Il Padre Nostro sarà modificato e zuccherato. Trovato un frammento del I° secolo d.C. con la nuova versione? Purtroppo no – di Marco Tosatti

di Marco Tosatti

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Spero che il frammento di Vangelo, scritto in aramaico, greco e latino, come la Stele di Rosetta, in base al quale la Conferenza Episcopale Italiana discuterà come cambiare la preghiera più importante del cristianesimo si rivelerà autentico. Datato intorno agli ultimi anni del primo secolo, e magari, in assenza di registratori tanto cari ai gesuiti, con una firma, o almeno le iniziali di Gesù, il Cristo. L’esistenza di questo frammento o frammenti non è ancora stata resa nota, ma DEVE esistere; se no con quale improntitudine si oserebbe manomettere un testo vecchio di duemila anni, sempre considerato autentico e pregato in quel modo da infinite generazioni di cristiani? L’ultima, debole speranza è che nell’assemblea dell’autunno in cui si deciderà questo cambiamento: da “non indurci in tentazione” a “non abbandonarci alla tentazione”, posto che nel segreto dell’urna come ben sappiamo Dio ti vede, ma Galantino no, e papa Bergoglio neppure, in una resipiscenza di fede e orgoglio il voto sia “no”. Ma ahimè, siamo consci di quanto questo flebile desiderio sia illusorio.

Qualche tempo fa parlavamo di questo problema con don Nicola Bux. Ecco quello che ci spiegava quell’uomo dotto e saggio:

“Quanto alla traduzione della petizione “et ne nos inducas in temptationem”, ecco quanto scrive san Tommaso D’Aquino nel suo Commento al Padre nostro, dopo aver premesso che Dio ‘tenta’ l’uomo per saggiarne le virtù, e che essere indotti in tentazione vuol dire consentire ad essa: “in questa (domanda) Cristo ci insegna a chiedere di poterli evitare (i peccati), ossia di non essere indotti nella tentazione per la quale scivoliamo nel peccato, e ci fa dire: ‘Non ci indurre in tentazione’.”[…]. L’Aquinate poi, chiarito che la carne, il diavolo e il mondo tentano l’uomo al male, annota che la tentazione si vince con l’aiuto di Dio, in quale modo? “Cristo ci insegna a chiedere non di non essere tentati, ma di non essere indotti nella tentazione”[…].Infine, si chiede: “Ma forse Dio induce al male dal momento che ci fa dire: ‘non ci indurre in tentazione’? Rispondo che si dice che Dio induce al male nel senso che lo permette, in quanto, cioè, a causa dei suoi molti peccati precedenti, sottrae all’uomo la sua grazia, tolta la quale, egli scivola nel peccato. Per questo noi diciamo col salmista: ‘Non abbandonarmi quando declinano le mie forze'(Sal 71[70],9). E Dio sostiene l’uomo, perché non cada in tentazione, mediante il fervore della carità che, per quanto sia poca, è sufficiente a preservarci da qualsiasi peccato”.

Insomma, il “non indurci” era già problematico allora, ma non si pensava certo a manipolarlo inzuccherandolo, bensì forse a capirne un senso più profondo.

In quella stessa conversazione, don Nicola mi esortava a verificare alcuni dati (il che colpevolmente non ho fatto), che vi riferisco. E cioè se fosse vero che in Germania, contro la nuova traduzione, sostenuta dal Papa, avessero obiettato pure gli atei.; che i protestanti hanno già annunciato che non cambieranno nulla. Per non dire che, gli esegeti di ogni razza e colore, domandano se il Papa intenda cambiare anche l’originale greco del Nuovo Testamento (a cui corrisponde esattamente il testo latino).

Di recente i sacerdoti di Anonimi della Croce si sono occupati del problema. Citiamo un parte dell’articolo: “La parte a cui mi riferisco, tradotta e utilizzata per secoli, è proprio il versetto di Matteo 6,13a: “non ci indurre in tentazione”, che nella nuova versione è stato maldestramente tradotto con “non abbandonarci alla tentazione”. Naturalmente anche qui ha prevalso il “politicamente corretto”. Come può Dio “indurre” in tentazione? Allora cambiamo con una traduzione più morbida, più sdolcinata, più sentimentale. Cosa sbagliatissima. Ma su questo punto tornerò dopo. Prendiamo dunque il versetto in questione dal testo originale greco: “καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν”. La parola di interesse è “εἰσενέγκῃς” (eisenekes), che per secoli è stata tradotta con “indurre”, ed invece nella nuova traduzione vediamo “non abbandonarci” (come i cavoli a merenda). Il verbo greco “eisenekes” è l’aoristo infinito di “eispherein” composto dalla particella avverbiale eis (‘in, verso’, indicante cioè un movimento in una certa direzione) e da phérein (‘portare’) che significa esattamente ‘portar verso’, ‘portar dentro’. Per di più, è legato al sostantivo peirasmón (‘prova, tentazione’) mediante un nuovo eis, che non è se non il termine già visto, usato però qui come preposizione.

