Il piano di smantellamento della scuola prosegue

Entro il 28 febbraio 2023, le scuole che vogliano vedere confermati i finanziamenti del PNRR devono presentare il proprio progetto di innovazione degli ambienti di apprendimento, e inserirlo nella Piattaforma FUTURA. Qualche mese fa, a ciascuna singola scuola italiana era stata gettata l’esca appetitosa di decine o addirittura centinaia di migliaia di euro (a seconda del tipo di istituto e della sua grandezza) per la transizione digitale prossima ventura. C’è dunque in ballo una vera montagna di soldi.

Riportiamo dalla rete la notizia (declinando ogni responsabilità per le ardite scelte lessicali) che per l’occasione – definita «irripetibile» – sono a disposizione di «Dirigenti Scolastici, Animatori digitali, Team dell’innovazione, Funzioni strumentali», dei webinar accreditati dal Ministero per dare supporto, «step by step», nella elaborazione dei progetti. «SCONTO 20% per iscrizioni entro venerdì 27 gennaio 2023», si legge. Del resto, il profilo del relatore merita: è Docente e formatore professionale, Animatore Digitale, membro dell’ecosistema STEAM della sua città, mentor CoderDojo, Ambassador Kid Game Jam, Leading Teacher European Code Week, e molto altro ancora.

Siamo dunque prossimi alla scadenza di questo primo snodo burocratico nella imponente operazione di conversione tecnologica di quel che resta della scuola italiana.

L’impressione è che, dopo gli squilli di tromba alla presentazione del Piano e dopo il primo generale brivido di soddisfazione all’assegnazione di fondi mai visti prima, i lavori stiano procedendo sottotraccia. Se ne occupano dirigenti, animatori digitali (nuovo ruolo di riconosciuto prestigio sociale), commissioni dedicate, ma senza il coinvolgimento degli organi collegiali come Collegio dei Docenti e Consiglio di Istituto.   

Un regime inedito, insomma, un ordinamento speciale, per uno schema del tutto originale: io ti do i soldi, tanti soldi, non perché ne hai bisogno e me li chiedi per fare qualcosa che ti serve, no, ma perché devi acquistare delle cose tra quelle che ti dico io anche se non ti servono, visto che ora i soldi li hai e devi spenderli per forza. Se poi il soffitto crolla, le tapparelle non si alzano, i libri della biblioteca fanno la muffa, amen, sono spese non contemplate.

In principio era il PNRR, e il PNRR dispone così. Oltre la legge, a dispetto delle procedure, al di là di ogni buon senso.

Ora, che le decisioni riguardanti la scuola italiana – e quindi il destino delle giovani generazioni e di chi per mestiere dovrebbe istruirle, ché è questa la posta in gioco – siano prese al di fuori dei luoghi della dialettica politica, cioè scavalcando a pié pari il Parlamento (che per la verità non ha mai fatto una piega), è cosa nota. Anche quando tali decisioni si presentino formalmente sotto la veste di legge dello Stato. Paradigmatico il caso della cosiddetta “buona scuola” (legge 107/2015), marchingegno dentro il quale – in mezzo a cumuli di stilemi di ordinanza snocciolati in decine di commi e sottocommi – fanno capolino rinvii, e rinvii ad altri rinvii, la cui funzione è quella di dare accesso, da defilate porticine di servizio, a precetti partoriti altrove, ovvero nella centrale operativa di Bruxelles o nei suoi distaccamenti periferici (fondazione Agnelli, Invalsi, Indire, TreeLLLe, eccetera eccetera).

Così, a colpi di siluri di vario calibro, più o meno obliqui, nel giro di qualche decennio un sistema di istruzione di tutto rispetto è diventato un relitto che, perduta la propria linfa vitale, ha imbarcato a fiotti l’acqua avariata del pedagogismo deteriore, già rivelatosi fallimentare alla prova dei fatti nel mondo anglosassone di cui siamo i coloni. Se in questo pachiderma in agonia c’è ancora qua e là qualche vena pulsante – laddove maestri indomiti resistono al boicottaggio dell’istituzione che dovrebbe tutelarne il lavoro (e l’incolumità…) –, la deriva è ormai inesorabile, e sempre più faticoso remare contro corrente.

