Il nuovo spirito di Assisi. Economy of Bergoglio & friends

Sotto il marchio “The Economy of Francesco”, si è tenuto nella sede virtuale di Assisi dal 19 al 21 novembre  “L’evento internazionale online: Giovani, patto, futuro”. Qualche riflessione a margine.

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Partiamo da un presupposto: senza una perfetta e personale conversione a Cristo non c’è sistema economico che possa funzionare decentemente. Di contro, se tutti fossimo perfettamente convertiti potrebbe funzionare egregiamente qualunque sistema economico.

La persona che suo malgrado risiede dall’altra parte dello specchio mi provoca: Beh, passi la prima affermazione, ma questa poi! Anche il comunismo funzionerebbe? Anche il capitalismo?

Attendo un attimo, fingendo l’immersione in profondissimi pensieri per aumentare l’aspettativa. “Certamente”, rispondo al triste figuro. Certamente, ma forse non nel senso immediato che la risposta suggerisce. La risposta affermativa è dovuta al fatto che in un paese di persone perfettamente convertite non può aver luogo nessuna forma di perfetto comunismo, così come nessuna forma di perfetto capitalismo. Dove, sia chiaro, la perfezione delle due ideologie economiche è riferita alla comprovata nocività per l’uomo di cui sono portatrici, in specie proprio quando applicate pedissequamente.

Le due teorie ideologiche, in modalità differenti e più o meno esplicitamente, escludono l’apertura al trascendente (in particolare la prima), e la necessaria sottomissione dell’uomo a leggi superiori (in particolare la seconda). Come si intuirà, la differenza invero è più che altro apparente.

In entrambe, lo ha esposto mirabilmente Hilaire Belloc, i mezzi di produzione finiscono nelle mani di pochi proprietari, e la libertà confiscata. Nel caso del capitalismo i proprietari saranno pochi privati che formeranno un oligopolio tanto più potente quanto meno barriere saranno poste dagli stati nazionali. Nel caso del comunismo si tratterà di pochi funzionari pubblici fedeli al partito; di fatto sempre una manciata di persone, anch’essa tanto più potente quanto meno ostacoli vi saranno all’internazionalizzazione dell’idea. 

Quindi rispetto ai cattolici di Assisi e a quelli invece fiduciosi del capitalismo come ti posizioni?

Mi pongo in una posizione dialogante, quasi ecumenica oserei dire, perché sono d’accordo sia con gli uni che con gli altri. Con gli uni (quelli di Assisi), quando affermano che il sistema attuale, sostanzialmente capitalista, non sta dando bella prova di sé (o forse la sta dando fin troppo) e ci sarebbe bisogno di un ripensamento, di una messa in discussione di alcuni fattori.

Sono nondimeno d’accordo con gli altri (quelli liberisti) quando sostengono che senza la conversione personale all’unica vera fede non si va da nessuna parte, e il sistema che ne uscirà non sarà che l’ennesima orribile utopia. Sottolineando, se ce ne fosse bisogno, che la vera conversione qui intesa non ha nulla a che vedere con quella “conversione ecologica” che tanti fedeli lascia comprensibilmente sgomenti.

Ha ragione chi ritiene che l’abitudinario “si è sempre fatto così” sia un pensiero debole, ma sarebbe più completo se ricordasse anche che la ricerca spasmodica della novità, del “non si è mai fatto così, per cui di sicuro è meglio”, sia spesso in misura ancor minore garanzia di cosa buona e giusta. Il primo sembra sulla buona strada quando sostiene che “urge una diversa narrazione economica”, ma qualche problema sorge se s’intende questa nuova narrazione corrispondente a quella di Jeffrey Sachs, il maestro di “sviluppo sostenibile”, “crescita inclusiva”, “felicità globale”, tutte cose sulla carta bellissime, se solamente non fossero formule esteticamente accettabili che nascondono ben altri indicibili progetti. Sachs, per capirci, è quello che nel suo libro Il bene comune. Economia per un pianeta affollato “ha lanciato un appello per legalizzare l’aborto come un modo conveniente per eliminare i “bambini indesiderati” quando la contraccezione fallisce”.

