IL PERCHE’ DELLA GIORNATA DI ASSISI – di P. Giovanni Cavalcoli, OP

di P.Giovanni Cavalcoli,OP

 

 

raduno

La recente iniziativa del Santo Padre di indire per il prossimo ottobre una nuova “Giornata di preghiera” ad Assisi invitando esponenti di religioni non cristiane, sul modello di simili incontri già voluti ed attuati a suo tempo da Giovanni Paolo II, va indubbiamente inserita nella pratica sistematica del dialogo interreligioso avviata dal Concilio Vaticano II, con le prospettive che essa apre ma anche con le sue difficoltà, i suoi rischi, i suoi insuccessi.

 

L’iniziativa del Papa, inaspettata, dopo che da varie parti si pensava che quegli incontri fossero definitivamente finiti per le critiche che si erano verificate, ha incontrato pareri favorevoli, ma, come c’era da aspettarsi, anche contrari.

Del resto si tratta di iniziative di carattere pastorale e non di pronunciamenti dottrinali. In questi ultimi il Papa non può sbagliare, mentre nelle prime non gli è assicurata l’infallibilità, anche se per il cattolico c’è sempre la presunzione che la decisione del Papa sia giusta o utile od opportuna, salvo gravi e prudenti obiezioni in contrario.

Ad ogni modo c’è chi vede nell’iniziativa del Papa una nuova ed opportuna occasione di incontro sul valore della preghiera e della religione come testimonianza umana universale davanti alla moderna cultura secolarizzata, relativista, irreligiosa, agnostica per non dire atea; e c’è invece chi teme che un incontro del genere favorisca proprio quel relativismo, e quell’indifferentismo che si vorrebbe evitare, screditando il prestigio della religione davanti agli uomini d’oggi e portando a dubitare, tra gli stessi cattolici, del primato del cattolicesimo sulle altre religioni.

Ma la questione del dialogo religioso è balzata drammaticamente alla ribalta in seguito al recente incrudelirsi della persecuzione e dell’odio anticristiani di movimenti islamici fondamentalisti e diciamo pure decisamente criminali, anche dallo stesso punto di vista del diritto islamico e delle prescrizioni del Corano, il quale, se indubbiamente elogia come martire il fedele che è ucciso in guerra dal cristiano ed esalta come eroe il fedele che, sempre in guerra, (la cosiddetta “guerra santa” o il jihàd) uccide il cristiano, non dà alcuno spazio al terrorismo omicida proditorio di persone pacifiche ed innocenti e la qualifica di “martire” dato agli attentatori da certi gruppi fanatici è una mostruosa aberrazione anche agli occhi della stessa autentica concezione islamica del martirio.

Per questo noi cristiani dobbiamo fare oggi più che mai attenzione a non fare, come si suol dire, di tutte le erbe un fascio, mescolando in una comune, amara ed indiscriminata condanna tutto l’Islam, soprattutto se – Dio non voglia – ci lasciamo prendere dal rancore e dal desiderio di rivalsa o dall’illusione di poter trovare soluzioni spicce e definitive.

Noi cristiani abbiamo delle armi veramente efficaci per vincere il male e diffondere la verità, armi che sempre nella storia hanno dato risultati meravigliosi convertendo il mondo a Cristo. E se, a partire dall’età moderna, la civiltà cristiana sembra passata dall’espansione all’arretramento e se il mondo moderno sembra voler progressivamente respingere o quanto meno emarginare il cristianesimo nel privato, nell’opinabile per non dire nel dannoso, ciò forse è dovuto anche al fatto che la stessa cristianità, così vivace e convinta nel Medioevo fino, potremmo dire, al Concilio di Trento e all’immediato periodo storico seguente, che vide i frutti cospicui del Concilio – pensiamo per esempio ai Gesuiti -, susseguentemente ha diminuito il suo modo proprio di conquistare il cuore degli uomini e di indurli ad abbracciare la religione del Crocifisso, per lasciarsi sedurre da mire e metodi temporalistici e di potenza terrena, non conformi al modo insegnato dal divino Fondatore ai suoi al fine di diffondere nel mondo la Parola della salvezza.

