Premessa
Ringrazio Riscossa Cristiana per la pubblicazione del seguente mio scritto, che era stato proposto per il Messaggero di Rieti. I fatti a cui alludo sono ormai ben noti, avendone parlato la stampa. Si tratta del fatto che il Vescovo di Rieti, in occasione del recente Natale, proibì la costruzione del presepio in cattedrale. Perchè riproporre adesso uno scritto relativo ad un fatto che, in certo modo, non è più di attualità? Perchè in realtà un episodio di questo genere va ben oltre la sua fattualità contingente e suscita seri interrogativi circa la situazione ecclesiale non solo di Rieti, ma a ben più largo raggio. Per esempio, dopo la notizia dell’empio spettacolo di Castellucci, viene spontaneo fare un doloroso accostamento: da una parte si insulta il Volto di Nostro Signore e dall’altra, per ordine di un Vescovo, si proibisce in cattedrale l’espressione di una veneranda e secolare tradizione popolare che rende omaggio alla nascita di Nostro Signore.
di P. Giovanni Cavalcoli, OP
la Cattedrale di Rieti
Il mancato presepio in Cattedrale, proprio nella Diocesi dove a Greccio S.Francesco istituì il presepio, è certamente un fatto sorprendente e conturbante, considerando anche le motivazioni non convincenti e pretestuose fornite dal periodico diocesano. L’impressione che si trae, come osserva Socci, è quella di un influsso protestante, forse frutto di un malinteso ecumenismo alla Kasper, che incredibilmente si sta diffondendo nei Vescovi. La risonanza sfavorevole nella stampa e nei media certamente non andrà a beneficio della vostra Diocesi, e può darsi che spinga il Vescovo a riflettere e a rendersi conto d’aver sbagliato.
L’articolo di Socci è fatto bene. Questo incidente servirà, tenendo conto anche delle parole del Papa, ad una rinnovata presa di coscienza della preziosità della tradizione del presepio, anche se essa non è una pratica obbligatoria neppure per noi cattolici; è vero che ci sono delle pratiche più importanti; ma il più importante non sopprime l’importanza del meno importante.
Questo malinteso “andare all’essenziale” scarnificando la concretezza del vivere cristiano è tipico del rigorismo astratto e disumano del protestantesimo, che poi, al lato pratico, è ben lontano dal rinunciare a godere dei piaceri di questo mondo, tanto Dio è buono e perdona. Anche il cuore e il cervello sono essenziali al corpo umano, ma questo non significa che per vivere non occorrano anche il fegato e i reni e al limite le unghie e i capelli.
Come d’altra parte sappiamo, nel protestantesimo, soprattutto quello liberale, come quello del Bultmann (fonte di Rahner), i racconti evangelici dell’infanzia di Gesù sono considerati favolistici e non attendibili.
Questa tendenza del resto è in perfetta linea col favore che ha tra i Vescovi il pensiero di Rahner, che in fin dei conti non è altro che una forma – e per lo più estremista – di protestantesimo liberale verniciato di cattolicesimo. Quello che sorprende è che proprio siano i Vescovi a scavarsi la fossa sotto i piedi. Immagino quanto Lutero sghignazzerà dall’oltretomba vedendo questo penoso spettacolo e prendendosi la vendetta del suo odio contro il Magistero della Chiesa, che, riconoscendo i di lui errori, a suo tempo lo ha scomunicato.
Altro segno sconcertante di questa tendenza filoprotestante è che il Papa viene lasciato da solo. Ma questo è un fenomeno che dura ormai da decenni, soprattutto dai tempi della tragedia dell’”Humanae Vitae” del 1968, che vide la ribellione al Papa di interi episcopati. Eppure sarà lo stesso Episcopato a riscuotersi da questo che come minimo si potrebbe chiamare torpore, e a correggersi tornando alla fedeltà al Papa, perchè i Vescovi uniti al Papa restano pur sempre i maestri della fede. Ed anche oggi naturalmente non mancano i buoni Vescovi.
Se dovessimo essere scettici circa l’autorità dei Vescovi in se stessa, dubitando magari anche del Papa come a volte fanno presuntuosamente i lefevriani, potremmo dichiararci cattolicissimi, ma in pratica cadremmo nella rete di Lutero e dei rahneriani, che appunto sopprimono il fondamento di diritto divino della Gerarchia ecclesiastica.
Bologna, 12.1.12