Lasciamo da parte per un momento l’aspetto del tornaconto economico, cioè l’enorme giro di denaro alimentato in Val d’Enza dal mercato di minori e dallo scandalo degli affidi pilotati a beneficio degli amici, degli amanti e degli amici degli amanti. Probabilmente la gran quantità di cointeressati che, chi più chi meno, lucrava dal regime di una macchina così ben oliata in tutte le sue componenti è stata, di fatto, uno dei fattori estrinseci capaci di tenere incollati insieme, a lungo, i pezzi di un mosaico tanto abominevole e di una tresca tanto infame. Vien male a pensarlo, ma evidentemente in molti, pur di spigolare qualche briciola dell’indotto, erano pronti a tacere o sorvolare persino sull’abisso di sofferenza gratuita procurata a famiglie vulnerabili, inermi e incolpevoli. E a bambini indifesi. Se costoro possano dirsi uomini, ognuno può valutarlo da sé.
I soldi si sa che c’entrano sempre, in ogni catena di malaffare. Ma la vera cifra della vicenda reggiana, come risulta dagli stessi rapporti degli inquirenti, è la connotazione ideologica dell’impianto criminoso, sviluppato intorno a un nucleo propulsore ben definito, ammesso che lo si voglia vedere.
GLI OBIETTIVI IDEOLOGICI Forti di un saldissimo intreccio di tentacoli operativi allungati nei gangli delle istituzioni, le menti del complesso marchingegno assistenziale – lo mette agli atti il pubblico ministero – avevano «una percezione della realtà e della propria funzione totalmente pervertita, e asservita al perseguimento di obiettivi ideologici non imparziali», che le portava a sostenere «con erinnica perseveranza» la causa dell’abuso, da dimostrarsi ad ogni costo. Sulla scorta di questo stato di alterazione mentale, puntavano a «costruire un’avversione psicologica dei minori per la famiglia di origine».
A quanto risulta dalla lettura del combinato disposto di cronache e carte processuali, la fissazione di questo gruppo coeso di sedicenti giustizieri e paladini dell’infanzia è l’avversione ossessiva verso il maschilismo e il patriarcato (leggi: verso il maschio e la figura del padre), individuate come fonti endemiche di ogni violenza. Di qui, il rifiuto di quella naturale complementarietà tra maschio e femmina che si manifesta tipicamente nella famiglia e costituisce di essa il perno ineludibile.
Su questa premessa, l’obiettivo del disegno criminoso coinciderebbe con la demolizione, simbolica e pratica, della famiglia cosiddetta patriarcale in vista della promozione sociale della cosiddetta “omogenitorialità”, ovvero di quella fictio che l’agenda femminista, omosessualista e genderista pretende di imporre all’immaginario collettivo come nuovo assetto famigliare. Costi quel che costi in termini di vite umane.
Alla promozione giuridica del nuovo artefatto modello di convivenza che scimmiotta il vincolo matrimoniale aveva pensato a suo tempo l’effervescente onorevola Cirinnà, madre (oltre che dei suoi animali) anche della legge dello Stato che consacra le unioni monosessuali (legge 76/2016) e che – a dire della stessa signora diversamente madre – doveva costituire l’antecedente logico della appropriazione dei bambini da parte del popolo gaio.
La tabella di marcia prevede, come passaggio intermedio, quello di dare debito impulso pratico al modello simil-parentale cosiddetto omogenitoriale per indurre l’opinione pubblica a metabolizzarlo in preparazione del suo successivo riconoscimento prima giurisdizionale e poi legislativo, secondo il noto principio per cui tutto quanto assuma una non irrilevante diffusione e visibilità meriti ipso facto di essere normato.
È precisamente dentro questo schema che vanno letti i fatti orrendi di Bibbiano. L’ostilità per la famiglia – che è una, unica e non sostituibile – e l’esaltazione per la missione volta ad alterarne la fisionomia in effetti parrebbero il cuore radioattivo del sistema di mostruosità seriali scoperchiato in terra emiliana, e il movente profondo dei suoi artefici.
