di Patrizia Fermani
La rimozione di Burke dalla Congregazione dei Vescovi ha gettato nello sconcerto quanti, impegnati in una dura battaglia in difesa della vita, vi leggono un ammonimento definitivo a non coltivare illusioni sulla direzione assunta dalla nuova amministrazione vaticana.
Ma vi sono altri ancora restii a leggervi la prova più eloquente dello smantellamento della dottrina cattolica, della Chiesa e del suo Magistero.
In parte sono quanti hanno continuato ostinatamente a consolarsi con interpretazioni persino surreali di detti e fatti del nuovo eletto al Soglio pontificio, a dir poco eterodossi. Come il marito che, non volendo ammettere di essere stato abbandonato da una moglie infedele, pensa che sia solo uscita a fare la spesa. Costoro non hanno sentito il disagio per la scelta superba del nome, per la manifesta demagogia populista, per la carità previa convocazione di telecamere, per quella modestia ostentata che solitamente rivela un ego smisurato, per il rifiuto sgarbato di forme significative e sempre rispettate dai predecessori. E soprattutto per lo stravolgimento dei contenuti dottrinali.
Una delle affermazioni più ricorrenti di chi si rifiuta di vedere lo smantellamento del cattolicesimo e la abolizione del Magistero della Chiesa è che il nuovo corso sia una strategia diversiva iniziale volta ad accattivare le simpatie mediatiche e laiciste. Come se una investitura di origine divina dovesse soggiacere alle regole di marketing che sole sorreggono il successo di un qualunque candidato alla Casa Bianca.
La tanto attesa riaffermazione della immutabile dottrina cattolica non solo non è avvenuta, ma sono venuti, fortissimi, i segnali capaci di accantonarne definitivamente la forza cogente attraverso lo svuotamento del concetto stesso di Magistero; non ultimo per importanza, appunto, la uscita forzosa del Cardinale Burke dalla Congregazione dei Vescovi.
Nella Dottrina Cristiana composta da Roberto Bellarmino per ordine di Clemente VIII si legge che “credere è tenere per certo ed infallibile quanto Dio ha detto, ha insegnato e rivelato alla Santa Chiesa Cattolica la quale lo propone a noi” e che “chi non credesse anche una sola delle cose proposte da credere dalla Chiesa farebbe un gravissimo peccato di eresia”.
Il vicario di Cristo, che ha avuto finora il compito di tenere ferma la dottrina cattolica sia come custode diretto sia attraverso i Vescovi consacrati a guidare il gregge seguendo il Pastore Universale, ha rinunciato al proprio ruolo di guida. Ha deciso che non fosse più caritatevole portare tutti su un’unica via e che si dovesse lasciare a ciascuno la libertà di seguire vie proprie perché l’uomo è ormai maturo per sapere scegliere la strada giusta. Il compito del pastore è solo quello di comprendere che l’uomo è esposto alla sofferenza e che perciò va assecondato e compreso, e non oppresso dal peso di regole che aggravano la sua condizione umana. Dunque vengono a cadere due capisaldi del cattolicesimo: la indefettibilità della Legge divina e la indefettibilità della sua proclamazione da parte del Pastore universale. La conseguenza evidente è che se qualcuno potrà continuare a seguire la strada tracciata dalla Fede per profonda convinzione personale della sua verità, il Magistero della Chiesa, cioè la Chiesa, non ha più ragione di esistere se non per sbrigare le pratiche di smantellamento delle proprie strutture.
Intanto, è stato formulato il concetto chiave che dovrebbe reggere da solo la nuova Chiesa. Siano aboliti la Legge e i Profeti, perché ora tutto si deve reggere su un unico comandamento, quello dell’amore.
Il che equivale a dire che d’ora in poi tutto si regge sul nulla, perché l’amore non è stato raccomandato da Cristo in sostituzione della Legge, ma come significato da attribuire ad essa. La Legge è frutto dell’amore di Dio per l’uomo, che senza la Legge è in balia del nemico, ed essa va osservata per amore di Dio.
Sul presupposto stravagante che il comandamento dell’amore invece di sostanziare sostituisca tutti gli altri, questi vengono aboliti insieme alla fatica di insegnarli e a quella ancora più ingrata di farli osservare. Ma, e questo è l’aspetto più inquietante, se non si crede più alla cogenza della legge divina ma soltanto a quella di volta in volta trionfante fra gli uomini, è ovvio che non ci si possa sacrificare per qualcosa in cui non si crede. Come conciliare questo disimpegno con il mandato a diffondere e a testimoniare la fede? Basta ricorrere ancora all’amore che non solo tutto scusa, ma che tutto anche assolve, compreso il male subito. La famosa altra guancia solleva anche dal dovere di legittima difesa dopo avere cancellato il dovere di combattere.
