I FRANCESCANI DELL’IMMACOLATA E LA CRISI DELLA CHIESA: PERCHÉ NON SI PUO’ TACERE – di Alessandro Gnocchi – Mario Palmaro

di Alessandro GnocchiMario Palmaro

fonte: Corrispondenza Romana

 

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Come accade spesso nelle tragedie, sono i particolari a dare l’idea della loro enormità, e il caso del commissariamento dei Francescani dell’Immacolata non fa eccezione.

Il dettaglio è lì, verso il fondo del decreto della Commissione per gli Istituti di Vita Consacrata firmato dal segretario, il francescano Josè Rodriguez Carballo. Vi si dice: «Infine, spetterà ai Frati Francescani dell’Immacolata il rimborso delle spese sostenute da detto Commissario e dai collaboratori da lui eventualmente nominati, sia l’onorario per il loro servizio». Proprio così, con uno sfregio che evoca l’uso dei regimi totalitari di addebitare ai familiari dei condannati il costo delle pallottole usate per l’esecuzione. L’immagine potrà anche apparire forte, ma è la portata clamorosa dell’evento a suggerirla.

In una sola mossa, non vengono esautorati solo il fondatore di un ordine fiorente e i vertici che lo assistono, ma anche il Motu proprio di Benedetto XVI che liberalizza la celebrazione della Messa in rito gregoriano, il Pontefice che lo ha emanato e, in definitiva, la Messa stessa. Perché, dopo il dettaglio delle spese a carico della vittima di un provvedimento iniquo, arriva l’affondo finale: «il Santo Padre Francesco ha disposto che ogni religioso della Congregazione dei Frati Francescani dell’Immacolata è tenuto a celebrare la liturgia secondo il rito ordinario e che, eventualmente, l’uso della forma straordinaria (Vetus Ordo) dovrà essere esplicitamente autorizzata dalle competenti autorità, per ogni religioso e/o comunità che ne farà richiesta».

Essendo l’unico ordine esplicito contenuto nel documento, è dunque evidente che questo è il problema: la Messa in rito antico. E a cosa conduca il terribile vizio di celebrare tale rito lo spiega il commissario, padre Fidenzio Volpi, nella sua lettera di presentazione composta dal mite saluto «Pace e Bene!», da una chilometrica citazione dell’attuale Pontefice e da una sintetica chiusa che esordisce con un minaccioso «Credo di non dover aggiungere nulla a un pensiero così chiaro e così pressante di Papa Francesco».

Secondo padre Volpi, il terribile vizio del rito antico porterebbe al reato di lesa «ecclesialità»: un concetto che vuol dire tutto e niente. Forse, per comprendere che cosa contenga questo termine, bisogna por mente a che cosa è avvenuto a Rio de Janeiro durante la Giornata mondiale delle gioventù, proprio mentre i Francescani dell’Immacolata venivano commissariati. Basti pensare, per fare un solo esempio di quella che i media hanno battezzato «la Woodstock della Chiesa», alla grottesca esibizione dei vescovi che ballano il Flashmob guidati da un Fiorello di quart’ordine: uno spettacolo che neanche il Lino Banfi e il Bombolo dei tempi d’oro avrebbero saputo mettere in scena.

Se questa è «ecclesialità», si comprende perché i Francescani dell’Immacolata la violino costantemente: portano il saio, fanno digiuni e penitenza, pregano, celebrano la Messa, praticano e insegnano una morale rigorosa, vanno in missione a portare Cristo prima  dell’aspirina, non combattono l’Aids con i preservativi, hanno una dottrina mariana che poco piace ai fratelli separati di ogni ordine e grado. E poi sono poveri e umili con i fatti invece che con le parole. Stante tutto ciò, la risolutezza disciplinare nei confronti di questo istituto lascia attoniti solo fino a un certo punto. Certo, stupisce una simile durezza nel contesto della Chiesa contemporanea.

Una Chiesa nella quale, una volta squillata la campanella dell’intervallo, è iniziata una ricreazione alla quale nessuno ha potuto o voluto mettere fine. Nelle diocesi e nelle congregazioni religiose sparse per il mondo accade di tutto: si insegnano dottrine non cattoliche, si esalta la teologia della liberazione, si sconvolgono le discipline e le regole di ordini millenari, si contesta l’autorità della Chiesa.

