di Patrizia Stella
Che si tratti di ferventi monarchici, o di simpatizzanti, o di ammiratori, o semplicemente di curiosi, sembra che tutto il mondo sia positivamente attratto dai pomposi e fiabeschi cerimoniali che tuttora vigono presso le Case reali, come ad esempio quello allestito per l’anniversario dell’incoronazione della regina Elisabetta e delle nozze del nipote, il Principe William d’Inghilterra.
Al di là dell’eleganza degli sposi e di quella, sempre molto discutibile, degli invitati che rappresentano di solito la più alta classe della nobiltà e borghesia, la gente rimane incantata da tutto l’allestimento: la perfetta disposizione di paggi, scudieri, militari e paramilitari in alta uniforme, stendardi e vessilli ai lati delle vie principali, sontuose carrozze e cavalli bardati a festa, trombe e campane a distesa, gli inchini reverenziali davanti alla massima autorità, la Regina Elisabetta…
Senza dire della stupenda cattedrale di Westminster impreziosita dai paramenti sacri dei pastori anglicani: camici, stole e piviali finemente ricamati, probabile retaggio della liturgia cattolica rimpiazzata da quella anglicana ancora verso l’inizio del 1600, a motivo dello scisma provocato dal re Enrico VIII, il quale, per giustificare e avallare i suoi otto matrimoni, si proclamò sovrano anche della chiesa d’Inghilterra, in netto contrasto col Papa che non poteva accettare queste scelte arbitrarie e illegali, anche se provenivano nientemeno che dal re d’Inghilterra.
In realtà proprio nella cerimonia religiosa anglicana, come del resto in tutte le celebrazioni protestanti, al di là della sontuosità dei paramenti liturgici e della bellezza delle chiese, eredità cattolica che altri novelli riformatori come Lutero, Calvino, Valdes ecc., si sono ben guardati dal rifiutare a motivo della loro bellezza e preziosità, per tutto il resto si è notata la grande povertà del rito che, pur salvaguardando la validità del matrimonio religioso nel quale i ministri sono i due sposi che si scambiano giuramento reciproco nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, era molto carente dal punto di vista della funzione sacra, perché ormai ridotta a qualche lettura della Bibbia intercalata da canti sacri, che hanno sostituito completamente la Santa Messa cattolica.
Quella Santa Messa meravigliosa che è tipica ed esclusiva solo del cattolicesimo, in quanto proviene dal sacerdozio ministeriale che lungo i secoli è cessato nelle varie realtà protestanti per lasciar posto al cosiddetto ruolo di “pastore” che non è assolutamente la stessa cosa. Infatti è cessata la figura del “sacerdote” perché non è più stato trasmesso il sacramento dell’Ordine Sacro, cioè quel sacramento che, assieme agli altri che sono il Battesimo, la Cresima, l’Eucaristia, la Confessione, conferisce ai candidati maschi adeguatamente preparati, la possibilità di diventare sacerdoti, cioè Ministri di Cristo, per le mani del Vescovo.
Nella fede protestante in genere ciò che rimane dei sette sacramenti è solo il Battesimo perché può essere conferito anche da laici purchè lo somministrino nel nome della Santissima Trinità, ma per tutto il resto, scomparsa la figura del sacerdote, “alter Christus”, è venuto meno anche l’aspetto sacramentale, in particolare è cessata la Consacrazione Eucaristica del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo, come gesto reale della presenza di Cristo vivo e vero tra noi, ma resta solo la “memoria” di ciò che fece Gesù Cristo nell’ultima Cena e nulla più.
In pratica la differenza dottrinale abissale fra tutte le molteplici “fedi” protestanti e quella cattolica, al di là delle diatribe storiche più o meno motivate e fondate che sempre accompagnano certi scismi, è questa: Cristo ha voluto affidare alla Sua Chiesa il suo mistero di salvezza che si compie non solo attraverso un atto di fede personale in Dio e nella Sua Parola, ma attraverso i sette sacramenti che sono quasi tutti conferiti da Ministri consacrati, i Sacerdoti, e in certi casi solo dai Vescovi. Se certi “riformatori” pensano di fare a meno del sacerdozio, anche i sacramenti spariscono, – almeno quelli legati al sacerdozio – e così viene meno anche la presenza sacramentale-reale di Cristo tra noi, cosa assai grave.
La graduale “riscoperta” di queste non piccole differenze, unita al fatto che la gerarchia anglicana ha aperto il sacerdozio anche agli omosessuali “praticanti”, e alle donne, contrariamente al volere di Cristo che ha diviso equamente i compiti, riservando alle donne la prerogativa della “vita naturale” nella gestazione, e agli uomini l’esclusiva della “vita soprannaturale” nel sacerdozio, insomma, la consapevolezza di questi gravi cedimenti sostanziali, dogmatici, unita all’azione dello Spirito Santo che mai cessa di lavorare le anime di tutti i tempi, ha fatto sì che da alcuni anni migliaia di anglicani assieme ai loro pastori chiedessero l’ammissione alla Chiesa cattolica, che il Papa ha concesso attraverso uno speciale “Motu proprio”, previsto per casi eccezionali come questo, al fine di assecondare il desiderio di quei fedeli anglicani sinceramente intenzionati a tornare nell’ovile di Cristo e della Chiesa cattolica.