Sopra tutta questa trama aleggia la religione scientista degli psico-santoni della “Hansel e Gretel”, quelli che si dichiarano «contro l’adultocentrismo, contro la cultura patriarcale, contro il negazionismo della violenza che si consuma a danno dei soggetti più deboli» e che, incredibilmente, viaggiano da decenni sulla cresta dell’onda come “esperti” di bambini e di infanzia abusata benché, a quanto emerge dalle cronache raccapriccianti, abbiano sulla coscienza un numero cospicuo di vittime innocenti. Tra i drammi più eclatanti che risultano generati e alimentati dalle perizie tendenziose del centro “Hansel e Gretel”, basti ricordare l’inchiesta “Veleno” della Bassa Modenese (sedici minori ingiustamente sottratti alle famiglie e mai più restituiti, con contorno di morti e di suicidi) e il caso di Sagliano in provincia di Biella (suicidio multiplo di genitori e nonni, falsamente accusati di abusi sui figli e nipoti minori). E chissà quanti casi sommersi.
Sicché, nel vaso di Pandora scoperchiato in Val d’Enza, di fatto emergerebbe un nocciolo duro di oggettiva devianza, che qualcuno – sospinto dal vento in poppa che soffia su ogni demenza libertaria – avrebbe organizzato e istituzionalizzato in un vero e proprio laboratorio sociopolitico, trovando pure, nel vuoto totale di valori di riferimento, il terreno fertile per una complicità ad ampio spettro.
Una devianza che non ha stentato a far sentire i suoi miasmi non appena l’inchiesta ha aperto la prima crepa nell’apparato malavitoso: l’affidataria lesbica che «in più occasioni e mentre si trovava da sola nella sua auto, “instaurava lunghe conversazioni con soggetti immaginari” e, tra le urla di totale delirio, alternava bestemmie, canti eucaristici e forti liti in cui si immaginava di sgridare bambini» sembrerebbe una dimostrazione piuttosto eloquente di come, dentro l’intrico di coperture incrociate, albergasse una componente paranoica.
L’APPARATO ISTITUZIONALE DI SOSTEGNO Tutt’intorno, comunque, un imponente cordone di protezione amministrativo, politico e “culturale” interessato alla buona riuscita dell’affare faceva da scudo e da schermo. E la macchina infernale poteva macinare indisturbata vittime innocenti attraverso una procedura collaudata: individuate le famiglie più vulnerabili (e quindi, verosimilmente, dotate di una menomata capacità di reazione), ne venivano sequestrati i figli confezionando prove fasulle di traumi o disagi attraverso la manipolazione fraudolenta di testimonianze, documenti, pensieri, ricordi; infine, con il bottino di figli (altrui), veniva creata la figurina sintetica della “famiglia” arcobaleno.
In pratica, come appare dalle cronache e dalle carte dell’inchiesta, ci troveremmo di fronte a una banda di predatori che si era investita del compito di preparare l’album di fotografie del nuovo quadretto famigliare da esporre in vetrina a scopo didascalico e divulgativo, per educare un’intera società. Quella che, ancora in parte sclerotizzata sullo schema della distinzione dei ruoli tra maschio e femmina, deve interiorizzare il messaggio secondo cui la “famiglia” monosessuale è una famiglia normale. Migliore, anzi, della famiglia fatta di un padre e una madre perché, nel confronto tra il nucleo d’origine e quello affidatario, è naturale che, agli occhi del quivis de populo che ha appaltato in via definitiva il pensiero alla TV, il secondo venga visto d’istinto come il più virtuoso. Da questo gioco di specchi deformati esce glorificato l’“amore omosessuale”, mostrato al pubblico come legame autentico, accogliente, disinteressato.