Ci sono intere “chiese nazionali” che firmano in massa appelli per l’abolizione del celibato, o per il sacerdozio femminile, chiese nelle quali il concubinato abituale dei parroci è diventato un fatto normale e tollerato dalla gerarchie. Una Chiesa nella quale solo i più sprovveduti possono esaltarsi per i tre milioni di partecipanti alla Giornata mondiale della gioventù, mentre in realtà la nave di Pietro procede nel mare in tempesta senza una meta precisa. E, come se non bastasse, sulla nave scarseggia l’equipaggio. Mentre la Congregazione per gli Istituti religiosi usa questi metodi con i Francescani dell’Immacolata che hanno vocazioni copiose in tutti i continenti, in gran parte delle altre famiglie religiose si consuma una spaventosa crisi. Mentre a Roma si affannano a impedire a dei frati francescani di celebrare la Messa che ha fatto secoli di santi e di santità, carmelitani e domenicani, cistercensi e certosini entrano di diritto a far parte delle specie protette dal Wwf.

Ma, in questo panorama, per la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata, il problema sono i Francescani dell’Immacolata che celebrano nelle due forme consentite dal Motu Proprio Summorum Pontificum. Con il risultato che il divieto di celebrare il rito antico stabilisce una disciplina sulla Messa che scavalca quanto contenuto nel documento di Benedetto XVI. Evidentemente, il provvedimento è da inserire in un’azione anti-Messa antica a più ampio spettro contenuta nel brumoso concetto di «ecclesialità». Un disegno che non è disposto a riconoscere alla Messa in rito gregoriano la capacità di produrre nemmeno i frutti spirituali che l’estemporaneo magistero di Papa Francesco ha riconosciuto al ramadan musulmano.

Eppure, il campo liturgico è quello nel quale il laissez faire di Roma ha raggiunto le vette più vertiginose del tragicomico: preti che ballano e cantano i pezzi dei Ricchi e Poveri mentre celebrano un matrimonio, vescovi che in mondovisione si dimenano come in un villaggio Alpitour, prelati che celebrano il novus ordo facendo elevare pissidi e sacre specie a imbarazzate ragazze Gmg in pantaloncini corti, preti che accompagnano la consacrazione con meravigliose bolle di sapone… E il problema su cui scaricare la ferula disciplinare sarebbero i Francescani dell’Immacolata che celebrano la Messa antica. Bisogna riconoscere che, purtroppo, c’è della logica in tutto questo.

Per concludere, ci sono le modalità processuali dell’inchiesta che lasciano perplessi. Roma è stata chiamata a intervenire da un gruppo di religiosi dissidenti dei Francescani dell’Immacolata. Gli accusati però non hanno potuto visionare le carte che contesterebbero loro di aver imboccato una deriva preconciliare. Quindi non hanno goduto di quell’elementare diritto di difesa che consiste nel conoscere in modo dettagliato gli addebiti e il capo di accusa. Inoltre, la Congregazione vaticana vuole impedire ai Francescani di porre ricorso, opponendo la diretta volontà del Papa come base del provvedimento. Insomma, sul piano formale la Chiesa della misericordia del postconcilio, quando vuole, sa rispolverare metodi da santa inquisizione.

Bisogna credere e sperare che i Francescani dell’Immacolata faranno appello in sede canonica e difenderanno con fermezza il loro buon diritto di sacerdoti della Chiesa cattolica di celebrare la Messa anche nel rito antico. Perché, se mai questi ottimi frati dovessero accettare il diktat, presto seguirebbero altre, più dure repressioni verso coloro che nel mondo celebrano e seguono la Messa di sempre. L’esercizio iniquo del potere fonda la sua forza sul silenzio delle vittime e pretende, anzi, il loro consenso. Ma la storia insegna che hanno avuto la meglio coloro che davanti all’ingiustizia non hanno taciuto, perché impugnare legittimamente un atto iniquo significa scuotere fin nelle fondamenta il potere che lo ha posto in essere. È venuto il tempo di parlare.

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