In sostanza, le due Verità principali della nostra fede: “Unità e Trinità di Dio; Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione di Gesù Cristo” sono dogmi che accomunano tutti i cristiani normalmente, cattolici, protestanti, e ortodossi. Tuttavia resta il fatto che la Verità integrale è Una, e che il Signore Gesù l’ha voluta trasmettere a noi attraverso la Sua Chiesa cattolica, nella figura del Suo Vicario in terra, il Papa, e attraverso l’Ordine sacerdotale, e in nessun altro modo!
Detto questo, non è nostra intenzione adesso sondare i motivi di queste scissioni che richiederebbe ben più spazio, ma solo quella di focalizzare l’attenzione su un aspetto assai importante per la fede: l’importanza dei segni esterni della nostra fede! La fede si trasmette con la Parola e con i Sacramenti, che sono detti anche “segni” – “Segni efficaci della Grazia”, – dice il catechismo. Ebbene, anche questi segni esterni stanno scomparendo.
Se davanti all’autorità della terra è giusto mantenere un atteggiamento reverenziale anche nell’aspetto esterno offrendo doni proporzionati al ruolo che tale autorità ricopre, perché mai davanti alla Maestà di Gesù Cristo, Figlio di Dio, “Re dei re” noi cattolici stiamo facendo vergognosamente a gara per ridurre tutto ad una povertà estrema che rasenta lo squallore?
- Deplorevole architettura delle chiese moderne con arredi ridotti a vasi di legno o coccio;
- misere sedie di plastica da teatrino al posto dei banchi che impediscono di inginocchiarsi davanti a Dio come gesto di adorazione della creatura verso il Creatore;
- paramenti sacri ridotti a semplici tuniche “copri tutto”;
- posizione di sedi o stalli sulla pedana dell’altar maggiore in modo che il celebrante e chierichetti danno irriverentemente le spalle al Santissimo che di solito è nel Tabernacolo;
- sta sparendo anche l’uso del “corporale” quel lino bianco che si pone al centro dell’altare sotto il calice durante la S. Messa perché il messale che prima era collocato al lato sinistro dall’altare su un pratico leggio, adesso ha sostituito il posto d’onore del calice e della pisside nei quali avviene il mistero della transustanziazione, a tal punto che i vasi sacri, “relegati” ai lati del messale, ora qua, ora là non rappresentano più il “cuore” della celebrazione eucaristica; (art.932 cdc). Questo aspetto che sta passando inosservato ai fedeli, è di una gravità inaudita perché si antepone la Parola al Sacrificio, stile protestante.
- sta sparendo gradualmente anche l’uso del campanello, che ha lo scopo di focalizzare l’attenzione dei fedeli sul mistero della “Consacrazione” nella Messa, e non lo si usa più nemmeno nella Veglia pasquale, al momento del “Gloria” che dovrebbe segnare, assieme al suono festoso dell’organo, il momento del tripudio della Risurrezione gloriosa di Cristo;
- si espongono invece quadri o sculture in cui Cristo, Madonna e santi sono di pessimo gusto
E’ quello che vuole la massoneria, cioè far provare disgusto e non gioia davanti alla rappresentazione del sacro, cercando di sradicare quell’emozione interiore che si prova anche attraverso la bellezza delle immagini esterne che spinge il cuore alla fede e all’amore.
Cosa sarebbe delle solenni liturgie per le varie canonizzazioni in San Pietro se la gerarchia fosse senza paramenti sacri come semplici fedeli? Un Santo di attualità, S.Josemaria Escrivà, a chi voleva abolire certi arredi liturgici preziosi, tipo calici d’oro o altro, rispondeva che: quando un fidanzato regala alla sua innamorata come segno di amore un pezzo di ferro, altrettanto avrebbe fatto con Gesù Cristo. Ma anche il Santo della povertà per eccellenza, S. Francesco d’Assisi, pretendeva per il Signore paramenti e arredi liturgici preziosi, degni della Maestà di Dio.
E così, mentre la gente è sempre più attratta dai vessilli di principi, di re e di regine come segno di autorità, o di regalità, quella regalità intesa non come oppressione ma come tutela e difesa del popolo, si sta perdendo invece la consapevolezza della regalità di Dio in Cristo Gesù, perché certi preti e Vescovi hanno impoverito a tal punto i “segni” della presenza di Dio tra noi da impedire che si possa pensare a Gesù Cristo come vero Dio, come “Re dei re”, come “Sovrano di tutti i popoli”, come “Giudice supremo di ogni uomo, popolo e Nazione”, davanti al quale tremano i diavoli e dovrebbero inginocchiarsi tutti i potenti della terra, per considerarlo al massimo come un benefattore dell’umanità, sullo stile cencioso di “Gandhi”, che non è assolutamente lo stile del cristiano, figlio di Dio ed erede del Paradiso!