pira critico delle ideologie – di Piero Vassallo

Un saggio controcorrente di Giulio Alfano

di Piero Vassallo

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“Questo lavoro è rivolto soprattutto a quanti si interessano dei problemi riguardanti  l’organizzazione della società. …  Potrà essere gradito anche a quanti in La Pira ammirano e venerano l’uomo che, da testimone politico, trova nel Vangelo le regole per dare una direzione sicura alla civiltà umana e si pone interamente a servizio dei fratelli, nelle sue vesti di docente universitario, parlamentare nonché capo nell’amministrazione comunale di Firenze. Ma soprattutto come uomo di pace, perché vede nei suoi simili dei fratelli e in essi Dio”.  (Giulio Alfano)

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z-giorgiolapiraallacostituenteNel mare tempestoso e ingordo, in cui sta affondando la vicenda degli illuminati, il pensiero di Giorgio La Pira, puntualmente e magistralmente interpretato da Giulio Alfano in un saggio (Giorgio La Pira – Un domenicano alla Costituente) edito in Chieti dall’infaticabile Marco Solfanelli, capovolge l’immagine di La Pira sottomesso all’ideologia progressista e riconosce in essa l’intatta vitalità della tradizione cristiana.

L’attività di La Pira nell’assemblea costituente fu la testimonianza da un cattolico intrepido, che, in mezzo alle furie del secondo dopoguerra, interpretò fedelmente le indeclinabili ragioni della pace nell’ordine civile .

In una assemblea agitata dalle ideologia e dai rossi furori discendenti dalla guerra civile, La Pira fu testimone dei princìpi del diritto naturale e pertanto si impegnò affinché “la struttura della Costituzione fosse conforme alla struttura reale del corpo sociale poiché questa struttura è organica e si svolge per la comunità”.

Di qui l’affermazione del primato della persona e la ricusazione “della concezione hegeliana, che vede lo Stato come un tutto e l’individuo come elemento integralmente subordinato alla collettività, in antitesi con l’altra concezione, che pur rispettando le esigenze della collettività, vede la persona come un ente dotato di una sua interiore autonomia e quindi considera la libertà e i diritti suriettivi non come concessione, ma come conseguenza di questa interiore autonomia”.

Il rigetto della suggestione illuministica è pertanto radicale: l’esigenza della libertà, infatti, è l’unica esigenza avvertita da Rousseau.

Se non che La Pira dimostra che, nell’ottica illuministica la libertà  politica fa sparire tutti gli altri enti: “Dov’è la famiglia? Dov’è la comunità religiosa? … Dove sono le organizzazioni di classi, le comunità di lavoro, che pure esistono? Insomma tutto questo mondo organico in cui si articola il corpo sociale, nella concezione rousseauiana è sparito, tanto è vero che la prima preoccupazione che voi trovate nelle dichiarazioni del 1789 e del 1791 è questo: scioglimento di tutte le corporazioni… E perché? Perché nella mente di Rousseau ed in quella dei costituenti del 1789 esistevano 20 milioni di francesi, atomisticamente considerati, i quali formavano la comunità attuale”.

L’adesione ai princìpi corporativi urge nel pensiero lapiriano e detta la denuncia incombente sul pensiero moderno: “il giorno in cui voi disarticolate tutte queste società e lasciate un’unica società, che è quella politica statuale, avete il crollo della vita associata: da qui la formazione del proletariato, la genesi della questione operaia; i problemi grandissimi di struttura economica hanno qui la loro radice”.

Di seguito la critica della Carta dell’Ottantanove si spinge fino all’accusa di limitatezza: “è una carta monca, perché quando avete affermato che l’uomo ha la libertà politica, cioè il diritto di partecipare, in piede di eguaglianza, al governo della cosa pubblica, ma non avete riconosciuti diritti che sono connaturali con le altre comunità di cui egli fa parte, avete affermato un diritto incompleto. Avete la situazione drammatica che si creò dopo il 1789 e da cui è derivata l’inquietudine di questo mondo in contrasto, che è il mondo contemporaneo”.

Sulla sincerità dell’antifascismo avventizio, professato (non senza ragioni) da Giorgio La Pira è arduo dubitare. La proposta lapiriana di fare entrare l’idea corporativa nella Costituzione repubblicana, tuttavia, può essere intitolata all’antifascismo puro soltanto a prezzo dell’oblio (acrobatico) dell’avversione fascista alle economie politiche di stampo illuministico e/o liberale.

L’eredità corporativa, separata dalla umbratile memoria della dittatura, è la chiave atta ad aprire la via d’uscita dall’Occidente liberale.

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Giorgio La Pira – Un domenicano alla Costituente – di Giulio Alfano  ed. Solfanelli (pag. 192, € 14,00)  –  per acquisti on line inviare una mail a info@riscossacristiana.it . Per le modalità di pagamento, clicca qui

4 commenti su “Giorgio La Pira critico delle ideologie – di Piero Vassallo”

  1. L’ultima frase è interessante. Merita di essere approfondita. Dovrà, caro Prof, regalarci un nuovo articolo di approfondimento. Una frase che vale settanta anni passati e il nostro futuro. Grazie della segnalazione.

  2. Il problema dell’ordine statale – in questo mondo sempre imperfetto, insidiato dal demonio – resta quello di conciliare la libertà con la sua necessaria limitazione, col sacrificio consapevole di essa, nobilmente accettato.

  3. Non posso, naturalmente, commentare un libro che non ho letto. Mi chiedo, però, si sono sbagliati tutti nei riguardi di La Pira?
    Cito Baget Bozzo dal suo “L’Anticristo”:
    “Noi occidentali abbiamo rinnegato il Dio che agiva, che ci spingeva a rendere cristiano il mondo, a portare la nostra cultura…Ricordo quando il santone di questo mondo postcattolico, Giorgio La Pira, si rallegrava perché la cattedrale di Algeri,quella del cardinale Lavigerie,era diventata una moschea: mentre io ne provavo dolore, pensando a Santa Sofia.”

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