Che senso ha ora il mandato di evangelizzazione? Neppure la vendita porta a porta prevede che non ci si esponga al pericolo di essere male accolti o di avere una porta sbattuta in faccia.
Il nuovo lessico è composto di parole vuote di contenuto, o meglio, con un unico contenuto indifferenziato, poiché tutte significano una sola cosa: non c’è più nulla che deve essere insegnato, non c’è più nulla che deve essere obbedito, l’amore serve a sollevare me dall’osservanza e dalla fatica di combattere per una verità che non esiste.
La nouvelle vague dell’amore senza regole ha già invaso le sagrestie e viene sbandierata con malcelato trionfalismo dagli amboni. Comporta l’abolizione dell’errore, quindi della colpa e della penitenza. Applicata agli altri si chiama perdono e assicura a tutti l’impunità. Anche la Confessione non ha più ragione d’essere e i penitenzieri potranno dedicarsi proficuamente alla posta del cuore.
Una forma ingegnosa e infallibile per l’autoannientamento prossimo venturo.
In questo quadro il licenziamento di Burke assume uno straordinario significato. Da un lato, sta a significare l’abbandono della dottrina della Chiesa che è dimissione della Chiesa stessa e del Magistero, come si diceva sopra.
Dall’altro, ecco però che c’è chi già si dà da fare perché il licenziamento di Burke non getti ombre sulla nuova chiesa, e a questo scopo propone di ricorrere al perdono e all’obbedienza sull’esempio di S. Francesco che invitava ad accettare in letizia anche le offese.
Il tentativo è generoso, ma inficiato da un irrimediabile errore logico. Anzitutto, se si parla di perdono significa che si riconosce la colpa, o l’errore. E siccome c’è in ballo il primo dei principi non negoziabili che attiene al principio primo della fede in Dio creatore e nel Figlio Unigenito, si riconosce che è stato attaccato proprio il fondamento primo della fede da chi ne dovrebbe essere il supremo custode.
In secondo luogo, l’invocazione del perdono è senza significato perché lo si può offrire solo al proprio offensore: io perdono chi mi ha offeso perché lo riconosco magnanimamente parte della mia stessa umanità dolente e caduca. Ma di certo non mi compete perdonare l’offesa recata ad un terzo, che è il solo a poter decidere il perdono. Così come non mi compete assolvere il terzo dalla osservanza della legge al quale egli è tenuto, perché della legge può disporre solo il Legislatore.
Più in generale, chiunque dovrebbe ricordare come un credo religioso non possa essere un affare privato che si gioca soltanto sui rapporti personali come una qualunque relazione umana, di amicizia, di affetto, di stima, di passione amorosa e via discorrendo. Il credo implica un contenuto, un oggetto che lo qualifica e lo distingue. Si crede in quello che Dio ci ha insegnato e che affratella con quanti sono stati educati allo stesso insegnamento comune che solo fa dei discepoli una comunità di discepoli.
La fede o è il credere in un deposito di verità, o non è. E poiché all’origine sta il Verbo, cioè la volontà del Dio incarnato, l’amore senza questa verità è una scatola vuota che puoi riempire anche della sostanza più pericolosa.
Qualcuno ricerca disperatamente un motivo per non ammettere che la Chiesa è stata privata anche ufficialmente, dopo un lento ma inesorabile smottamento messo in moto dai suoi demolitori interni, del suo ruolo di governo del popolo fedele.
Il licenziamento di Burke ne è l’occasione involontaria. C’è chi si ostina a non volervi leggere l’abbandono della lotta contro l’aborto, e dice che esso sia dovuto ad “altra causa”, senza che venga indicata quale. Affermazione quasi offensiva, perché delle due l’una : o il provvedimento è stato preso in odio alle battaglie valorose del Cardinale, allora la sua rimozione getta una ombra inquietante sull’autore del provvedimento; oppure si insinua che la causa sia appunto un’altra, non altrettanto edificante per la vittima, che viene lasciata irresponsabilmente alla fantasia del lettore non sempre animato dallo spirito di amore proprio dei cristiani liberati dalle spire della dottrina cattolica.
Dove poi abiti oggi il cattolicesimo è questione che diventa sempre più difficile da risolvere.
Il cardinale Ottaviani disse un giorno che pregava Dio di poter morire prima della chiusura del Concilio, in modo da morire cattolico. Non fu esaudito.
Anche molti di noi sono nati cattolici, ma rischiano di perdere la speranza di morire tali.
