Il pride a Lugano, il vescovo e quella strana idea di preghiera – di Leon Bertoletti

«Sono perplesso» dice il vescovo di Lugano, Sua Eccellenza Valerio Lazzeri. E un po’ perplesso, in tutta parresia, sono anch’io.

Non soltanto perché Monsignore ha sbaraccato, dopo novant’anni di giornalismo e apparentemente senza renitenza, senza un minimo di resistenza partigiana, senza colpo ferire, probabilmente senza fiducia abbastanza nella missione editoriale, il benemerito Giornale del Popolo: ultimo quotidiano cattolico (almeno nella ragione sociale) della Svizzera intera, ultimo baluardo (almeno nei decenni) del pensiero conservatore ticinese. Ma per il fatto che sulla domanda dell’Associazione Helvetia Christiana, respinta dal Municipio, di poter recitare pubblicamente un Rosario nei giorni del Pride, la manifestazione prevista sulle sponde del lago Ceresio dal 28 maggio al 3 giugno e organizzata dall’Associazione LGBT (che significa lesbiche, gay, bisessuali e transgender) ha dichiarato questo: «La preghiera non è un corpo contundente».

E anche questo (Corriere del Ticinohttps://www.cdt.ch/ticino/lugano/193296/recita-del-rosario-al-gay-pride-ldquo-sono-perplesso-rdquo): «È una richiesta che mi lascia perplesso. Mi rifaccio alla natura della preghiera cristiana: è una realtà delicata, la risposta di fede a una parola che ci viene da Dio, non uno strumento da utilizzare contro gli altri, anche se le finalità possono essere moralmente condivisibili». E anche questo: «La preghiera non si presta ad affermare niente e Gesù ebbe parole molto forti verso chi pregava per essere visto o ammirato dagli altri. La preghiera è una risposta a Dio». E anche questo, sulla manifestazione: «Diciamo che se non l’avessero organizzata non l’avrei richiesta, ma nella società ci sono tante correnti, tante espressioni che non corrispondono al nostro modo d’intendere la vita, l’uomo, la famiglia e le relazioni, ma questo non significa che ogni volta che qualcosa non corrisponde a questa nostra visione dobbiamo generare un movimento contrario. Anzi, dobbiamo ascoltare in modo profondo queste rivendicazioni». Naturalmente Helvetia Cristiana aveva precisato di non voler pregare contro gli omosessuali, bensì «per i valori cristiani e la loro restaurazione».

Tuttavia, più che nelle solite polemichette intraecclesiali, l’origine del mio arricciamento di naso risiede altrove. Precisamente nello strambo, bislacco concetto di preghiera che viene divulgato. Come il compianto Tom Wolfe nella terra dei marxisti rococò, mi interrogo. Dove sono? Alla pagina sbagliata? Sul canale sbagliato? Ho perso la frequenza? Non mi sembro così rincitrullito, così suonato, così smemorato da non tenere a mente le messe votive, le processioni, le rogazioni o così cieco da non poter ammirare, nei luoghi di pellegrinaggio, pareti di ex voto.

La preghiera serve ad asserire (dossologia) e a contundere. Celebre il breve di San Pio V, Consueverunt, che vide nel Rosario un presagio della vittoria di Lepanto. E non si leggono forse nella Bibbia, anche se purgati dal Salterio liofilizzato, i Salmi cosiddetti imprecatori? Maledizioni tonitruanti comprese, non si considerano anch’essi testo sacro (sacro!) e preghiera (preghiera!)? Versando lacrime salate sulla Città Santa, il Maestro affermò: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte, abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata». Il lamento degli esegeti è orazione intensa, come il «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice». Certo, «il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele domandiate». Ma non stanno nel Vangelo le indicazioni «chiedete e vi sarà dato», «pregate per coloro che vi perseguitano e vi calunniano», «chiedete quel che volete e vi sarà dato», «tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda»?

Scrutando con saggezza la variazione della Chiesa cattolica nella dottrina della preghiera, il luganese Romano Amerio spiegava bene che «la preghiera di petizione ha secondo la Chiesa questa giustificazione metafisica e di fede: a Deo omnia». Sant’Agostino ha annotato: «È lecito domandare a Dio tutto ciò che è lecito desiderare». Perfino, quindi, che certe «rivendicazioni» non vengano proprio ascoltate. Né «in modo profondo» né in nessun’altra maniera.

 

 

2 commenti su “Il pride a Lugano, il vescovo e quella strana idea di preghiera – di Leon Bertoletti”

  1. Parole di “pax massonica”, quelle del vescovo. Fra poco ci perseguiteranno pure, se vorremo esibire il rosario in pubblico come arma spirituale. Ci accuseranno di essere “seminatori di odio”. Prepariamoci.

  2. La preghiera non è un’arma contundente? Eppure P.Pio considerava il S.Rosario l’arma più terribile, tanto che il demonio ne ha così paura da fuggire non appena vede fare il Segno della Croce. E neanche è vero che la preghiera non sia una domanda. Si racconta che la Madonna in una delle sue tante apparizioni ha detto di non riuscire a dispensare tutte le grazie che vorrebbe perché nessuno gliele domanda.
    Ma sono pensieri d’altri tempi, giusto per anime semplici, anzi, per sempliciotti retrogradi e ancorati a una religiosità sorpassata e bigotta.
    Modernizziamoci, dunque e contro la cultura dello scarto accogliamo giulivi pure la monnezza.

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