Per mascherare e compensare la carica ideologica della operazione e anche il presumibile istinto anti-materno delle affidatarie lesbiche – odiando i maschi, con probabilità tendono a odiarne anche i figli – tutt’intorno veniva organizzata una martellante attività di promozione culturale a suon di convegni, eventi, corsi di formazione, progetti scolastici, in cui erano messi a tema i soliti argomenti à la page: omogenitorialità, adozioni LGBT, progettualità affettive nelle persone omosessuali, inclusione, superamento degli stereotipi di genere nei modelli famigliari. In servizio permanente effettivo, si muoveva come un sol uomo la squadra di amministratori, psicologi, operatori sociali, attivisti LGBT: uno per tutti, tutti per uno.
Fatto sta che, nell’arco di una manciata di anni, grazie alle cure delle assistenti sociali e al lavoro instancabile della responsabile Federica Anghinolfi, nota attivista LGBT, l’industria dell’affido minorile della Val d’Enza ha subito una clamorosa impennata di attività. E su questo successo si è conquistata ottime referenze e ha potuto appuntarsi al petto la medaglia di servizio-modello meritevole di essere esportato oltre i confini del territorio.
A noi, spettatori increduli, resta da comprendere come possa accadere che una fabbrica di male di simili proporzioni attecchisca e si radichi nel tessuto sociale, sbaragliando financo le pulsioni umane più profonde e ataviche quali la tenerezza e l’istinto di protezione verso i più piccoli.
Ma la spinta ideologica alla base di quest’onda di follia è tale che, nonostante lo choc appena causato sull’opinione pubblica dallo scandalo della Val d’Enza, gli LGBT emiliani, sotto la guida del Cassero, hanno la tracotanza di ripresentare in questi giorni in Consiglio regionale il disegno di legge sulla omotransfobia e omotransnegatività concepito per imbavagliare e criminalizzare chiunque abbia la tentazione di non assecondare il programma omofilo liberticida.
LA RESPONSABILITÀ (E IL SILENZIO) DELLA NEOCHIESA Venuto meno qualsiasi appiglio di natura morale e razionale, già calpestato nel nome della falsa libertà, non possono non affermarsi i surrogati deteriori di quei principi fondamentali posti a servizio dell’uomo per il suo vero bene: trionfa quel ciarpame pseudoumanitario sotto il cui ombrello trova riparo ogni aberrazione. Nello spazio dell’indistinto dove bene e male non esistono più, è per forza il male a prendere il sopravvento per dominare incontrastato.
Sta di fatto che alla radice di queste degenerazioni, a loro volta figlie di altre degenerazioni, ci si scontra sempre con l’abbandono di Dio e della percezione del limite che discende per l’uomo dal riconoscersi creatura: è il rinnegamento della legge divina e naturale a scatenare il delirio di onnipotenza di quanti, conquistata una posizione di supremazia, si sentono legittimati a reificare il proprio simile più debole per sacrificarlo sull’altare della propria ideologia.
Oggi, più di sempre, l’offesa al Creatore si consuma a partire dai luoghi dove massimamente dovrebbero brillare le sue verità e per mezzo delle persone deputate a tenere vive queste verità e ad insegnarle, se non per vocazione almeno per mestiere. È proprio in quei luoghi e proprio da parte di quelle persone che la dottrina è stata programmaticamente smantellata, e con essa la morale e i sacramenti; che ogni argine di fede è stato abbattuto, affinché un ethos millenario potesse essere sostituito senza sforzo dall’etica posticcia al servizio del potere costituito.
L’ideologia che si insinua nelle menti e le plasma ai criteri impazziti del mondo nuovo capovolto si è definitivamente infiltrata nel corpo della religione e ha generato il mostro ora adorato dalla chiesa postcattolica secondo le misericordiosissime prescrizioni del comandante in capo e di tutti i suoi dipendenti, che hanno sancito l’abrogazione ufficiale della legge morale assoluta e stabilito la punibilità di chiunque continui a obbedirla o a proclamarne i dettami inderogabili.
