di p. Serafino M. Lanzetta, FI
Il Battesimo del Signore è una delle tre epifanie del Figlio di Dio. La prima è quella ai Magi, poi questa nel fiume Giordano e infine quella a Cana. In tutti e tre questi momenti Gesù si svela quale Figlio di Dio Salvatore. Nel Giordano, il giorno in cui il Figlio entrò nelle acque, si realizzò l’epifania della SS. Trinità: una voce dal cielo, il Padre, che attesta che quel Gesù di Nazaret è il suo Figlio diletto; lo Spirito di Dio che scende su di lui sotto forma di colomba. Lo Spirito che all’inizio della creazione del cosmo aleggiava sulle acque (cf. Gn 1,1) ora è sul Figlio, colui per mezzo del quale e in vista del quale tutto è stato fatto (cf. Eb 1,2 e Col 1,16). Lui, il Cristo ora toccando le acque e istituendo inizialmente il Sacramento del Battesimo è veramente colui che santifica la creazione, la rinnova. Il Signore, infatti, istituirà il Sacramento del Battesimo per la nostra salvezza, perché lavati dal peccato, in Lui diventassimo figli di Dio per la vita eterna. Cristo nel Giordano ci apre la porte della vita vera ed eterna, che ci raggiungerà grazie al S. Battesimo. Tre sono i testimoni del Figlio: lo Spirito, l’acqua e il sangue, e questi tre sono concordi nell’attestare che Cristo è il Redentore e il Signore (cf. 1Gv 5,8). L’acqua e il sangue scaturirono dal costato trafitto di Gesù sulla Croce e lo Spirito Santo, ora disceso su di Lui, fu dal Figlio soffiato alla sua morte e mandato sulla Chiesa a Pentecoste. Acqua, sangue e Spirito fanno i Sacramenti della Chiesa, quei mezzi di salvezza istituiti dal Cristo per la nostra salvezza. Di questa il Battesimo è la porta.
Il Sacramento del Battesimo è necessario alla salvezza. Senza il Battesimo, ordinariamente, non c’è salvezza. L’ha insegnato il Signore stesso, in un passaggio poco e raramente ricordato dai predicatori: «Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà, sarà condannato» (Mc 16,16). A nulla vale dire che si tratta della finale di Marco per ignorare la vera posta in gioco. Certo vi è anche un Battesimo di desiderio (accanto al Battesimo di sangue o martirio), o meglio il desiderio del Battesimo, salvifico nella misura in cui, in retta coscienza, l’uomo che non ha conosciuto il Vangelo desidera il vero Dio, la verità e quindi la salvezza. Il desiderio del Battesimo è salvifico in ragione del Sacramento del Battesimo – di qui trae la sua efficacia salvifica straordinaria – e quindi della volontà salvifica universale di Dio, divenuta visibile e tangibile nel Figlio e nei Sacramenti del Figlio. Il desiderio del Battesimo, quindi, mentre ci ripete con S. Cipriano che fuori della Chiesa non c’è salvezza, ovvero fuori del Corpo sacramentale e vivente del Signore, non elude la necessità del Sacramento del Battesimo e il dovere della Chiesa di essere missionaria fino ai confini del mondo. La Chiesa è chiamata dal suo Signore ad evangelizzare tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo: il Dio Unitrino, che si rivela nel giorno del Battesimo del Signore.
Un «cristianesimo anonimo» fu la soluzione molto affrettata di K. Rahner per risolvere il problema pastorale dell’ateismo occidentale, più che il problema della scarsezza dei missionari: l’uomo, in quanto tale, sarebbe già cristiano, confondendo però il desiderio implicito del Battesimo con la conoscenza esistenziale e universale dell’essere.
In realtà, il desiderio del Battesimo è sì salvifico, ma non sostituisce i Sacramenti, via ordinaria, ma ancor più, via sicura per la salvezza, e oltretutto dono del carattere sacramentale: il sigillo dei Figli di Dio riconoscibili in eterno.
Oggi purtroppo assistiamo sempre più ad una richiesta insulsa di essere sbattezzati. Perché chiedere di essere cancellati dal registro dei battesimi – ciò che significa propriamente sbattezzo –, quando per non credere basta escludere la fede e non praticarla? Ciò è in realtà sintomo di un grave vuoto culturale della nostra società: in una cultura occidentale senza più un volto si chiede non solo di non credere più ma anche di non appartenere più alla Chiesa, rinnegando però le proprie origini, il dono dei miei genitori e quindi indirettamente anche i miei stessi genitori. In una parola, si tratta del rinnegamento delle proprie radici. Ma un uomo senza radici è un uomo senza futuro; un uomo in balia di qualsiasi vento, come una canna sbattuta di qua e di là. Soprattutto oggi, in una società in cui manca sempre più la famiglia, viene meno la propria consapevolezza identitaria. Rinnegare le proprie radici cristiane è poi il sintomo ultimo del rinnegamento di se stessi fino in fondo, del rinnegamento della mia cultura e della mia possibilità di vivere anche domani.
Non pochi genitori poi oggi dicono: «Non voglio battezzare mio figlio. Aspetto che diventi maturo perché decida lui cosa fare della sua fede e della sua religione». Potremmo però chiedere a questi genitori, animati da un vuoto concetto di libertà: scegliere il proprio desiderio, e non più il bene, se hanno chiesto ai lori figli il consenso ad essere concepiti e a venire nel mondo. Se un genitore non dà al figlio quel bene che veramente conta e fa grandi, cosa sarà capace di donargli?
La vita è un dono e il Battesimo è il dono soprannaturale della pienezza della vita. È la vita in pienezza, la vita eterna. Una riflessione cristiana sul dono inestimabile del Battesimo, la nostra eterna salvezza, può aiutare la società a ritrovare se stessa, a ridiventare cristiana nella sua più profonda identità umana, e la Chiesa a non perdere di vista questo mistero grande di cui è preziosa depositaria e per il quale è Madre incorruttibile, sempre vergine.