GUERRA PER VINCERE, NON PER UCCIDERE – di Redazione

Un libro narra le mitiche imprese dei subacquei e incursori della

X.a Flottiglia MAS

 

di Redazionelibro garibaldi

 

 

In guerra, è possibile vincere epiche battaglie senza causare non si dice un solo morto, ma neppure un ferito all’esercito nemico? Sì, è possibile. Lo racconta in maniera suggestiva lo storico Luciano Garibaldi, collaboratore di “Riscossa Cristiana”, che, con Gaspare Di Sclafani, ha dato alle stampe, per l’editore Lindau di Torino, il libro «Così affondammo la Valiant. La più grande impresa navale della seconda guerra mondiale”. E’ la ricostruzione, nei minimi dettagli, della spettacolare azione di Alessandria d’Egitto che, il 18 dicembre 1941, mise in ginocchio la flotta inglese con l’affondamento delle corazzate «Valiant» e «Queen Elizabeth».

Quella sera, tre «maiali», o SLC (siluri a lunga corsa) imbottiti di esplosivo, a cavalcioni di ciascuno dei quali stavano un ufficiale e un marinaio, penetrarono nel porto di Alessandria d’Egitto, la principale base navale inglese nel Mediterraneo, e decimarono la flotta da combattimento britannica dopo aver regolato le cariche in modo tale da consentire che tutti gli equipaggi nemici potessero fuggire a terra mettendosi in salvo. Fu dunque un’impresa eroica ma anche caratterizzata da grande umanità, poiché non vi fu alcuna vittima, neanche un ferito.

Il «pezzo forte» del libro consiste nella ricostruzione fatta dai due protagonisti principali dell’affondamento della «Valiant» – Luigi Durand de la Penne ed Emilio Bianchi – in due interviste esclusive, rilasciate in tempi diversi. La prima fu “strappata” a Durand de la Penne, dopo tanto insistere, da Luciano Garibaldi sul finire del 1966, in coincidenza con il venticinquesimo anniversario dell’impresa egiziana, e venne pubblicata il 10 gennaio 1967 sul «Tempo», allora il principale settimanale italiano. Un autentico scoop, in quanto De la Penne non aveva mai voluto parlare delle sue imprese di guerra. Vi riuscì però Luciano Garibaldi, che ora ripropone quell’avvincente documento. La seconda parte del racconto/ricostruzione è il frutto di una serie di colloqui fra Emilio Bianchi e il giornalista Gaspare Di Sclafani avvenuti nell’estate del 2005, quando l’eroico ex capo palombaro aveva già 93 anni, ma conservava ancora una lucidità davvero invidiabile.

Nei due racconti c’è un autentico pieno di umanità tipicamente italiana. I protagonisti non nascondono infatti, anche nei momenti culminanti dell’impresa, le divergenze che li contrappongono: la suscettibilità del marinaio nei confronti del comandante, il senso di superiorità dell’ufficiale nei confronti del sottoposto. Ma, sopra ogni altra cosa, il desiderio di mettere in salvo le vite dei nemici. Da sconfiggere, non da uccidere.

Il volume vuole essere testimonianza di una delle più gloriose pagine della storia della nostra Marina, ma anche un omaggio a uomini che davvero hanno fatto onore all’Italia. Oltre ai «racconti-verità» di Durand de la Penne e Bianchi, il libro comprende un ampio ritratto del principe Junio Valerio Borghese e una serie di capitoli dedicati alla «Decima Flottiglia MAS» e a tutte le altre imprese dei volontari che ne facevano parte.

Un libro da leggere, perché ci fa conoscere un’Italia pulita, eroica, leale.

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