Non è esagerato affermare che tutto il repertorio uscito dalla fogna di Bibbiano, appena appena risciacquato, rientra pari pari nell’alveo accogliente tracciato da ultimo dall’Amoris Laetitia – contenitore magisteriale di ogni degenerazione partorita dall’uomo senza Dio, padre e figlio di se stesso – e sposata dai poteri forti della tecnocrazia sovranazionale.
C’è tutto, nell’esortazione apostolica postsinodale che, esortando, affronta molte sfide, apre molte porte, accompagna tutti da tutte le parti nel segno del «dinamismo contro-culturale dell’amore» (sic), spinge i fedeli a far pace col mondo perché Cristo, come il paradiso, può attendere: c’è il SÌ all’educazione sessuale per i bambini, che vuol dire preparare il terreno con la loro precoce erotizzazione; c’è l’inchino deferente alla psicopedagogia militante; c’è la benedizione delle unioni tra persone dello stesso sesso; c’è l’adesione ai luoghi comuni del più becero femminismo d’accatto e alla retorica strumentale della violenza contro le donne; c’è la denigrazione della cultura patriarcale e il correlativo esautoramento del padre; c’è la demonizzazione della famiglia, definita “tradizionale” in sintonia con i codici del gergo corrivo e presentata come luogo di autoritarismo e violenza («la violenza intrafamiliare è scuola di risentimento e di odio nelle relazioni umane fondamentali»; «la violenza verbale, fisica e sessuale che si esercita dentro alcune coppie di sposi contraddice la natura stessa dell’unione coniugale», proprio come potrebbe pontificare una Anghinolfi qualsiasi).
C’è, insomma, un programma compiuto di dissoluzione, goffamente mistificato dentro un impasto informe di parole in libertà e di concetti vacui, ambigui e moraleggianti, attinti alla pseudocultura libertaria. A questo programma – che è lo stesso dell’ONU e dei potentati sovranazionali, del mostro burocratico domiciliato a Bruxelles, della commissione pari opportunità della Val d’Enza e dei suoi psicoconsulenti piemontesi, e infatti tutti parlano lo stesso identico idioma – la chiesa “in uscita” fa da volano universale.
Ed è evidente come, al di là delle nefandezze che da sempre l’essere umano è stato in grado di compiere, è il venir meno di qualsiasi riferimento superiore capace di scuotere e illuminare le coscienze a rappresentare, oggi, il motivo primo e ultimo della magnitudine di un disastro senza confini.
Rotti i baluardi della verità oggettiva, cancellato il peccato, abolita la legge e impedito per conseguenza il correlativo giudizio, si spalanca la porta all’arbitrio del potere di turno e alla inarrestabile prevaricazione dell’uomo sull’uomo: dell’uomo più forte verso il suo simile indifeso.
Nei titoli di coda di questo film dell’orrore, su cui per nessun motivo deve calare il sipario dell’oblio o della rassegnazione, sono scritti tutti i nomi dei protagonisti e delle comparse, ciascuno con il suo crescente fardello di responsabilità: ci sono i politici, gli amministratori, gli strizzacervelli, i giudici, gli impiegati dei servizi sociali. Ma ci sono anche i funzionari della chiesa apostata che, ormai completamente svirilizzata, si trova a recitare lo stesso copione e a parlare la stessa lingua degli orchi. Non per nulla, di orchi, è essa stessa irrimediabilmente affollata.
Non per nulla, non si è udita nemmeno una voce di condanna per gli aguzzini di Reggio Emilia o di conforto per le loro vittime, men che meno si è levata al cielo una preghiera per quei bambini il cui destino è scivolato nelle mani di adulti snaturati (e d’altra parte, mica sono migranti…). Per la chiesa invertita, si sa, la fede è diventata un pericolo oggettivo e l’infanzia è diventata terra di conquista.
C’è del diabolico in questo attacco concentrico al cuore dell’uomo, della famiglia, della vita. L’osceno tradimento delle gerarchie lascia il campo senza difese che non siano le mani nude di genitori disperati, lasciati completamente soli, con la loro croce, di fronte a un Leviatano affamato, ubiquo e spietato.
