ICONOGRAFIA DEGLI ANGELI DEL SANTO NATALE – di Don Marcello Stanzione

di Don Marcello Stanzione


Puntualmente ogni anno, nel periodo natalizio, le forme angeliche e la spiritualità appaiono, come accessori di poco conto, in tutte le attività della ricorrenza della Nascita di Gesù. La società materialistica, perdendo la poesia del Natale, lo ha trasformato in un evento commerciale, e la presenza angelica è ridotta oggi a figure di cartone argentato sulle vetrine dei grandi magazzini. Probabilmente, se non fosse per i canti natalizi e per il presepe cattolico, gli angeli della Natività e la loro missione verrebbero dimenticati dalla grande massa, ma i veri cristiani credono negli angeli da lungo tempo, e li considerano abitanti particolarmente importanti dell’universo.


LA TRADIZIONE CRISTIANA

L’intera storia di Gesù narrata nel Vangelo avviene tra due parentesi angeliche: gli angeli annunciarono, infatti, sia la Nascita di Cristo sia la Sua Resurrezione. I Padri della Chiesa ci hanno presentato i tempi precedenti al Natale di Gesù come quelli che seguiranno un aumento della potenza dei diavoli. Scrive Origene (185-254): «Prima della venuta di Cristo, i buoni Angeli potevano ben poco per l’utilità di coloro che erano loro affidati». San Giovanni Crisostomo (344/354-407) aggiungeva: «Quando tanti innumerevoli mali erano perpetuati dai cattivi demoni e dal loro capo, su tutta la terra senza che nessuno degli Angeli preposti fosse capace di opporsi, il Signore dell’universo, per ordine dell’agape del Padre, quando la razza che gli è cara, precipitava negli abissi dell’iniquità, mandò dapprima dei deboli raggi della sua luce per mezzo del profeta Mosè e di coloro che lo hanno preceduto. Ma, poiché nessun uomo fra coloro che vennero dopo di lui, recava alcun rimedio ai mali della vita e poiché l’attività del demonio andava aumentando il Salvatore stesso venne verso gli uomini come medico, recando aiuto ai suoi stessi Angeli per la salvezza degli uomini». Il cardinale Jean Daniélou (1905-1974), nel suo celebre scritto Gli angeli e la loro missione nei Padri della Chiesa, afferma che il mistero angelico del Natale è anzitutto quello degli Angeli delle Nazioni che circondano il Dio-bambino, venuto in aiuto dei popoli pagani, che erano loro affidati e presso i quali essi dispensavano le loro pratiche.

É opportuno leggere il brano dei Vangelo di San Luca che ci presenta la nascita di Gesù a Betlemme: «Alcuni pastori vegliavano facendo la guardia al loro gregge. Un Angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: “Non temete, ecco io vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato, nella città di Davide, un Salvatore che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Dio ama”» (Lc 2,8-14). Commentando il brano di San Luca, Origene interpreta il ruolo degli angeli, non più come angeli delle Nazioni, ma con la funzione di milizie celesti, discese con Cristo per servirlo, e scrive: «Quando gli Angeli videro il principe della milizia celeste dimorare sulla terra, presero la via che egli aveva aperta, seguendo il loro Signore e ubbidendo alla volontà di Colui che li distribuisce come custodi a coloro che credono in Lui. Gli Angeli sono al servizio della tua salvezza eterna. Essi sono stati concessi al Figlio di Dio per seguirlo. E si dicono fra loro: “Se Egli è disceso in un corpo, se ha assunto una carne mortale, non restiamo inoperosi! Andiamo, Angeli, discendiamo tutti dal cielo”. È così che c’era una moltitudine della milizia celeste che lodava e glorificava Dio quando Cristo è nato. Tutto è pieno di angeli». San Gregorio Nazianzeno (329-390) chiamava gli angeli della Natività con l’appellativo de “gli iniziati dell’incarnazione”, perché è a questi Spiriti celesti che il mistero nascosto in Dio da tutta l’eternità è stato rivelato per la prima volta. È evidente che gli Angeli appaiono nella veste di messaggeri che preparano la via a Gesù, che dovrà venire al mondo, e, così, creano la disponibilità nell’intimo degli esseri umani che nel Natale del Cristo vedono finalmente il compimento di tutte le attese messianiche.

