I PADRI SPIRITUALI DELLA BANCA MANGIA UOMINI – di Piero Vassallo

di Piero Vassallo


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L’opposizione al “funesto ed esecrabile internazionalismo bancario o imperialismo internazionale del danaro” [1], esce dalla gabbia silenziatrice, in cui la avevano segregata i poteri al servizio della disgraziata ideologia liberale, e riacquista piena legittimità poiché le banche strozzine e i loro pali culturali e giornalistici confessano, senza alcun ritegno, la finalità demenziale delle disoneste utopie filantropiche.

Il fine apertamente dichiarato dagli usurai più ricchi e potenti al mondo è, infatti, la contraccezione universale, ovvero la riduzione forzosa dell’umanità a un eletto numero di privilegiati, a cosmopoli abitata dai destinatari dei beni prodotti dai fantastici-onirici automatismi dell’industria senza operai sognata dal sessantottino Herbert Marcuse.

Secondo il pensiero bancario il futuro appartiene unicamente ai superiori, che vivranno nella beatitudine diffusa dallo spettacolo post-umano messo in scena in sterminate riserve naturali.

Il mondo nuovo, disegnato da antropologi pensanti in conformità con le fantasticherie dei poteri forti e strozzini, la Trilateral, ad esempio, è un’allucinata e incubosa parodia del Regno celeste: una catena di villaggi oziosi, abitati dagli eletti sopravvissuti ai meccanismi della selezione spietata attuata dal governo mondialista.

All’orizzonte appare un fantastico Eden, abitato dai figli della magica Banca, uomini superiori, illuminati in rivolta contro il malvagio demiurgo e perciò squisitamente viziosi: gli eletti, in corsa dalla malinconica e libertina Lubecca di Thomas Mann verso l’eutanasia [2].

L’utopia postmoderna contempla un popolo selezionato e privilegiato, che aspira a trascorrere l’esistenza,  tra effimeri piaceri, inutili chiacchiere, umilianti svaghi e chimici stordimenti.

Il sogno neopagano, la liberazione dal disturbo recato ai superiori delle plebi allegre, rumorose, insolenti e prolifiche, sarebbe finalmente realizzato.

Gli strumenti usati dagli illuminati per la drastica diminuzione e per la scientifica selezione dei viventi – per il genocidio innocente finalizzato dagli eletti alla conquista della felicità fittiziamente globale – sono contraccezione, aborto, castrazione, sodomia democratica, voyerismo, onanismo, droghe, eutanasia, guerre locali, insurrezioni pilotate, povertà artificiali e programmate carestie ovvero impiccagione delle attività produttive mediante l’usura.

Infine vigorose strette alle spese sanitarie dei paesi africani colpevolmente prolifici.

Al proposito il card. Bernard Agrée della Costa d’Avorio, rammentava, in un testo citato da Normanno Malaguti, che gli africani sono vittime degli “assassini finanziari, sciacalli mandati da organismi avvezzi ai contratti sleali, destinati ad arricchire le organizzazioni finanziarie internazionali abilmente sostenute dai loro stati o da altre organizzazioni immerse nel complotto del silenzio e della menzogna”.

L’unica difesa che è possibile alzare contro l’onda infetta sollevata dall’utopia ultramoderna è la denuncia della strutturale infondatezza delle notizie allarmistiche e delle mitologie truffaldine sulla proliferazione, idee che giustificano il pio olocausto.

Ora la prima menzogna funzionale al terrorismo malthusiano contempla la bomba demografica, incubosa figura della minaccia costituita dalla vita contro se stessa.

La scienza ha già smentito i catastrofisti di scuola malthusiana dimostrando che la terra può alimentare un numero di persone  inimmaginabile nel XIX secolo.

Inoltre il delirante e devastante cammino dell’apostasia moderna consente di affermare che il motore del malthusianesimo fremente è l’eresia marcionita, ultimamente rilanciata da Walter Benjamin (1892-1940) e da Gershom Scholem  (1897-1992) e sviluppata dagli avanguardisti francofortesi e californiani; una superstizione che contempla la divinità malvagia e ostile, contro cui l’uomo deve insorgere sovvertendo la legge che impone il rispetto della vita [3].