Con la crisi protestante – chiamata dagli stessi protestanti col nome altisonante ma ingannevole di “Riforma” – è sorto in realtà un processo di decadenza e di corruzione o – per usare un’espressione che Paolo VI usò per la crisi del postconcilio – di “autodemolizione” della Chiesa nel suo stesso interno: fratelli contro fratelli, cattolici martirizzati dai protestanti e – bisogna riconoscerlo – protestanti vessati o uccisi dai cattolici – pensiamo un episodio tra molti: la famosa “notte di S.Bartolomeo” del 1564, che fece esultare di gioia il pur Santo Pio V -.

Il protestantesimo, come ormai riconoscono gli storici più seri, per esempio De Mattei e Vassallo, non ha rafforzato il cristianesimo, ma lo ha indebolito, non ha aumentato lo slancio missionario, ma lo ha frainteso; in tal senso, come si sa, esistono “missioni” protestanti; non ha rafforzato l’unità e la concordia attorno all’unica fede, ma ha creato un’infinità di sette in lotta tra loro, non ha creato un progresso nella santità, ma un progressivo allontanamento dalle radici cristiane – la parabola dall’illuminismo al panteismo hegeliano fino a Nietzsche -, che nelle estreme conseguenze è giunto sino all’empietà e all’ateismo, sino a ciò che oggi si chiama il postmoderno, cioè il nichilismo, come ha messo bene in luce il filosofo cattolico Vittorio Possenti in alcuni suoi libri molto raccomandabili. Con tutto ciò non si negano gli aspetti positivi del protestantesimo, rimanenza della comune fede, che giustificano l’esistenza dell’ecumenismo.

Nel contempo il cristiano non si stupisce nel ricevere dal mondo – per amore di Cristo – sordità, incomprensioni, ostilità e rifiuto. Già Cristo, che per primo patì queste cose, ha avvertito di ciò i suoi discepoli. I cristiani quindi lungo i secoli sono sempre stati abituati a ricevere persecuzioni. Accettandole nella pace e pregando per i propri nemici, hanno spesso finito col convertirli e quindi col promuovere la diffusione del cristianesimo. “I martiri, come già diceva Tertulliano, sono il seme di nuovi cristiani”.

Ma se dobbiamo fare una netta distinzione tra l’Islam nel suo complesso e il terrorismo islamico, emanazione di piccolissime minoranze – la famosa setta Al-Qaida -, la storia di quattordici secoli ci dice quanto è refrattario il mondo islamico all’annuncio evangelico, ostinatamente e durissimamente convinto, con una tenacia degna veramente di miglior causa, di avere in Maometto, al di là e al di sopra di Cristo, il vero Profeta della felicità umana e dell’obbedienza (islam) dell’uomo a Dio. Secondo l’Islam, come è noto, non Cristo, ma Maometto ci porta in paradiso.

Si aggiunga il fatto che il Corano indubbiamente insegna – anche se questa cosa non va presentata a tinte troppo forti – un modo di diffondere il messaggio coranico ben diverso dallo stile cristiano, il quale, se comporta indubbiamente un annuncio senza accomodamenti e l’avvertimento che “chi non crede sarà condannato”, tuttavia al fine di diffondere la verità, il cristiano fa leva sulla coscienza del destinatario del messaggio e propone detto messaggio in un clima di libertà e di amore generoso, mite e paziente, rinunciando ad ogni forma di inganno o indegne pressioni o suggestioni o promesse o allettamenti o costrizioni, a differenza del metodo islamico, che ricorre facilmente al ricatto psicologico, politico ed economico ed alla minaccia delle armi, quasi sottintendendo la famosa alternativa: “O mangi la minestra o salti la finestra”. Così c’è da chiedersi quanti musulmani sono tali per convinzione o non piuttosto per convenienza o per paura.

