IL CATTOLICO IN POLITICA – MANUALE PER LA RIPRESA – di Carlo Cigolini

Di Carlo Cigolini

 

 

IL CATTOLICO IN POLITICA – MANUALE PER LA RIPRESA, di Mons. Giampaolo Crepaldi,  Arcivescovo di Trieste e Presidente dell’Osservatorio Internazionale Card. Van Thuan sulla dottrina sociale della Chiesa, ed. Cantagalli 2010, vuole rispondere ad una speranza della Chiesa, e cioè che nasca in Italia una nuova generazione di cattolici impegnati in politica, secondo un auspicio  ripetutamente espresso dal Santo Padre Benedetto XVI  e fatto proprio dai vescovi italiani, come ricorda il nostro Card. Angelo Bagnasco nella prefazione.  A tal fine si rendeva necessario uno strumento formativo, che possa individuare ciò che muove e qualifica l’impegno politico del cattolico, così che chi si sente chiamato a questo servizio possa procedere non a tentoni, così come gli dice il cuore, ma sulla base di una coscienza che sia rettamente formata  e sappia distinguere tra valori e disvalori nella ricerca di obbiettivi e mezzi per conseguirli.libro

Non manca nell’analisi di Mons. Crepaldi la prospettiva storica, che gli fa dire che il tempo è propizio. Non si nasconde infatti la grave crisi di valori e di identità che ha attraversato ogni settore della nostra società, a partire dal costume per arrivare alla cultura, alla politica, all’arte, alla religione,   alla scuola,  ed anche alla Chiesa, a partire dagli anni ’60, in cui si sono messi in discussione tutti i precedenti punti di riferimento.  Bisogna partire di lì: si è trattato – per dirla con parole mie – quasi di una ubriacatura generale che si presentava con grandi ideali e nobili sentimenti, in nome dei quali si aprivano nuovi orizzonti ma si buttava talvolta via anche il bambino insieme all’acqua sporca.  Guardando ora indietro a quegli anni,   sembra quasi che  la nostra società si sia trovata a vivere collettivamente una  fase  adolescenziale, con tutti gli entusiasmi, ma anche gli sbandamenti ed i moti di ribellione dell’adolescenza; nell’età matura si capisce invece   che con le cotte e le alzate di testa giovanili non sempre si fa molta strada, e qualche volta si prendono delle sonore capocciate  o si fanno  cose stupide o contraddittorie. Gli anni -60 –’70 per Mons. Crepaldi erano gli anni dello smarrimento e della “resistenza”, si pensi alla sofferenza morale di papa Paolo VI, in cui bisognava almeno salvare il “bambino” in attesa di tempi migliori.

Gli anni ’80-’90 sono visti come anni dell’ “attesa” e della riflessione, in cui piano piano ci si interrogava  per fare chiarezza,   recuperare valori, grazie ai potenti interventi in vari campi di papa Giovanni Paolo II,   ed individuare gli sbandamenti, ma ancora principalmente solo a livello individuale.  Al culmine della riflessione di questi anni si colloca la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede  sull’azione ed il comportamento dei cattolici nella vita politica del 2002, di fondamentale importanza, anche se è passata a lungo inosservata in molti ambienti ed ha richiesto anni per produrre i suoi frutti.  Basti dire del richiamo al principio che il pluralismo, su cui si era fondata la precedente diaspora politica dei cattolici,  non si fonda sul relativismo, ma solo sul fatto che il bene può essere fatto in molti modi, mentre non esiste né può esistere pluralismo né discrezionalità della coscienza di fronte al male. Per questo la Nota richiedeva coerenza al cattolico impegnato in politica, impedendogli di aderire a programmi che non rispettino la legge naturale.

Da allora sono iniziati gli anni della “ripresa”, in cui le acquisizioni degli anni della “attesa” e della riflessione sono gradualmente divenute patrimonio non solo individuale ma sempre più comune all’interno del mondo cattolico, ed hanno consentito la nascita di una nuova stagione culturale, all’insegna della consapevolezza che il moderno processo di secolarizzazione non è irreversibile e soprattutto non è fondato sulla ragione, che al contrario va più d’accordo con la fede che con le proposte del mondo di oggi. Sono gli anni del pontificato di papa Benedetto XVI.