Tale preposizione regge naturalmente l’accusativo, caso di per sé caratterizzante il “complemento” di moto a luogo. Anzi, a differenza di quanto accade ad esempio in latino e in tedesco con la preposizione in, eis può reggere solo l’accusativo.

Come si vede, dunque, il costrutto greco presenta una chiara “ridondanza”, ossia sottolinea ripetutamente il movimento che alla tentazione conduce, per cui è evidentemente fuori luogo ogni traduzione – tipo “non abbandonarci nella tentazione” – che faccia invece pensare a un processo essenzialmente statico.

Il latino “inducere”, molto opportunamente usato da san Girolamo nella Vulgata (traduzione della Bibbia dall’ebraico e greco al latino fatta da Girolamo nel IV secolo), essendo composto da ‘in’ (‘dentro, verso’) e ‘ducere’ (‘condurre, portare’), corrisponde puntualmente al greco eisphérein; e naturalmente è seguito da un altro in (questa volta preposizione) e dall’accusativo temptationem, con strettissima analogia quindi rispetto al costrutto greco.

Quanto poi all’italiano indurre in, esso riproduce esattamente la costruzione del verbo latino da cui deriva e a cui equivale sotto il profilo semantico.

Dunque la traduzione più giusta, che rimane fedele al testo è quella che è sempre stata: “non ci indurre in tentazione”. Ogni altra traduzione è fuorviante, e oserei dire anche grottesca.

Come ho detto in precedenza, il rispetto per il Testo Sacro è fondamentale, e si dimostra nella fedeltà delle traduzioni con i testi originali. Ma la tendenza oggi è quella di far prevalere il “politicamente corretto”, la traduzione morbida, mielosa. Sradicando completamente il vero significato di ciò che la Parola ci vuole dire.

Infatti molti si sono chiesti: Come può Dio “indurre” in tentazione? Ci sono tantissimi passi biblici che dimostrano come Dio induce alla tentazione e alla prova. Non ci si può scandalizzare, pensando sempre che Dio abbia solo la “mielosa misericordia” (oggi molto di moda nella neochiesa), trascurando la Croce, la prova e la tentazione”.

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fonte: Sito dell’Autore

16 commenti su “Il Padre Nostro sarà modificato e zuccherato. Trovato un frammento del I° secolo d.C. con la nuova versione? Purtroppo no – di Marco Tosatti”

  1. Secondo me questi finiranno per tradurlo: “Visto che sei Tu ad indurci in tentazione, ci cadiamo volentieri”. E cadranno, hai voglia che cadranno…mentre noi, a scanso di equivoci, continueremo a recitarlo in latino, ed alla scuola dei Santi ci sforzeremo di non cadere.

  2. Luciano Pranzetti

    Vedrete che, di questo passo, il calvo sarà chiamato “divesamente pettinato”, cosa di per sé ridicola ma comunque meno grottesca della traduzione CEI condotta sul versetto 5 del salmo 95, laddove a “Omnes dii gentium daemonia” si dice “tutti gli dèi dei pagano sono un nulla”. Traduzioe nel rispetto vaticansecondista di tutte le religioni, foriere di salvezza!!!!!!!!!!!!!!!!!

  3. e che faranno se qualcuno continuerà a recitarlo, il Padre Nostro, come ha sempre fatto?
    E io ci metterò anche questa intenzione: che Dio nostro Padre non m’induca nella tentazione di questa chiesa, ma ci liberi da essa!

    1. anch’io prego sempre per la tempestiva sconfitta di tutto il clero modernista, da Bergoglio all’ultimo curatino alla don Chichì, speriamo che l’Onnipotente ci ascolti. Dai modernisti liberaci, o Padre !

  4. “Non muoio neanche se mi ammazzano” diceva il grande Guareschi. Beh, io quelle parole non le dirò mai. Neanche se mi ammazzano.
    “Può il buon Dio indurre in tentazione? Certo che no, ché è tanto misericordioso”: ecco creata una generalizzata opinione pubblica e il gioco è fatto. Ma ormai basta con ‘sta storia della misericordia. Non c’è predica in cui non la si ripeta dall’inizio alla fine. Non se ne può più. E soprattutto credo sia il Padreterno stesso a non poterne più. Abbiamo a che fare oltre che con eretici, anche con un branco di ignorantoni.