Da qui il tradizionale scetticismo, lungo i secoli, da parte dei cristiani, circa la possibilità che i musulmani possano ridimensionare la figura di Maometto, certo gigantesca ma non priva di difetti, riconoscendo che quanto di vero ha detto il Profeta non ha nulla da insegnare a Cristo, perché Cristo è il divino Salvatore anche di Maometto, che del resto non si considerava assolutamente “Figlio di Dio”. E’ solo un certo maomettanesimo fanatico che ha “divinizzato” Maometto in funzione anticristiana, quasi a fare un contrapposto a Cristo che gli fosse alla pari ed anzi lo superasse.

Eppure che splendido esempio abbiamo lungo i secoli della mite e forte presenza dell’Ordine di S.Francesco in Terra Santa tra i musulmani! Eppure si sa bene come il Serafico non fosse un dialogante alla Küng, ma desiderasse convertire gli islamici. S.Francesco ha precorso il Vaticano II di otto secoli. Ecco perché fare la Giornata proprio ad Assisi.

Il Concilio Vaticano II, infatti, soprattutto con i suoi documenti sulla libertà religiosa (Dignitatis humanae) e sul dialogo interreligioso (Nostra Aetate) dà una grande speranza a noi cattolici ed a tutti gli uomini di buona volontà che sia giunto il momento di spezzare questo blocco maledetto che da quattordici secoli chiude l’accesso dei musulmani a Cristo, in una sequela interminabile di lotte cruente fra cristiani e musulmani. E non dimentichiamoci di collegare questi documenti con quello sulle missioni (Ad Gentes)!

Dobbiamo inquadrare il gesto del Papa in questo clima di speranza, fondato sulla fede. E quale fede? Nel fatto che quanto insegnano quei documenti sono verità di fede, quindi infallibili, assolutamente e perennemente certe, dato che il Concilio le fonda espressamente sulla Rivelazione e l’esempio di Cristo.

E si tratta di esplicitazioni dogmatiche le quali, per loro novità, non devono ingenerare in noi alcun dubbio circa la loro continuità od omogeneità con la Tradizione, anche se finora la Chiesa non si era espressa con tanta chiarezza ed autorevolezza sull’importanza di quei valori.

Dialogo interreligioso e diritto alla libertà religiosa sono inscindibilmente congiunti, in quanto entrambi fondati sul fatto, da sempre insegnato dalla Chiesa e dalla stessa Sacra Scrittura, che la mente umana come tale, e quindi ogni uomo onesto e ragionevole, può sapere che Dio, Principio dell’universo, esiste, partendo dalla considerazione delle cose create (cf Rm 1,20; Sap 13,5) e che quindi l’uomo deve render conto a Lui, giusto e misericordioso,  del proprio operato.

Si tratta di quella che la scuola di S.Tommaso d’Aquino chiama “religione naturale”, che è naturalmente monoteista, per quanto spesso questa immagine di Dio possa esser frammista di errori o lacune. Ma questo oggi accade – ahimé – anche tra teologi “cattolici”: figuriamoci se non succede anche tra gli animisti, gli idolatri, i buddisti o gli sciamani.

Le grosse difficoltà sorgono quando si tratta di vedere o sapere se, quando, dove e come Dio si è rivelato positivamente all’uomo o a qualche guru, profeta o veggente. E’ qui, su questo terreno che sovrasta la ragione, dove esistono i più complicati interrogativi e profondi contrasti e la cosa è comprensibile.