17 commenti su “Il licenziamento del Cardinale Burke per “altra causa” – di Patrizia Fermani”
Puntuale ed importante analisi! sta per cadere l’impostura inscenata dal modernismo: la sua pretesa di porsi come una versione del cattolicesimo ad un tempo più fedele alle origini e più consona ai tempi si rivela come un inganno diabolico. il modernismo installatosi ai vertici non soffre alcuna opposizione e si rivela per quello che è: una neo religione nichilista che esige di essere riconosciuta come il credo ufficiale della Chiesa e quindi si rivolge – per annientarli – contro i refrattari, siano essi ordini religiosi, presuli o centri culturali. Con l’aiuto del cielo noi non ci faremo rubare la fede
Ma, che dire altro di una guida del gregge che è stato proclamato uomo dell’anno da una rivista omosessuale americana, per quella frase a dir poco sconcertante sull’aereo nel viaggio di ritorno dalla GMG in Brasile. Basta e avanza per dire che siamo sulla via della distruzione della vera Chiesa di Cristo fondata sulla roccia e non sul compromesso con il mondo e il suo relativismo. Che Dio ci aiuti..
“Chi sono io per giudicare” ai miei orecchi è sembrata una frase profanante, per due ragioni:
– la prima, sei il Papa, hai il dovere di guidare il gregge, e di offrire discernimento;
– la seconda, sei un essere umano, e non puoi offendere Dio rinnegando la tua capacità di raziocinio, e quindi di giudizio.
Spero di sbagliarmi.
Dobbiamo morire cattolici come siamo nati. E ciò indipendentemente da parole in libertà. Il Magistero infallibile esiste, il Deposito della Fede anche, e, dunque, la speranza non può venir meno.
Dopo oltre sei ore di pronto soccorso (fortunatamente con esito positivo),tornare a casa e leggere un’analisi di questo genere non fa certo piacere, come non mi hanno fatto certamente piacere i poverissimi paramenti indossati dal Vescovo di Roma nella Messa della notte di Natale. Come se quella non fosse una solennità da celebrare nel tripudio anche delle vesti perché il Bambino Gesù che si è degnato di nascere in mezzo a noi, ci ha portato la salvezza e la possibilità della vita eterna. Lui e nessun altro.
Dobbiamo tutti pregare molto affinchè il card. Burke trovi la forza interiore per parlare e mettersi alla guida di chi vuole resistere a questa drammatica deriva dottrinale, morale e liturgica.
Eminenza, Le rivolgo un appello: abbiamo bisogno, come laici impegnati, di un uomo di Chiesa autorevole che ci guidi in questa notte oscura. Non ci lasci soli.
….bisogna che glielo si dica…che si faccia rete con altri cardinali e vescovi buoni… Il problema, penso, è che non ci sono elementi forti su cui battere, il semplice cambiamento di stile pontificio non è sufficiente…
Eminenza, Le rivolgo un appello: abbiamo bisogno, come laici impegnati, di un uomo di Chiesa autorevole che ci guidi in questa notte oscura. Non ci lasci soli.
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Dice bene gentile Marco Bongi…dice bene…. manca però il coraggio e l’ accortezza di cercare laddove ci sono veramente Santi Sacerdoti, che malgrado tante sofferenze e disagi continuano fare resistenza agli errori usciti dal concilio pastorale vaticano II, il quale ha provocato un lungo inverno della Fede.
Credo che in questo momento la mia, la nostra sofferenza sia niente in confronto a quella del Papa Emerito, quel Benedetto XVI che è stato l’ultima Guida ferma e sicura in tempi di feroce assalto modernista alla Chiesa di Roma.
Sono d’accordo anche se è difficile non pensare a quanto abbia anch’egli contribuito a quel CVII che ha astutamente sottominato i fondamenti Cattolici! Ma siccome errare humanum est, credo che abbia mollato quando si è accorto del disastro… e il perdono di Dio può essere anche un istante solo prima di morire: ergo oggi forse è un Papa diverso, forse l’unico probabilmente vero. Uso il “forse” perchè non voglio giudicare.
E credo abbia lasciato un testamento “nascosto”, nelle letture del 28 febbraio, ultimo suo giorno di pontificato:
Ger 17,5-10
“Maledetto chi confida nell’uomo; benedetto chi confida nel Signore.”
e dal NT l’episodio di Epulione e Lazzaro, unicamente riportato dal Vangelo secondo Luca (e quindi ancor più importante per la sua unicità):
Lc 16,19-31
“Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti…. Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”
A buon intenditor poche parole…
E’ il cardine che scricchiola, un pensiero maggioritario non cattolico prevale nella chiesa, ma resta sempre un’ etnia sui generis, che conserva la fede, detto da Paolo VI. Avanti con coraggio. Leo Aletti
Stiamo vivendo nel vero “medio evo” dei valori non negoziabili, ma forse l’Umanità con i suoi peccati si è meritata tutto questo.