L’uscita dal tritacarne allestito dalla banca mangia uomini dipende altresì dal rifiuto incondizionato della erronea e fallimentare ideologia liberale, pianta avvelenata dallo schiavismo praticato dai  piantatori Locke e Voltaire.

E’ indispensabile che gli uomini liberi assumano di nuovo il ruolo dell’avanguardia riscattando e divulgando l’insegnamento del Magistero cattolico sull’inaffidabilità della mitologia intorno alla mano magica del mercato.

La pesantezza della crisi in atto consiglia di rilanciare la magistrale lezione di Pio XI sulle cause ideologiche delle depressioni. E’ dunque nuovamente attuale la severa critica del liberalismo, che fu infirmata da Jacques Maritain (nel saggio “Umanesimo integrale”) e disconosciuta dai democristiani.

Nella Quadragesimo anno, il grande pontefice dimostrò che “il retto ordine dell’economia non può essere abbandonato alla libera concorrenza delle forze“.

Stabilito che le massime del liberalismo vacillano per effetto dell’implosione della borsa [4], Pio XI affermò risolutamente che dalla superstiziosa sopravvalutazione del mercato “come da fonte avvelenata, sono derivati tutti gli errori della scienza economica individualistica, la quale, dimenticando o ignorando che l’economia ha un suo carattere sociale non meno che morale, ritiene che l’autorità pubblica la dovesse stimare e lasciare assolutamente libera a sé, come quella che nel mercato o libera concorrenza doveva trovare il suo principio direttivo o timone proprio secondo cui si sarebbe diretta molto più perfettamente che per qualsiasi intelligenza creata”.

Pio XI concludeva affermando la necessità inderogabile che la giustizia sociale diventi realmente efficace e che “più ancora è necessario che questa giustizia sia davvero efficace, ossia costituisca un ordine giuridico e sociale a cui l’economia tutta si conformi”.

Di qui la rinnovata legittimità dell’intervento dello stato negli affari oggi gestiti malauguratamente dalle banche strozzine e dai loro laquais politicanti.

Un acuto studioso italiano, Normanno Malaguti, sostiene appunto la necessità che lo stato si riappropri della funzione di emettere moneta che è attualmente delegata a banche inquinate da interessi privati [5].

Inseparabile dal progetto inteso alla liberazione dal signoraggio dei banchieri, infine, è la netta distinzione dell’ecumenismo tradizionale dall’astratto cosmopolitismo di stampo massonico.

Il mito della cosmopoli è un’arma usata dagli iniziati per soffocare l’identità delle nazioni e trasformare i popoli in docili oggetti della sovrana macelleria.

L’incubosa presenza di una tale utopia consiglia la difesa dell’indipendenza nazionale e in ultima analisi la fuga dal tritacarne cosmopolita.

Ora la nascita delle nazioni fu incoraggiata e benedetta dalla Chiesa che riconobbe in essa l’antimurale alla barbarie. Non è certo per un caso che la prima nazione riconosciuta dal papato fu l’Ungheria di Santo Stefano, oggi come allora baluardo elevato contro la vessazione degli alieni.

 

 


[1] Pio XI, Quadragesimo anno, 15 maggio 1931.

[2] Associata alla teologia gnostica e catara la pia contraccezione fu praticata nei primi secoli dell’era cristiana e nel medioevo quale espressione della mistica rivolta contro il Dio dell’Antico Testamento, identificato dagli eretici con il “demiurgo malvagio”.

[3] Benjamin, quantunque perseguitato dai nazisti, condivise esplicitamente la loro avversione al Dio dell’Antico Testamento. Scholem fu il continuatore dell’antiteismo implicito nella tesi sull’origine non ebraica di Mosè e del monoteismo, tesi esposta da Sigmund Freud nel saggio “Mosè”. Nel commento allo “Zohar”, antologia di trattati eterodossi, curata da un ebreo esule in Spagna tra il 1265 e il 1285, Scholem dichiara l’intenzione di riformare la teologia della creazione riducendola alle categorie dello gnosticismo.

[4] Nel 1929 la mano magica del mercato gettò sul lastrico milioni di americani. Per risollevare la loro sorte il presidente Roosevelt fu costretto ad adottare provvedimenti ispirati da princìpi irriducibili alla venerata mitologia liberale.

[5] Cfr. “La moneta debito”, Il Cerchio, Rimini 2012.

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