E’ questo il campo delle religioni che si presentano come storicamente “rivelate”, soprattutto il brahmanesimo, lo spiritismo, lo scintoismo, il taoismo, il buddismo, l’ebraismo, il cristianesimo, l’islamismo, richiedendo una “fede” non solo in Dio ma anche in questi mediatori o nella comunità religiosa da loro fondata. Queste religioni hanno a che fare più con la mistica – a volte con l’occultismo o la gnosi – che con la razionalità, e il loro rischio – escludendo il cristianesimo – è quello dell’irrazionalità, della magia, del fanatismo o del fondamentalismo.

La decisione del Papa – questo sia detto per rassicurare alcuni cattolici – non va assolutamente interpretata come rinuncia alla dottrina di fede del primato del cattolicesimo su tutte le altre religioni, compreso il protestantesimo e l’ortodossia orientale, appunto perché tale decisione fa riferimento, come ho detto, alla religione naturale, fondata sulla ragione e non su speciali rivelazioni divine o testi sacri contenenti tali rivelazioni. Persino la massoneria ammette una religione naturale come elemento di coagulo e di convivenza civile tra le varie religioni positive, figuriamoci se non dobbiamo farlo noi cattolici!

Il Papa intende far leva sulla coscienza religiosa dell’umanità come tale, – ricordiamo il titolo della famosa opera kantiana “La religione entro i limiti della pura ragione” – affinchè ogni uomo religioso di buona volontà, quale che sia la religione alla quale appartiene, dia unitariamente testimonianza di religiosità davanti al vasto mondo secolarizzato, materialista, irreligioso, agnostico, superstizioso, relativista o ateo dei nostri giorni.

Per questo mentre gli Stati moderni sono tenuti e si impegnano, soprattutto a partire dalle “dichiarazioni dei diritti” del sec.XVIII, a riconoscere il diritto alla libertà religiosa come diritto naturale (fondato sulla religione naturale), non possono imporre al cittadino, senza violentare la coscienza, come fanno certi Stati islamici, una religione positiva rivelata o che si presenta come rivelata.

Da notare che la religione naturale, come insegna il Concilio (Lumen Gentium 16), può comportare anche solo una conoscenza “implicita” e inconscia di Dio, celata dietro il rispetto assoluto (cf Kant) per la dignità dell’uomo e il valore sacro della solidarietà umana (cf Mt c.25).

Il timore che l’iniziativa del Papa possa favorire l’indifferentismo, il sincretismo e il relativismo possiamo fugarlo ricordandoci della suddetta dottrina di fede. Ritrovarsi assieme con esponenti di altre religioni su certi valori universali, come sono la preghiera, non implica assolutamente da parte di nessuno, a cominciare dal Papa – sarebbe scandaloso il solo sospettarlo – la rinuncia a quella basilare convinzione di fede circa il primato del cattolicesimo, e certamente gli esponenti delle altre religioni sanno quali sono in merito le idee del Papa.

Viceversa non si può escludere che i partecipanti al convegno, tocchi dalla grazia divina, sentano il dolce e impegnativo richiamo di quel Logos, che, come dice S.Giovanni, è presente nel cuore di ogni uomo.

Il Papa ci vuole inoltre implicitamente ricordare che a Cristo, ossia alla divina Rivelazione si giunge sulla base del Dio dimostrato dalla ragione naturale. Se non si crede neanche in questo, è impossibile giungere a Cristo. Il fideismo irrazionalista, per il quale la fede sarebbe costruita “a priori” senza o contro una religione naturale, è un’eresia di origine protestante condannata dalla Chiesa sin dall’’800.

Anche la nefasta contrapposizione protestante tra “fede” – che sarebbe verità e grazia – e “religione”- che sarebbe presunzione umana, magia o superstizione –  non consentirebbe di capire il fondamento biblico e conciliare dell’iniziativa del Papa.

Il trovarsi invece tutti assieme nel riconoscere il Dio della ragione e della coscienza morale naturale (cf Kant) è un passo indispensabile per riconoscere il Dio della fede, ossia il Dio di Cristo e costruire assieme la pace e la giustizia.

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