Sarà questa la “mistica del bene comune” che ci ha invitato a riscoprire chi ha tirato le somme concludendo l’evento economico multicolor e covid-free di Assisi, guardandosi bene dallo specificare cosa intendeva? Perché la tattica, ormai la conosciamo bene, sembra proprio questa: gettare sul piatto suggestive espressioni come “cultura dell’incontro”, “avviare processi, tracciare percorsi, allargare orizzonti, creare appartenenze” e “mistica del bene comune”, lasciando che a fare il lavoro sporco, ovvero riempire queste vuote parole di contenuti aberranti, sia gente come Sachs.

Concordo con i simpatizzanti liberisti quando promuovono una società meritocratica in cui chi voglia migliorare la propria condizione sociale debba arrotolarsi le maniche e darsi da fare senza aspettarsi che la manna cada dal cielo. Nondimeno c’è da considerare che vi debbano essere le condizioni strutturali basilari a far sì che ciò sia reso possibile alla maggior parte di coloro che ne abbiano l’intenzione, le capacità, la spinta; tenendo presente che non si può ambire a salvare il mondo intero quando già è parecchio complicato far funzionare le cose a casa propria. Perciò è da considerare seriamente la costruzione di muri, metaforici e non, dove sia necessario; oltre ad abbattere ponti con quelle società che si manifestino incompatibili non tanto con i valori occidentali (che non si sa bene quali siano), quanto con la civiltà cristiana di un tempo che fu. Siamo d’accordo, d’accordo con tutti, anche se forse queste ultime idee non le considerano né gli uni né gli altri.

Opportunamente, gli amici capitalisti hanno ben presente la praticissima teologia del peccato originale, che espongono alla base del loro sistema e come motore dell’agire umano al fine del proprio interesse e collateralmente di quello del resto della società. La parte opposta su questo aspetto è indietrissimo, si dice progressista ma è rimasta in epoca pre-cristiana, vorremmo dire selvaggia: colpevolmente lo ignora, o dolosamente non ci crede. È pur vero che lo stesso peccato originale, ben impiegato dai capitalisti, disgraziatamente non si pone limiti, e non si ferma a ciò che torna essi utile ad avallare la loro idea, ma volentieri va oltre, consentendo al capitalista di diventare finanziere d’assalto, al dirigente di diventare un esoterico CEO, all’azienda di diventare multinazionale intergalattica, al prestatore di diventare usuraio, al bancario di provincia di diventare banchiere europeo o global investor. E “i padroni del mondo” si riducono sempre più di numero. Vuoi vedere che alla fine ne rimarrà solo uno?

I simpatici liberisti hanno ragione, ma perché il capitalismo non funziona in nessun luogo se non c’è dall’altra parte uno stato pesante a limitarne i danni e compensarne le storture? La qual cosa, tra l’altro, è sempre più complicata da fare viste le dimensioni dei colossi industriali, tecnologici o finanziari che movimentano cifre non più alla portata di molte nazioni.

Comunque siamo ancora d’accordo con i convenuti virtualmente in Umbria che sia assolutamente necessario “non separare l’economico dall’umano”, solo aggiungendo una modesta postilla secondo la quale ciò è integralmente inutile se poi si separa l’umano dal divino. E purtroppo non ci stupisce più che a non fare questo collegamento sia addirittura la chiesa (la Chiesa non potrebbe). Il “non separare l’economico dall’umano” a modo loro lo avevano messo in pratica anche Marx e i comunisti da una parte, anche Bernard de Mandeville, Adam Smith e i liberisti dall’altra.

Non separare l’economico dall’umano, né l’umano dal divino (quindi nemmeno l’economico dal divino) lo aveva fatto invece Leone XIII, che non aveva espresso un generico pietismo umanitarista verso le classi povere quando scriveva nella Rerum Novarum: Defraudare poi la dovuta mercede è colpa così enorme che grida vendetta al cospetto di Dio.

E quando parlava di Carità come “regina delle virtù sociali” non intendeva certo un insipido buonismo assistenzialista: Ciascuno faccia la parte che gli spetta e non indugi, perché il ritardo potrebbe rendere più difficile la cura di un male già tanto grave. I governi vi si adoperino con buone leggi e saggi provvedimenti; i capitalisti e padroni abbiano sempre presenti i loro doveri; i proletari, che vi sono direttamente interessati, facciano, nei limiti del giusto, quanto possono; e poiché, come abbiamo detto da principio, il vero e radicale rimedio non può venire che dalla religione, si persuadano tutti quanti della necessità di tornare alla vita cristiana, senza la quale gli stessi argomenti stimati più efficaci si dimostreranno scarsi al bisogno.