A qualcuno che si chiedeva perché siano così numerosi gli interventi angelici riguardo all’incarnazione del Verbo, sia prima che dopo la sua attuazione, è opportuno rispondere riferendoci alla concezione biblica, secondo la quale gli angeli svolgono il compito di mediatori tra la sfera divina e quella terrestre. A Natale vi è il momento in cui si realizza la massima comunicazione tra Dio e l’umanità, al punto che Dio diventa uomo senza perdere la propria divinità, per cui il ruolo dei mediatori diventa particolarmente importante. Sono quindi gli angeli a ristabilire il contatto con Dio e a comunicare la sua Parola, proprio per preparare l’avvento al vero e definitivo mediatore tra il cielo e la terra, che è Gesù Cristo.

È doveroso spendere qualche riga sul rapporto tra gli angeli e i pastori di Betlemme. Non dimentichiamo mai che i pastori erano gente povera e socialmente insignificante, e sono proprio questi poveri a sentire per primi parlare del pastore di Israele: «E tu, Betlemme, terra di Giudea, non sei il più piccolo capoluogo di Giudea: da te infatti nascerà un capo che pascerà il mio popolo, Israele» (Mt 2,6). Origene considera allegoricamente i pastori della Natività come gli angeli delle Nazioni. Così scrive: «I pastori possono essere considerati come Angeli, ai quali sono affidati gli uomini. Tutti avevano bisogno di aiuto, affinché le Nazioni loro affidate fossero governate bene. È a loro che l’Angelo é venuto per annunciare la nascita del vero Pastore». È bene sottolineare che i pastori, gli unici che riuscirono a vedere gli angeli, sono anche coloro che riuscirono a vedere, in un neonato venuto al mondo da gente miserabile e senza alcun peso sociale o economico, il Messia. Gli angeli della Natività sono dei grandi docenti, ma che insegnano solo a coloro che hanno l’umiltà di riconoscere ciò che è già in mezzo a noi. «Non temere», aveva detto l’arcangelo Gabriele a Maria, turbata da un annuncio così sorprendente. «Non temete» dice l’angelo ai pastori spaventati. Talvolta, l’incontro con gli angeli spaventa coloro presso i quali si portano, ma gli Spiriti celesti, a meno che non vengano per realizzare la giustizia divina, rassicurano sempre le persone alle quali si manifestano. L’angelo, che comunica la nascita di Gesù ai pastori, è un messaggero di gioia e di pace: la Redenzione era finalmente possibile, poiché Gesù il Salvatore aveva visitato il loro popolo, portando la salvezza.


L’ICONOGRAFIA


giotto

Giotto – La Natività e l’annuncio ai pastori


I compagni di Gabriele, o Gabriele stesso, che avvertono i pastori nelle innumerevoli composizioni dell’arte figurativa partecipano, poi, anche alle rappresentazioni del presepe. Il tema si prestava a variazioni leggiadre; il contrasto tra l’umidità dell’ambiente, la semplicità della Sacra Famiglia e delle sopraggiunte figure dei pastori, servivano a suscitare una gioia affettuosa negli animi degli spettatori. Per convenzione comune, gli angeli rimangono fuori della simbolica architettura che sta a rappresentare la stalla. Essi stanno vicini, tra le nubi o sulla paglia del tetto, pregando e cantando le lodi del Signore; in altre scene si mischiano alla folla, al seguito fantastico e splendente dei Magi. In tali ed in molte altre disposizioni sono ritratti gli angeli del Presepe, ed anche quando non compiono alcuna azione, si distinguono sempre per la bellezza con cui siamo abituati a vederli rappresentati.

La Natività di Giotto (1267 ca.-1337) è uno degli affreschi più emozionanti del ciclo padovano con le Storie di Cristo nella cappella degli Scrovegni. Oltre la povera tettoia, gli angeli volano partecipando alla felicità dell’evento. Sotto, il tenero e muto dialogo tra Maria ed il Bambino.

Nell’Adorazione dei pastori di Carlo Crivelli (1430/35-1494 ca.), considerata una tra le sue opere giovanili più squisite, è chiara la ricchezza culturale dell’autore. Il clima innaturale, da fiaba, che trasmette questa scena, dentro la raffinatissima trama delle lumeggiature d’oro, fa pensare alla probabilità di una sua specifica attività di miniatore.

