Premio Acqui Storia 2011: una nuova battaglia di Cefalonia?
di Gianandrea de Antonellis
La battaglia di Cefalonia del 1943 vide la divisione Acqui battersi valorosamente, ma venir sconfitta e decimata anche a causa al mancato intervento del comando alleato angloamericano, che impedì alla stessa marina militare italiana qualsiasi tipo di soccorso ai nostri soldati impegnati a combattere nell’isola greca. Nel 1968, venticinque anni dopo gli eventi bellici, a memoria della battaglia e della tragica fine di quella divisione che portava il suo nome, la cittadina piemontese di Acqui Terme istituì un premio letterario dedicato alla storiografia, il più rinomato in questo settore (si fregia dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica), anche perché la sua giuria principale è composta da storici professionisti.
Abbiamo detto “giuria principale” perché, nel corso degli anni, il premio è cresciuto creando una sezione dedicata alla divulgazione storica ed una al romanzo storico, nonché il premio speciale “Testimone del Tempo” ed il riconoscimento “La Storia per immagini”.
Quest’anno la giuria della sezione storico-scientifica, composta dai docenti universitari Massimo de Leonardis, Aldo A. Mola, Giuseppe Parlato, Francesco Perfetti, Gennaro Sangiuliano e presieduta da Guido Pescosolido, ordinario di storia moderna alla Luiss e all’Università La Sapienza di Roma (in cui è anche preside della facoltà di Lettere e Filosofia) ha indicato per la cinquina finale le opere di Luigi Compagna (Theodor Herzl. Il Mazzini d’Israele, Rubbettino), di Federica Saini Fasanotti (Etiopia 1936-1940. Le operazioni di polizia coloniale nelle fonti dell’esercito italiano, Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito), di Nicholas Werth (Nemici del popolo. Autopsia di un assassinio di massa. Urss, 1937-38, Il Mulino), di Gianni Marongiu (La politica fiscale dell’Italia liberale dall’Unità alla crisi di fine secolo, Olschki) e di Roberto de Mattei (Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, Lindau).
Soffermiamoci su questo punto. La motivazione della scelta del saggio di de Mattei cita la completa ricostruzione del Concilio in una prospettica storiografica «attenta anche al contesto generale dell’epoca e non solo alle vicende ecclesiali e teologiche, queste ultime peraltro trattate con grande competenza», ma è soprattutto attenta alla tesi centrale del saggio: la critica dell’adeguamento della Chiesa cattolica alla modernità proprio alla vigilia della crisi di essa. Una impostazione spesso non gradita nelle alte sfere del mondo ecclesiastico.
Per ora, in attesa della votazione per il titolo finale, de Mattei incassa una prima vittoria: essere inseriti nella cinquina di un premio prestigioso come l’Acqui Storia è già una vittoria (il discorso vale anche per l’ingresso in tutte le selezioni finali, dallo Strega al Campiello – ed il saggio di de Mattei è anche nella cinquina del Premio Pen).
All’orizzonte si profila un duello tra il saggio su Theodor Herzl ed il lavoro sul Vaticano II: un evento che in altri tempi avrebbe potuto essere vissuto come lo scontro culturale tra mondo religioso e laico. Ma non in questo caso.
Infatti, se il saggio di Compagna sul fondatore del sionismo (per di più paragonato a Mazzini – e questo nel 150° anniversario dell’Unità italiana!) godrà logicamente dell’appoggio di numerosi settori del mondo laico (compresi i rappresentanti della cultura ebraica e massonica), de Mattei non potrà certo contare sull’appoggio delle istituzioni religiose, che hanno già cercato di minimizzare (è un eufemismo, in realtà dovremmo scrivere “stroncare”) una storia del recente passato che un certo mondo cattolico preferisce, evidentemente, non mettere più in discussione. Insomma, il saggio in questione non verrà sostenuto dallo stato maggiore ecclesiastico. Proprio come avvenne alla divisione Acqui nel 1943, anche se con la speranza di un esito diverso, visto che questa “storia mai scritta” ha suscitato l’interesse di tanti lettori laici.