9 commenti su “Ideologiche grida ed ecclesiastici silenzi. Sugli orrori di Bibbiano tutto si tiene”
Che Dio ci aiuti! Finora era sembrato che la terribile “vicenda Forteto”, di cui si è parlato sempre troppo poco e se ne parla sempre di meno, fosse stata l’abisso insuperabile del male. Ora si scopre che la terribile “vicenda della Val d’Enza” è molto simile, e uguale per efferatezza. Purtroppo, come nella precedente vicenda, se ne parla poco e se ne parlerà sempre di meno, fino al punto che gli autori di tanta efferatezza riprenderanno il loro lavoro diabolico di corruzione, indisturbati e appoggiati dagli altri “irresponsabili” di turno.
Il mio, è pessimismo o realismo?
Rodolfo Fiesoli è stato ASSOLTO (!!!!) ed ora è ad Aulla in una casa per anziani.
Dove sia la giustizia in Italia, soprattutto quando la sinistra è implicata, non si sa.
Grazie per quanto ha scritto.
Domani sono a Bologna con cartelli e altro materiale contro quella schifosa, innominabile, aberrante legge contro omotransnegativita’.
Grazie anche per le conferenze sul Gender
Abolita ogni Legge superiore (legge divina; legge morale) come misura delle idee e dei comportamenti umani, il capriccio ideologico è stato libero di insediarsi come un sovrano assoluto. I deliri e gli orrori esposti in questo articolo sono il coerente esito.
“Men che meno si è levata al cielo una preghiera per quei bambini il cui destino è scivolato nelle mani di adulti snaturati (e d’altra parte, mica sono migranti…).” Infatti, a maggior prova di quale chiesa oggi alberghi in Italia, don Roberto Beretta, parroco di Pieve Porto Morone (Pavia) aveva organizzato una messa in sostegno di Carola Rackete, la capitana della Sea Watch “che ha preferito seguire la legge di Dio e non la legge degli uomini” (fonte: https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/13481655/papa-francesco-prete-don-beretta-pavia-messa-carola-rackete-annullata-vittoria-lega-salvini-centinaio.html). Peggio di così…
Se di fronte a fatti come questi la Chiesa tace, cosa potrà scuoterla? Dove sono i pastori? Lo capiscono che il loro silenzio dà scandalo e disperde il gregge? Non si illudano: presto verrà chiesto loro il conto di tutto.
F. Marzotti: “Se di fronte a fatti come questi la Chiesa tace,
…………………….cosa potrà scuoterla?”.
Nulla potrà scuotere la Chiesa, signor Marzotti, avendo Essa subito – per mano della Sinagoga di Satana – la SOSTITUZIONE del Suo Papa nel lontano Conclave del 1958. Solo il Suo Vero Papa – attraverso cui Essa parla ed agisce – Le ridarà la facoltà della parola e dell’azione.
O si capisce la dinamica di questo diabolico evento, oppure tutti noi saremo condannati a rimanere nell’inganno di credere in una Chiesa che ha rinnegato Se stessa ed il Suo Cristo.
La neochiesa al soldo dell’eterno nemico può solo tacere, o al massimo emettere qualche grugnito che lascia il tempo che trova.
Invece mi chiedo: ma tutte le indignate femministe del ‘senonoraquando’, quelle segnate da boldrinismo cronico, quelle che bivaccano negli studi televisivi per recitare la parte delle sempiterne progressiste (de che?), avranno mai un belato da emettere in proposito?
realismo purtroppo. se ne riparlerà, poco, alla prossima occasione. Non sono particolarmente credente, ma qui pare proprio che sia in azione l’anticristo mascherato sotto sembianze buoniste, accoglienti, accattivanti. La Chiesa tace xché ha troppi scheletri nell’armadio, ma poi non si lamenti della sua crescente ininfluenza. Forse é necessario che anch’essa, perduta la funzione di Katechon, sgombri il campo. tutto potrebbe essere più chiaro, almeno.