La Natività mistica di Sandro Botticelli (1445-1510), è una scena di intensa e visionaria spiritualità, che solo apparentemente ricalca lo schema della tradizionale Adorazione dei pastori. Contemporaneamente alle innovazioni di Leonardo, Botticelli suggerisce di tornare indietro, alla mistica ingenuità dei primitivi, realizzando una scena di un ostentato arcaismo. Recuperando un passaggio tradizionale dell’iconografia medievale, ordina le grandezze delle figure secondo il loro significato religioso, ignorando ogni gerarchia prospettica. Egli immagina uno spazio assurdo in cui le figure vicine sono più piccole di quelle lontane, in un paesaggio da miniatura gotica, tra un mulinello di angeli.

La Sacra Famiglia è al centro, in una capanna, con Giuseppe addormentato, ma Botticelli fa quasi perdere d’importanza al presepe, tanto la scena è dominata dalle danze degli angeli. Nella parte superiore, sotto una cupola d’oro, il protagonista della scena è un girotondo festoso di angeli che danzano nel Cielo tenendosi per mano. Poco più in basso, sul tetto di paglia sopra la capanna, tre angeli inginocchiati sorreggono un libro aperto. Indossano abiti rispettivamente bianco, rosso e verde, e sono la personificazione della Grazia, della Verità e della Giustizia. Vegliano l’umile dimora proteggendo i sonni del Bambino, ed altri due, ai lati della capanna, indicano Gesù ai pastori. In primo piano, tre angeli accolgono ed abbracciano tre uomini. Accanto, cinque piccoli demoni in fuga sono sprofondati nei crepacci o sono trafitti. Il tema della Pace è dominante nella scena, esaltato dai rami d’ulivo tenuti in mano in segno di pace da ciascun angelo, e nelle corone che cingono la testa degli uomini.

Correggio (1489-1534), nella sua Adorazione dei pastori, meglio nota come La Notte, inaugura una nuova tipologia di Natività, in cui la figura del Bambino costituisce il fulcro luminoso dell’intera composizione. Egli impiega vivaci contrasti di luce ed ombra per conferire intensità alla scena; la luce, riflettendosi più debole sulle figure circostanti, è la protagonista assoluta della scena. L’apparente semplicità dell’iconografia mostra l’abilità del pittore a costruire i suoi dipinti usando le emozioni come fondamento dell’invenzione pittorica.

Sopra le figure, fra le nubi, cinque angeli assistono alla scena sollevati in volo. Nelle posizioni arditamente scorciate e nell’animazione, questi angeli ricordano quelli affrescati dallo stesso Correggio nella Cupola del Duomo di Parma. Tre di essi guardano il Bambino sorridendo, mentre gli altri due, i più mossi, sembrano invitare i pastori all’adorazione. Uno di questi, con il manto rosso, è visto di fronte mentre si sporge congiungendo le mani in preghiera. L’altro, col manto verde, è visto di schiena; tiene una gamba distesa, l’altra piegata, e le braccia aperte in atto di compiere un semicerchio, volando, per guardare in basso i pastori che gli stanno dietro. Alcuni hanno criticato gli scorci, ritenendoli eccessivi; Vasari definisce invece questi angeli «tanto ben fatti, che par che siano piuttosto piovuti dal cielo che fatti dalla mano di un pittore».
Correggio è un anticipatore di successive tendenze artistiche, per l’interpretazione intima del soggetto, per la composizione asimmetrica e per il ritmo flessuoso delle forme che imprimono dinamicità all’opera. Il dipinto, tra i più celebri del maestro e da molti considerato il suo capolavoro assoluto, è uno dei primi casi di fusione di due tradizioni rappresentative nella stessa scena: l’annuncio angelico ai pastori, che avvenne appunto durante la notte, e la successiva adorazione del Bambino.

Il mondo raffigurato nell’Adorazione dei pastori dello spagnolo Juan Bautista Maino (1578 ca.-1649), il più cosmopolita degli artisti spagnoli della sua epoca, è quello di Caravaggio. Lo si ritrova nelle figure ambigue degli angeli, giovani dall’aria di monelli da strada, ma la sua è una netta inclinazione per il caravaggismo leggero di Orazio Gentileschi.

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