Lo sarà ancor di più adesso che – grazie all’effetto catapulta della pandemia – andremo incontro al definitivo smantellamento, anche fisico, della scuola come l’abbiamo sempre conosciuta e come resiste nel nostro immaginario: nel senso di mura, persone, strumenti che afferiscono a quel mondo. È imminente il suo trasloco, armi e bagagli, nella dimensione eterea dell’eduverso, dove la realtà che cade sotto i cinque sensi è destinata a evaporare nel nulla cosmico del virtuale in cui i nostri figli devono essere inghiottiti.

A dire la verità, non è facile figurarsi lo stravolgimento in cantiere, così come oscenamente preconizzato nelle trentanove pagine del Piano Scuola 4.0 e come sarà fantasiosamente declinato nei vari progetti entro febbraio. In quelle trentanove pagine è descritto, in una forma che rende molto bene l’entità del degrado, l’assassinio incruento della scuola. Del delitto saremo tutti complici se staremo zitti come il quieto vivere (vivere?) richiederebbe.   

Stavolta la fonte, lo abbiamo visto, non fa nemmeno finta di assumere le sembianze di un prodotto della democrazia. La riforma, che di fatto è una rivoluzione, porta il marchio del PNRR e tanto basta per travolgere nell’orgia digitale, con la forza del ricatto, contenitori e contenuti, persone e cose, storie e identità.

A quei docenti tanto miopi da eccitarsi per il denaro in arrivo, che non andrà certo ad aumentare gli stipendi semplicemente perché la nuova scuola non avrà più bisogno di loro, occorre domandare se si siano presi la briga di leggere il documento di cui si fanno solerti esecutori e se, quindi, se abbiano un’idea della sorte che li attende. Transiteranno per la mansione intermedia di facilitatori tecnologici ed erogatori di istruzione (finta), per approdare presto alla disoccupazione per inutilità sopravvenuta, sostituiti da più efficienti robot: che infatti hanno il pregio di non ammalarsi, non protestare, non cambiare idea, non deragliare dalla strada segnata. L’intelligenza artificiale sta scaldando i motori e, se quella naturale va in vacanza, occuperà tutti gli spazi rimasti incustoditi.

ContiamoCi! (comunicato qui sotto) chiede allora al ministro cosa ne pensi e cosa intenda fare. Chiede a docenti, genitori, cittadini tutti che abbiano a cuore i più giovani e il nostro futuro, di opporsi con forza alle lobby rapaci del digitale smaniose di impossessarsi dei luoghi, delle menti, delle intimità. Chiede di reagire con determinazione a questo sopruso impacchettato in carta regalo, perché lo scempio cui stiamo assistendo non lascerà molti sopravvissuti.

(Elisabetta Frezza. Fonte: “La Verità”, 16 febbraio 2023)

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Scuola 4.0: l’antinomia digitale del ministero

In queste settimane tutte le scuole d’Italia sono impegnate nella corsa allo stanziamento dei fondi assegnati dal PNRR «per accelerare il processo di transizione digitale della scuola italiana in tutte le diverse dimensioni e allinearlo alle priorità dell’Unione Europea».

Il “Piano Scuola 4.0” promosso dal Ministero dell’Istruzione e del Merito sostiene di aver tratto dalla «ricerca nazionale e internazionale» la visione di una scuola fatta di «‘ambienti di apprendimento innovativi’ connessi a una visione pedagogica che mette al centro […] le studentesse e gli studenti, secondo principi di flessibilità ecc.». Secondo questa visione, l’apprendimento nascerebbe dall’interazione con l’ambiente; più ricco l’ambiente, maggiore l’apprendimento; un ambiente ibrido, cioè non solo ricco, ma prolungato in schermi o visori che collegano le giovani menti a un’infinità di immagini e di messaggi, non potrebbe che procurare apprendimenti finalmente adeguati al futuro che ci attende.

Potrebbe però non essere così. Anzi, a quanto risulta, la ricerca scientifica ha già concluso da molti anni che l’uso degli strumenti informatici indebolisce l’apprendimento perché distrae l’attenzione e disturba la riflessione. Ma il “Piano scuola 4.0” ignora ogni risultato scientifico; anzi, nel ricordare che «l’esperienza della pandemia ha potenziato anche l’utilizzo degli ambienti digitali di apprendimento», ignora perfino il fatto che la didattica a distanza si è risolta in un fallimento completo.