Speriamo nella clemenza dell’Altissimo e nel nostro riscatto.
Quanta tristezza ma è vero, ce lo siamo meritato ed infatti il popolo applaude con la massa di chi parla dagli amboni, invochiamo la giustizia e che il lupo si riveli per ciò che è in modo crudo affinché si aprano gli occhi a chi vuol fingere che è tutto normale davanti a Dio per paura di perdere il posto, e pensare che dovremmo essere tutti servi inutili dopo aver fatto il nostro dovere. Ma non ragionano questi predicatori di amore “sotto costo”? Gesù ha detto “non sono venuto ad abolire la legge ma a completarla”. Qui aboliscono il Vangelo in toto , il peccato “se è il mio bene” fa andare meglio il mondo : “basterebbe questo per fare andare meglio il mondo”. Preghiamo perché Gesù torni presto e ci dia la forza di esserGLI fedeli a costo del martirio, i tempi sono questi.
Come nano sulle spalle di un gigante, cogliendo fior da fiore, mi avvalgo della prosa chirurgica e adamantina di Romano Amerio per catturare ammirato la folgore severa della Signora Fermani: “Questo annuncio del principio della misericordia contrapposto a quello della severità sorvola il fatto che, nella mente della Chiesa, la condanna stessa dell’errore è opera di misericordia, poiché, trafiggendo l’errore, si corregge l’errante e si preserva altrui dall’errore. Inoltre verso l’errore non può esservi propriamente misericordia o severità, perché queste sono virtù morali aventi per oggetto il prossimo, mentre all’errore l’intelletto repugna con un atto logico che si oppone a un giudizio falso. La misericordia essendo, secondo S. theol., II, II, q. 30, a. 1, dolore della miseria altrui accompagnato dal desiderio di soccorrere, il metodo della misericordia non si può usare verso l’errore, fatto logico in cui non vi può essere miseria, ma soltanto verso l’errante, a cui si soccorre proponendo la verità e confutando l’errore. Il Papa (Giovanni XIII, nota mia) peraltro dimezza un tale soccorso, perché restringe tutto l’officio esercitato dalla Chiesa verso l’errante alla sola presentazione della verità: questa basterebbe per sé stessa, senza venire a confronto con l’errore, a sfatare l’errore. L’operazione logica della confutazione sarebbe omessa per dar luogo a una mera didascalia del vero, fidando nell’efficacia di esso a produrre l’assenso dell’uomo e a distruggere l’errore” (Romano Amerio, Iota unum, Fede & Cultura).
Cinquant’anni di faville teologiche e pastorali, scaturenti dai falò da lunga pezza accesi lungo il Reno e tra le radure delle Ardenne, di corse a perdifiato dei novatores, tra le aiuole relativiste e les étangs iréniques del nuovo eden postconciliare, consegnano alla mensa dell’ospedale da campo globale, una lorda pignatta di brodo insipido, rancido, maleodorante. Soffriamo come soffre chi ha speranza. Ma fino a quando?
La rinuncia di Ratzinger
La rinuncia al pontificato da parte di Benedetto XVI “è una scelta che ha segnato quest’anno e continuerà a segnare anche le prossime epoche della Chiesa”, ha inoltre aggiunto padre Lombardi “essa avrà sue conseguenze per quanto riguarda i prossimi Pontificati”. “È un’ apertura di una strada, diciamo di una possibilità, che, come diceva bene Benedetto, proprio nella sua motivazione alla rinuncia, è connessa anche ai tempi che noi stiamo vivendo. Non tanto, quindi, ad una sua semplice situazione personale, quanto alla collocazione nei tempi con l’accelerazione, l’accumulo dei problemi che pongono”. “E questo è stato visto dal Papa con grande lucidità e con grande umiltà, proprio per dare la possibilità di una guida, che lui ha definito di rinnovato vigore, alla Chiesa.
da vatican insider
Grazie di cuore, Patrizia, per la lucidità e per la fermezza.
L’orizzonte si fa sempre più oscuro. Preghiamo perchè la Luce dello Spirito tenga viva la fede del suo popolo fedele.
(… ìntanto a Roma, il sindaco “illuminato” ha fatto mettere le luminarie arcobaleno … )
I cattolici legati alla tradizione della Chiesa Cattolica hanno bisogno di Cardinali, Vescovi e Sacerdoti come Burke. Ve ne sono tanti. Una santa disobbedienza fa molto più bene alla Chiesa di un ossequio ipocrita.
Non sono più tollerabili farse come quella che si è celebrata nella Chiesa del Gesù in Roma durante le esequie del trans sudamericano.
Luxuria non può diventare il guru della nuova evangelizzazione