È da questa enciclica, grazie a due intellettuali del calibro di Chesterton e il citato Belloc, che nel secondo decennio del secolo scorso prese l’avvio il tentativo di produrre un pensiero in materia economico-sociale attenentesi il più possibile alla dottrina cristiana e alla legge naturale, pensiero noto come distributismo, in base all’idea difficilmente aggirabile che Se soffri perché la proprietà è limitata a pochi, puoi modificare questo fattore del problema mettendo la proprietà nelle mani di molti, o mettendola nelle mani di nessuno. Non esiste una terza via.

Come accennato all’inizio, i due tipi di internazionalismo, quello presunto proletario e quello a noi oggi più familiare di tipo industrialista, infelicemente noto come globalismo, hanno lo spiacevole inconveniente, rispettivamente, di mettere la proprietà dei mezzi di produzione nelle mani di nessuno e di limitarla a sempre meno e sempre più distanti quanto inaccessibili centri di potere.

Ma non divaghiamo troppo; ho iniziato ecumenicamente, ed ecumenicamente vorrei concludere.

Ad Assisi, da ciò che s’è capito, è andato tutto secondo copione. Tutto bene, per carità, ma se posso fare un piccolo appunto ho avvertito solamente la trascurabile assenza di un aspetto: l’Essenziale.

Benissimo anche gli strenui critici di Assisi che hanno denunciato la pericolosità dell’ambientalismo, del malthusianesimo, e l’estraneità dell’evento dalla Dottrina Sociale della Chiesa (giusto un dettaglio, visto che il tema avrebbe dovuto essere proprio quello), ma se potessi avanzare anche a costoro una leggerissima perplessità nel fatto che il sistema in cui siamo immersi non sia esattamente il migliore dei mondi possibili o poco meno, per cui ci sia solo qualche lieve aspetto collaterale da migliorare, lo farei. L’ho appena fatto. 

3 commenti su “Il nuovo spirito di Assisi. Economy of Bergoglio & friends”

  1. Si certamente, è proprio così: il capitalismo ha funzionato bene assieme alla democrazia, sino a quando sia la proprietà che il potere erano frazionati, distribuiti fra numerose persone e ripartiti fra molte entità statali.
    Gli esempi storici parlano chiaro: le città greche e in modo diverso i liberi comuni italiani, sino a quando non si sono accumulate troppe ricchezze in mano di pochi e formate egemonie e piccoli imperi.

  2. Se i nostri Santi Padri vedessero cosa dicono e fanno i nostri preti vescovi cardinali Papi e teologi griderebbero all’apostasia e al tradimento e alla mancanza di fede … probabilmente griderebbero alla follia e all’anticristo … ma noi non diciamo nulla e facciamo tutti finta che sia normale … renderemo tutti conto a Dio per la nostra ipocrisia, per la nostra ignavia, per la nostra vigliaccheria, per la nostra meschinità … noi siamo peggio dei tedeschi che non vedevano gli Ebrei deportati dalla Gestapo entrare e uscire dal loro stesso palazzo. Noi festeggiamo la guerra del 25 aprile che cacciò i tedeschi e i nazi-fascisti dal suo italiano ma non prendiamo neppure uno stuzzicadenti per difendere i bambini e i vecchi nella nostra società … non è mai esistito un popolo così vile come il popolo europeo di oggi – in America sono un po’ più sani di noi, per questo ora è in atto una specie di guerra civile tra il popolo Americano e il popolo degli schiavi globalisti. Rdv
    Mons. Lefebvre:
    «Perché oggi i cattolici sono perplessi? In passato chi aveva la fede, sapeva esattamente cosa doveva credere e cosa doveva fare. Oggi i cattolici non lo sanno più. Nelle chiese si sentono dei discorsi che lasciano attoniti; si leggono dichiarazioni contrarie a ciò che da sempre era stato insegnato e il dubbio si è insinuato nella mente dell’uomo… Ecco che lo stesso Papa assiste alle cerimonie delle false religioni e predica nei templi di sètte eretiche. I fedeli non capiscono più nulla».
    L’edizione italiana di questo libro risale al 1987.

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