  5. Se proprio si voleva cambiare qualcosa (deleterio nuovismo !!) aveva forse più senso puntare sulla parola “tentazione” e sostituirla con “prova”,
    visto che nel Vangelo più di una volta si dice che i farisei volevano “tentare Gesù” nel senso di “metterlo alla prova” per coglierlo in fallo, ovvero
    farlo cadere in un trabocchetto, in un’insidia. “E non indurci nella prova”. Così si evitava di accostare a Dio la parola che
    esprime comunemente la più tipica azione del maligno.

  6. roberto castellari

    In greco antico la parola peirasmon che deriva dal verbo peirao ( provare, tentare , sperimentare ) non significa tentazione ( significato negativo in italiano) ma prova, tentativo, esperimento. Perciò la traduzione, ricordando anche Giobbe, dovrebbe essere : non metterci alla prova.

  7. Scusate se intervengo, di solito mi astengo, perchè non sono del vostro “bordo”, però stavolta mi tocca darvi ragione e sovrabbondare. Il problema, oltre che religioso (infedeltà alla Parola) è soprattutto metodologico. Il testo greco è chiarissimo, come dimostrate a ragione, e gli esempi biblici delle “prove” o “tentazioni” alle quali Dio induce, o permette di indurre o alle quali noi stessi cadiamo sono legioni e la sesta domanda del Pater ci fa riflettere su questa realtà e, come bambini, ci fa chiedere soccorso. Il solo appiglio filologico di questi ermeneuti è dato dalla possibilità che il sostrato semitico del verbo eispherein possa essere un hifel, modalità semitica dei verbi e che l’ifel potrebbe avere un senso permissivo e non causativo. Cioè invece di “indurre” significherebbe “lasciare indurre”, base della proposta attuale di traduzione. L’argomento ha un certo senso, ma i passi biblici adotti come esempio non sono a moi avviso concludenti, perchè si tratta comunque di interpretazioni soggettive, perchè il senso permissivo dell’hifel non è oggettivabile…

  8. continua… non è oggettivabile, tant’è che i traduttori (ebrei) della Settanta (Antico Tastamento greco), hanno sempre tradotto con un causativo. Certo, nella mente ebraica l’ambiguità tra causativo e permissivo resta, ma è quelllo che fa la ricchezza semantica delle parole. La nuova traduzione opera una scelta ermeneutica che restringe il campo sémantico. Cioè impoverisce il senso della domanda, impoverisce le riflessioni sulle prove e tentazioni alle quali siamo sottoposti e impoverisce la meditazione sul ruolo di Dio e sul senso della sua azione su di noi.

  9. Luciano Pranzetti

    Ma a ben pensarci, credo che la novella traduzione “NON CI ABBANDONARE NELLA TENTAZIONE” sia peggiore in quanto col verbo INDURRE si suppone che il soggetto indtotto non sia ancora caduto nel peccato o, quanto meno, il Signore è lì per aiutarlo a non cadere, mentre col verbo ABBANDONARE si suppone che il Signore si disinteressi lasciando senza protezione, ABBANDONATO, quindi, il poveraccio che si tormenta nel mezzo della tentazione.

  10. La modifica ha una funzione propedeutica a quella successiva, e ben più grave, delle parole di Consacrazione della Messa. Si comincia a far passare, e quindi accettare, l’idea che “cambiare le parole si può”. Il loro programma ha una scaletta, procede per gradi, “step by step”.

  11. Un genitore o un nonno insegnerà il Padre Nostro di sempre, ma le catechiste e il parroco no. In una stessa famiglia ci sarà un padre progressista e una mamma no. Ecco il fuoco nelle famiglie. Questo papa ci divide, quando tutti ti danno contro perché sei un criticone o continui a farli ragionare (ma l’intelletto non è più un dono?!) o cedi e ti allinei e dentro muore qualcosa, è dolorosa questa falsità, certi argomenti meglio non trattarli e quando senti notizie assurde fai finta di niente (cerchi per lo meno) e parli d’altro. Fortunato chi in famiglia vede le cose nello stesso modo, io sto vivendo invece un momento di prova. Incomincio a pensare che sto sbagliando tutto io, anche se sento col cuore che le pecorelle riconoscono la voce del loro pastore. Temo di allontanarmi (anche solo col cuore, non fisicamente )dalla Chiesa, non vedo alternative, sono stufa di prediche solo sui migranti. Come trovare un confessore o una guida valida? Per non dare brutti esempi cerco di tacere (ma come si fa? Notizia di ieri Torino tutti i vescovi allineati comunione a divorziati). Pregate per…

  12. “Feriamole, feriamole queste famiglie, così non ci saranno più differenze, tutte ferite, sarà la normalità. Cambiamo, cambiamo tutto, così sarà più semplice eliminare poco alla volta senza troppo rumore!”

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