GIULIO ALFANO RACCONTA “LA NOTTE DI ROMA” – di Piero Vassallo

di Piero Vassallo


 

Illustre studioso e interprete delle dottrine politiche, Giulio Alfano esercita, per il diletto suo e dei suoi lettori, una straordinaria abilità a tradurre la conoscenza alta del professore universitario nel coinvolgente e gradevole stile dell’aneddotica.

Il risultato di una tale felice contaminazione dei generi è una raccolta di memorie evocate per suggerire la riflessione equanime sulla seconda guerra mondiale e sulle ragioni del diritto naturale e pubblicate da Marco Solfanelli editore in Chieti.

laAlfano narra ad esempio la storia di Marion, la giovane svedese, che il 19 luglio del 1943, durante il bombardamento alleato su Roma, si espose al rischio mortale per salvare Romoletto, un bambino che ne conserverà il delicato ricordo e a nostri giorni, quasi settantenne, ogni tanto depone un fiore sulla tomba di lei al Verano.

Malinconica è la vicenda di Maria Denis, attrice famosa che, per salvare il partigiano Luchino Visconti accettò la corte di Pietro Koch, famigerato torturatore nazista. Un episodio triste, perché Visconti si dimostrò ingrato e meschino rifiutando di riconoscerne il merito di una donna coraggiosa ma emarginata in quanto simpatizzante del regime fascista.

Per smentire le accuse dei critici superciliosi, che accusano Pio XII di debolezza nei confronti del nazismo, Alfano ricostruisce la vera storia del piano “Rabat“, progettato da Hitler in vista del sequestro e della deportazione del pontefice inviso ai gerarchi tedeschi.

Hitler pensava che, arrestato e deportato in Germania, il papa “sfibrato da pressioni e forti condizionamenti e sottoposto a continue sollecitazioni, non avrebbe resistito a lungo e non sarebbe stato difficile estorcergli una firma su un documento preparato ad arte“.

Fortunatamente il piano criminale fallì, probabilmente perché l’incaricato della sua esecuzione, il comandante Karl Wolff, non essendo convinto della sua utilità e della sua attuabilità, lo boicottò.

Al proposito del silenzio di Pio XII, Alfano osserva che “le scomuniche lanciate dai pontefici contro satrapi e dittatori non hanno mai sortito effetto“. La condanna di Hitler avrebbe avuto l’effetto di un colpo di testa contro il muro dell’incrollabile fanatismo.

Interessanti sono anche le notizie che Alfano ha tratto dagli archivi che conservano le verità scomode. Ad esempio la notizia che la Città del Vaticano fu bombardata da apparecchi alleati il 5 novembre del 1943 alle ore 21. Un’aggressione stupida e feroce che sembra compiuta quasi per soddisfare il redattore dell’autorevole Times, che il 27 ottobre del 1942 aveva scritto: “Roma è la sede di un Papa, perché non bombardiamo Roma? Perché permettiamo la distruzione pseudo cattolica della libertà democratica? … Ininterrottamente ed energicamente la Chiesa Cattolica lavora per la distruzione”.

Intrigante è anche l’invito che Alfano rivolge agli storici affinché facciano finalmente luce “sul fenomeno costituito dal rifiuto dell’armistizio o più propriamente della resa da parte di estese masse di soldati italiani che, dislocati fuori frontiera all’atto del medesimo, non lo accettarono sentendo che esso avrebbe pregiudicato per sempre l’onore militare italiano ed avrebbe fatto sprofondare l’Italia nel clima dei secoli bui“.

Alfano non è un divulgatore ma un filosofo, che racconta con stile piacevole i suoi viaggi nelle memorie che gli storici di scuola non osano esplorare poiché “in questa nostra epoca l’intelligenza è spesso oscurata per una logica del tutto innaturale”.

Le storie esemplari proposte dall’autore non indirizzano alla revisione dei fatti ma alla loro interpretazione alla luce dei princìpi indeclinabili.

Nel saggio sulla Roma nazista, le memorie custodite dall’autore diventano il filo conduttore di un racconto che prepara la riflessione sul diritto naturale, misura del qualunque giudizio intorno alle azioni disoneste e/o feroci compiute degli uomini di stato.

La riduzione del pensiero moderno alla mente bicamerale delle folle in oscillazione tra il bene oggettivo e la sua legale negazione, l’intimo riconoscimento della regalità di Dio e la pubblica obbedienza alla contraria volontà del sovrano politico, costituiscono uno scenario che invoca una via d’uscita.

Alfano afferma infatti: “la lacerazione tra diritto e morale coinvolge drammatici fatti del passato e dovrebbe diventare ammonimento per il  futuro, è stato il processo di Norimberga a fare luce sul vero significato di questa lacerazione, perché dal punto di vista giuridico [l’osservatorio del sovrano temporale] non poteva essere aperto mancando il riferimento positivo al reato e per di più i vincitori non processano i vinti”.

Malgrado le sue ombre, ad esempio il rifiuto opposto alla difesa del ministro degli esteri tedesco von Ribentropp, che sollecitava la testimonianza del sovietico Molotov sull’alleanza russo-tedesca durante l’aggressione alla Polonia nel settembre del 1939, il processo di Norimberga ha rivelato l’insuperabilità degli ostacoli sovrani che la giurisprudenza laica e illuminata oppone al cammino della giustizia dettata dal vero e unico Sovrano.

Lestamente gli ambidestri custodi dell’ideologia moderna hanno gettato nel dimenticatoio lo scandalo rappresentato dal diritto naturale dominante a Norimberga. Se non che Alfano rammenta che il diritto naturale è un problema tenuto in vita e continuamente attualizzato dalle aggressioni attuate dal sovrano temporale contro le elementari leggi del vivere civile.

 

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