IL DIBATTITO SUL CONCILIO. PADRE GIOVANNI CAVALCOLI RISPONDE A CRISTINA SICCARDI

Riceviamo da P. Giovanni Cavalcoli la seguente lettera, in risposta alla lettera di Cristina Siccardi, pubblicata su Riscossa Cristiana di ieri, 12 luglio 2012:

 

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Cara Cristina,

ti do del tu non per non so quali modernistiche velleità giacobine, ma secondo il tradizionale atteggiamento del sacerdote che parla con una  figlia e alla figlia non si dà del tu? Apprezzo invece e comprendo l’uso del Lei nei miei riguardi, sempre riferito al mio essere sacerdote, benché anche al padre si possa dare del tu.     Fatta questa premessa, entriamo in argomenti più importanti.

La citazione che tu fai del dogma dell’infallibilità pontificia non è pertinente. Ti invito invece a tener presente che l’Istruzione del Beato Giovanni Paolo II “Ad tuendam fidem” del 1998 è munita di un commento della CDF dove si presentano tre gradi di autorità delle dottrine: il primo grado è quello dei dogmi definiti come tali (solo qui c’entra l’infallibilità pontificia). Qui la Chiesa dichiara di definire, per cui l’infallibilità della dottrina è evidente. Il Concilio non possiede insegnamenti di questo livello.

Tuttavia esistono altri due gradi inferiori di autorità delle dottrine. Anche qui si tratta di materia di fede o connessa alla fede. Qui la Chiesa può esplicitare o approfondire verità di fede precedentemente definite. Nel secondo grado la Chiesa non dichiara di voler definire, e tuttavia si tratta di dottrine “definitive”. Nel terzo grado non si parla neppure di dottrine definitive e tuttavia si tratta sempre di dottrine vere.

Ora, come hanno dichiarato gli ultimi Pontefici, il Concilio Vaticano II non è stato solo pastorale, ma anche dottrinale, ossia ha toccato temi di fede o connessi alla fede facendone progredire  la conoscenza: per esempio si dà un concetto di Rivelazione che fa avanzare la conoscenza che se ne aveva al Concilio Vaticano I. Ora tu converrai che qui si tratta di materia di fede.

Dottrina infallibile? E perché no? Che vuol dire “infallibile”? Che non può “fallire”, non può essere sbagliato o non potrà in futuro essere falsificato. Ora ti pare mai che un Concilio, trattando di materia di fede, possa darci insegnamenti “fallibili”, ossia che possono o potranno indurci nell’errore? Neanche a pensarlo! E non importa che qui la Chiesa non dichiari di voler definire.

Per sapere che si tratta di insegnamenti infallibili basta controllare di che tipo è la materia: se si tratta di materia di fede, non possiamo ASSOLUTAMENTE pensare che un Concilio ci insegni il falso, altrimenti dovremmo pensare che quando Cristo ha promesso agli apostoli quello Spirito che avrebbe condotto la Chiesa alla pienezza della verità, l’ha ingannata. Potremo mai, come cattolici, supporre una cosa del genere?

Per quanto riguarda altri passi di carattere pastorale che ritengo discutibili o addirittura sbagliati, evidentemente non c’è spazio qui per elencarli. Mi permetto di rimandare al mio libro “Progresso nella continuità”, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2011.

 

P. Giovanni Cavalcoli, OP

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