Se il “Piano Scuola 4.0” è basato su certezze granitiche, il suo autore, il Ministero dell’Istruzione e del Merito, sembra invece vacillare. Il titolare pro tempore del dicastero, professor Giuseppe Valditara, il 20 dicembre scorso ha infatti inviato a tutte le scuole d’Italia una circolare che, nel ribadire il divieto di utilizzo dei dispositivi informatici in classe, allega un documento elaborato dalla Settima Commissione permanente del Senato nella scorsa legislatura, dal titolo «Sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento». Questo documento, approvato dalla Commissione all’unanimità, denuncia non soltanto i danni fisici e psicologici che l’uso/abuso degli strumenti digitali causa ai più giovani, ma anche l’indebolimento di quelle facoltà mentali essenziali che si riassumono nella parola “intelligenza”. «Dal ciclo delle audizioni svolte e dalle documentazioni acquisite – si legge nella relazione – non sono emerse evidenze scientifiche sull’efficacia del digitale applicato all’insegnamento. Anzi, tutte le ricerche scientifiche internazionali citate dimostrano, numeri alla mano, il contrario».

In definitiva, lo stesso ministero che col “Piano Scuola 4.0” impone alle scuole la didattica digitale sulla base di un generico richiamo a una presunta ricerca scientifica, le mette in guardia dagli effetti della didattica digitale diffondendovi un vigoroso allarme basato su ampia e documentata ricerca scientifica (letteratura internazionale e audizione di esperti).

Intanto, gli appetiti formidabili che hanno ispirato il PNRR temono che lo stridio di questa patente contraddizione induca ripensamenti; perciò depongono l’entusiasmo rumoroso di cui si compiace il “Piano Scuola 4.0” e affidano l’avvento della transizione digitale nella scuola alla silenziosa iniziativa dei Dirigenti Scolastici e alla passività dei docenti e dei genitori.

Di fronte alle antinomie del ministero e all’avventatezza di dare realtà a un progetto che rappresenta una micidiale minaccia per i nostri figli e il nostro futuro, occorre rompere il silenzio, occorre svegliarsi dal torpore, occorre che le forze vive della Nazione – docenti, genitori, studenti – reagiscano al pericolo che le scuole diventino meri contenitori di strumenti di dimostrata pericolosità.

Occorre chiedere a gran voce che le scuole siano finalmente restituite al loro compito fondamentale.

Gruppo Scuola di ContiamoCi!

Link al documento approvato dalla 7° Commissione Permanente del Senato: https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/1299729.pdf

2 commenti su “Il piano di smantellamento della scuola prosegue”

  1. E’ sempre un piacere, oserei dire una panacea, leggere il vigore intellettuale con cui Elisabetta Frezza instancabilmente sostiene la battaglia di civiltà volta a restituire libertà ai discenti in crescita, ricordare la grande dignità del compito che il Signore assegnò sin dalle origini alle loro famiglie e richiamare ad una società più giusta e degna, cristianamente, di questo nome. Non mi stancherò mai di ringraziarLa, Elisabetta, per l’indomito coraggio, la chiarezza e la solidità dei suoi affondi.

  2. Purtroppo Elisabetta Frezza ha ragione su tutto, compreso l’uso di un registro apocalittico.
    Faccio solo notare che la passività dei docenti, a cui accenna, è dovuta a decenni ormai di sottomissione anche giuridica al dirigente, deus ex machina della scuola, voluta a partire dalla riforma Berlinguer, che la Buona “Sola” di REnzi ha solo accentuato…..Del resto i dirigenti pensano ai PON e a come spendere qualsiasi altro finanziamento arrivi, mica all’educazione degli alunni…. Mentre i docenti sono stati anche progressivamente affamati da contratti sempre più penalizzanti da qualsiasi governo al potere.
    Infine la passività delle famiglie è interessata, è una loro scelta, dipende dal loro scarso impegno nell’educazione dei figli, essendo concentrate su altri interessi… Cioè non darei la responsabilità della deriva in atto ad un unico soggetto, ideatore di un piano…

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