GRAZIE, MONS. GHERARDINI! – una lettera di Cristina Siccardi

Riceviamo da Cristina Siccardi questa lettera, che ben volentieri pubblichiamo:


 

Caro Direttore,

mons gherardinimi permetto di intervenire sul Suo prestigioso Sito per esprimere tutto il mio pubblico ringraziamento a Monsignor Brunero Gherardini e a coloro (come Paolo Pasqualucci) che seguono il suo sapiente insegnamento teologico, che è quello perfettamente corrispondente alla Tradizione di Santa Romana Chiesa, senza alcuna sbavatura. Parlare del XXI Concilio della storia è essenziale, perché mentre tutti gli altri Concili precedenti sono stati indetti per risolvere eresie e problemi che si erano andati creando (poiché la caduta dell’uomo, dopo il peccato originale, origina continuamente errori nell’umanità ed anche fra gli uomini di Chiesa), il Concilio Ecumenico Vaticano II non è stato indetto per risolvere problemi, ma per «dialogare» (a volte proprio alla pari) con il mondo e il mondo (con tutte le sue distorsioni) è entrato dentro la Chiesa. Non si può curare la malattia del Modernismo se non si toglie la causa alla radice, ovvero comprendere i nodi che sono dentro i documenti del Concilio e scioglierli per rendere chiare le idee a tutti i membri della Chiesa, dunque anche a noi, povere pecore di un gregge che ha bisogno di maestri di Verità e di libertà nella Verità. Infatti, a furia di voler dialogare con i «lontani», non si parla più ai cattolici e li si rende schiavi di una teologia menzognera, che andava «di moda» nel secolo scorso.

Scrisse Padre Roger-Thomas Calmel O.P. (1914-1974), all’inizio dei anni Settanta:

«…c’è solo da aprire il Vaticano II per constatare che i Padri hanno decisamente rotto con la Tradizione dal linguaggio netto e senza equivoci. Non ignoro i pochi testi vigorosamente formali, come la nota previa, che rimette in ordine certi sviluppi deboli e perniciosi della Lumen Gentium sui poteri episcopali. Resta nondimeno anzitutto il fatto che la stessa lodevole nota previa non si dà come definizione di Fede e non comporta nessun anatema, e poi ed anzitutto, che abitualmente il modo di esprimersi proprio del Vaticano II è impreciso, verboso e anche sfuggente. Qual è, ad esempio, dopo il XXI Concilio, la dottrina politica e sociale della Chiesa cattolica? Tanto il Sillabo e le Encicliche da Leone XIII a Pio XII ce la espongono chiaramente, tanto la Gaudium et Spes e la Dignitatis Humanae ci lasciano nel vago e nell’incertezza.

Perché meravigliarcene d’altronde? Si sa da un pezzo che sono testi di compromesso. Si sa anche che una frazione modernista avrebbe voluto imporre una dottrina eretica. Impedita di raggiungere questo scopo, è riuscita tuttavia a fare approvare dei testi informali. Questi testi presentano per il modernismo il doppio vantaggio di non potere essere accusati di affermazioni apertamente eretiche e nondimeno di poter essere interpretati in un senso opposto alla Fede.

Ci attarderemo noi a combattere direttamente questi testi? Vi abbiamo pensato. Ma la difficoltà è che tali testi non offrono appigli all’argomentazione: sono troppo vaghi. Mentre vi sforzate di mettere alle strette una formula che vi sembra inquietante, ecco che nella stessa pagina ne trovate un’altra irreprensibile. Mentre cercate di puntellare la vostra predicazione o il vostro insegnamento con un testo conciliare solido, impossibile da distorcere, adatto a trasmettere al vostro uditorio il contenuto tradizionale della Fede e della morale, vi accorgete ben presto che il testo da voi scelto, ad esempio sulla liturgia o sul dovere della società verso la vera Religione, è insidiosamente indebolito da un secondo testo, che, in realtà, svigorisce il primo mentre aveva l’aria di completarlo. I decreti si succedono alle costituzioni senza offrire alla mente, salvo eccezioni rarissime, una presa sufficiente» (Breve Apologia della Chiesa di sempre, pp. 35-36, ed. Ichthys).

La benedettina santa Ildegarda di Bingen (Bermersheim vor der Höhe, 1098 – Bingen am Rhein, 17 settembre 1179), che si occupò in maniera mirabile  e poderosa di teologia (non per scibile acquisito dai libri, ma per infusione di Dio, grazie alle visioni che ebbe per tutta la sua eccezionale esistenza) e il 7 ottobre p.v. sarà proclamata dal Santo Padre Benedetto XVI “Dottore della Chiesa”, parlava apertamente agli uomini di Chiesa e li riprendeva. Anche i Pontefici furono i destinatari delle sue straordinarie epistole, proprio come farà, più tardi, santa Caterina da Siena. Il suo prestigio fu grande e il Papa in persona, Eugenio III, lesse i primi capitoli della sua opera, Scivias, Liber vite meritorum, Liber divinorum operum, scritta fra il 1141 e il 1151, di fronte al Sinodo di Treviri del 1147. Ma Ildegarda non blandiva, Ildegarda vedeva gli errori e li denunciava per amore della Chiesa, che servì fedelissimamente.

cv2Ildegarda lottò contro le eresie dei catari e dei valdesi e per il cattolico è impossibile resistere alle convincenti asserzioni distribuite nelle migliaia di pagine che ha lasciato. E ciò accade perché, lo si comprende dalla complessità delle realtà che espone, i ragionamenti ivi contenuti non sono suoi, ma provengono da Dio. Ella afferma che la Chiesa ha un ruolo centrale in un mondo che tende a perdere le forze a causa dei molti tormenti che subisce. Dio le disse: «la sposa di mio Figlio [la Chiesa] viene tormentata nei suoi figli dai messaggeri del figlio della corruzione e dal corruttore stesso, per lungo tempo e fino a esaurimento, eppure non sarà mai annientata in nessun modo. Essa, infatti, anche se viene costantemente assalita da tali malvagità, levandosi ancor più potente e vigorosa verso la fine dei tempi, verrà raffigurata ancor più bella e splendente nella sua autentica immagine, così da correre in tal guisa, tanto più tenera e amabile, verso l’abbraccio col suo amato». La storia dell’umanità, intercalata di altezze e bassezze, è destinata a perire e la povera Chiesa, attaccata fuori e dentro, alla fine, sostiene la «Sibilla del Reno», sarà l’unica a resistere e a lumeggiare.

La Chiesa ha bisogno di personalità coraggiose come Monsignor Brunero Gherardini, capaci di riportare nel giusto alveo gli insegnamenti della Chiesa di sempre. Si tratta di una questione di Fede, non di metodo. La prassi è una conseguenza. Ecco che l’Anno della Fede indetto dal Nostro Santo Padre è determinante: tutto parte da lì. Che cos’è la Fede e quando la si esercita? Il Concilio Vaticano II è pastorale (dunque prassi), ma tale pastoralità moderna ha contaminato la dottrina. Occorre riportare la giusta dottrina su un piano di primogenitura ed è quello che Monsignor Gherardini supplica ed invoca, per amore della Chiesa, Santa e pura, nelle sue provvidenziali opere.

 

Cristina Siccardi

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