E così si potrebbe dire che, a 150 anni dall’Unità d’ Italia, per quanto riguarda l’impegno politico dei cattolici si sia passati dal “non expedit” all’”expedit”.  Mi sia consentito per capirci un excursus storico, in quest’anno di retoriche  celebrazioni per l’unità d’Italia.

Il “non expedit” (= non conviene) rappresentava un divieto ai cattolici di partecipare alla vita politica  motivato dal fatto che, partecipandovi, si riconosceva al nuovo Stato italiano una legittimità che i Pontefici, almeno fino a papa Pio X, non riconoscevano, non solo essendo stato loro sottratto  dai Savoia con una azione di forza   il potere temporale (ricordiamo la battaglia di Castelfidardo e la presa di Roma) , ma anche per evitare ai cattolici di prestare un giuramento senza alcuna restrizione al Regno d’Italia che avrebbe sancito lo spoglio della Chiesa, i sacrilegi commessi, l’insegnamento anticattolico, ecc.  Di fatto Vittorio Emanuele II,  per quanto definito “ re galantuomo”,  non aveva rispettato  nessuno degli impegni che aveva preso:  i governi cosiddetti liberali del Regno di Sardegna prima, e di quello d’Italia poi, violavano sistematicamente tutti i più importanti articoli dello Statuto a cominciare dal primo, che, come specchietto per le allodole,  definiva la religione cattolica “unica religione di Stato”.

Appena iniziata l’era costituzionale era scattata  in Piemonte ( e seguita poi in tutta l’Italia) la prima seria persecuzione anticattolica dopo Costantino: a cominciare dai gesuiti, tutti gli ordini religiosi della “religione di stato” vennero soppressi uno dopo l’altro e tutti i loro beni incamerati (la cosiddetta secolarizzazione dei beni ecclesiastici). Mentre 57.000 persone (tanti erano i membri degli ordini religiosi) vennero da un giorno all’altro private della proprie case (i conventi) e di tutto quanto possedevano, i beni che nel corso dei secoli la popolazione cattolica italiana aveva donato agli ordini religiosi ed alla Chiesa venivano espropriati ed andavano  ad arricchire l’1% della popolazione di fede liberale. Oltre 2.565.253 ettari di terra, centinaia di splendidi edifici, archivi e biblioteche, oggetti di culto, quadri e statue, tutto scomparve nel ventre molle di una classe dirigente che definiva se stessa liberatrice d’Italia dall’oscurantismo dei preti e dei sovrani assoluti. Nel nome della libertà i cosiddetti liberali conculcarono sistematicamente la libertà dei cattolici (e cioè della quasi totalità della popolazione): vietarono le donazioni alla chiesa, impedirono le processioni cattoliche (plaudendo a quelle massoniche), negarono la libertà di istruzione (la scuola doveva essere docile strumento della propaganda liberale), per stampa “libera” intendevano la sola stampa liberale (Cavour arrivò a proibire la circolazione delle encicliche pontificie).

Si può ben comprendere quindi il “non expedit” di allora, in una situazione in cui anche il diritto di voto era limitato all’1% della popolazione (e rigorosamente vietato alle donne).

Ci sono voluti 100 anni e due guerre, ed il tempo è stato galantuomo: se i Savoia avevano sottratto  alla Chiesa i beni donati nel coso dei secolo dagli Italiani ed ai Papi il potere temporale, col referendum del 1948 gli Italiani hanno poi sottratto l’Italia ai Savoia, e da allora tutto il popolo cattolico è stato uno dei protagonisti dello sviluppo del nostro paese, in condizioni diverse. Ben venga dunque l ‘odierno “expedit”.

Innanzi tutto per i politici cattolici il Manuale di Mons. Crepaldi ricorda e descrive  i “principi non negoziabili” affermati dalla Nota del 2002, che passa in rassegna uno per uno dedicando a ciascuno un capitolo.  La premessa del discorso, che è la conclusione normativa della Nota , è che “la coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno  di favorire con il proprio voto  l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali delle fede o della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie  a tali contenuti”. L’elenco dei contenuti fondamentali ed irrinunciabili proposto dalla Nota è il seguente:

–         Tutela del diritto primario alla vita  a partire dal suo concepimento e fino al suo termine naturale e dovere di rispettare i diritti dell’embrione umano

–         Tutela e promozione della famiglia fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità,  a cui non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale

–         Garanzia della libertà per i genitori di educazione  dei propri figli

–         Tutela sociale dei minori e liberazione delle vittime dalle moderne forme di schiavitù,  come la droga, lo sfruttamento, la prostituzione

–         Sviluppo di un’economia che sia al servizio della persona e del bene comune, nel rispetto della giustizia sociale, del principio di solidarietà umana e di quello di sussidiarietà (che è il principio per cui una società di ordine superiore, come lo stato, non deve sostituirsi a quelle di ordine inferiore, come le regioni e via via scendendo fino alle famiglie, ma le deve aiutare a fare da sé, e, in caso di intervento sostitutivo, lo deve fare provvisoriamente con spirito di supplenza)

Ma anche per chi non è un politico e si limita a partecipare alla vita politica attraverso il suo modestissimo voto il Manuale dà indicazioni concrete e chiare, per chi ha orecchi per intendere.

Ad es., davanti a leggi che permettano il male radicale, il cattolico esercita la propria obiezione di coscienza, nella quale trovano espressione la sua libertà unita alla sua responsabilità.  Di conseguenza,  come cittadino “non può dare il proprio voto  ad un partito che contempli nel proprio programma l’aborto,  l’eutanasia, la possibilità di distruzione dell’embrione, le selezione eugenetica, il riconoscimento di unioni di fatto equiparate al matrimonio, il riconoscimento giuridico di coppie omosessuali” (così a pag. 73).

Ancora, non si possono soppesare e, nel giudizio, controbilanciare i valori non negoziabili che un programma di partito disattendesse con altri invece condivisibili, al fine di dare il voto a quel partito. I principi non negoziabili non possono in nessun caso essere comparati con altri che non hanno lo stesso peso morale e politico, perché sono dei “paletti”, che rappresentano un divieto morale assoluto , e da cui tutto il resto dipende, come gli architravi di una costruzione  su cui non si può fare una trattativa al ribasso per cercare un compromesso (pagg. 81-82) .

Non bisogna starsene del fatto che un politico semplicemente si dichiari cattolico per votarlo: quando si vede che all’atto pratico  dei cattolici che hanno responsabilità dirette in campo legislativo assumono atteggiamenti diversi davanti a leggi che contrastano con la legge morale naturale e su cui il Magistero della Chiesa si è inequivocabilmente pronunciato,  tutti dobbiamo fare un esame di coscienza, perché vuol dire che qualcosa non funziona  nella continuità tra comunità ecclesiale, animazione culturale della società e militanza politica, e quasi sempre, se c’è la buona fede dei politici in questione,  c’è una carenza di tipo dottrinale da parte di qualcuno (pag. 91). E “tra un partito che contemplasse nel suo programma la difesa della famiglia  fondata sul matrimonio ed il cui segretario fosse separato dalla moglie, ed un particto che contemplasse nel programma il riconoscimento delle coppie di fatto ed il cui segretario fosse regolarmente sposato, la preferenza andrebbe al primo partito. E’ infatti più grave la presenza di principi non accettabili nel programma che nella pratica di qualche militante, in quanto il programma è strategico ed ha un chiaro valore di cambiamento politico della realtà, più che le incoerenze personali” (pag. 92).

L’unità dei cattolici si fa dunque a partire dal catechismo, che va riscoperto e ristudiato. Aver passato qualche anno in questo o quel movimento cattolico non è una credenziale, non significa nulla.

La facoltà  di scelta tra più partiti non significa infatti pluralismo nella scelta dei principi,  in quanto i cattolici per essere tali devono confrontarsi con la dottrina sociale e morale cristiana, perché altrimenti verrebbe meno la testimonianza della fede e la coerenza della vita (pag. 105).

Il Manuale è scritto nero su bianco. Adesso tocca a noi.

 

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