Il secondo convegno del Comitato “Nel nome dell’Infazia” – di Giampaolo Scquizzato

Questo secondo incontro pubblico, dedicato in particolare ai nuovi corsi di educazione all’affettività-sessualità e all’ideologia gender, ha messo in luce le gravi minacce alla crescita sana della gioventù. I relatori, oltre ad aver spiegato le origini filosofiche e culturali dell’ideologia del gender, hanno anche trattato l’importante tema dell’opposizione, anche sul piano pratico, al devastante piano di distruzione della famiglia e della gioventù.

di Giampaolo Scquizzato

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Lo scorso sabato 5 aprile si è svolto, nell’incantevole e recentemente restaurata sala della Scuola di Santa Maria della Carità, presso il complesso del convento di San Francesco in Padova, il secondo incontro proposto dal Comitato «Nel nome dell’Infanzia», in collaborazione con i «Giuristi per la vita», sul tema dei nuovi corsi scolastici di educazione all’affettività e alla sessualità. Tali corsi si propongono di togliere ai genitori il dovere-diritto di educare e formare i figli, con l’obiettivo, neanche tanto velato, di distruggere la famiglia, violando l’intimità e l’equilibrio psico-fisico dei fanciulli, instillando in loro la pansessualizzazione ed erotizzazione della vita, in una prospettiva tendente, oltre tutto, a presentare come normale qualunque pratica sessuale, anche contro natura.

La conferenza è stata introdotta dal Presidente del Comitato, l’avvocato Maria Assunta Opportuno, che ha delineato come il Comitato sia nato, tra l’altro, anche per informare le famiglie e i genitori, gli educatori e gli insegnanti e ogni persona che si trovi disorientata e, probabilmente, mal informata di fronte all’incombente e aggressiva opera di smantellamento di una tale “educazione”, anche scolastica, dei bambini e dei più giovani, all’insegna dell’omosessualismo e dell’ideologia del gender, teoria che, sempre più, pervade le normative, che partono dalle Nazioni Unite, per passare attraverso l’Europa e, infine, giungere anche in Italia e, in particolare, nel nostro sistema educativo. L’avvocato Opportuno ha fatto notare come, sotto le mentite spoglie della lotta al bullismo e dell’immaginario e soggettivo concetto di «genere» (contrapposto al reale ed oggettivo concetto di «sesso»), il vero obiettivo sia quello di eliminare e criminalizzare, trasformandolo in uno stereotipo, il concetto di famiglia naturale, formata da un padre e una madre, che generano dei figli e che si assumono il compito di educarli.

I due relatori, l’avvocato Elisabetta Bortoletto Frezza, Segretaria dei Giuristi per la vita, e il dottor Carlo Manetti, Vicepresidente del Comitato «Nel nome dell’Infanzia», si sono scambiati la parola in una piacevole alternanza di interventi, che hanno spaziato dai presupposti ideologici, giuridici, culturali e filosofici sottesi alla teoria del gender e alle impostazioni omosessualiste, per passare anche attraverso alcuni riferimenti a casi specifici, offrendo anche spunti pratici per la tutela della libertà di educazione dei figli, anche in risposta ad alcuni dei numerosi interventi del pubblico in sala.

L’avvocato Bortoletto Frezza ha iniziato con un commosso ricordo del professor Mario Palmaro, recentemente scomparso, riportando quanto ha scritto nella conclusione della lettera a Carlo Casini nel maggio 2013:

«Andando a Roma per la Marcia ho potuto visitare la Galleria Borghese. Fra le molte cose meravigliose, ho ammirato da vicino “La Verità svelata dal Tempo”, opera scolpita da Gian Lorenzo Bernini. Vedere quella statua mi ha commosso: ho pensato che dovremmo eleggerla a simbolo del nostro Comitato «Verità e Vita». Una piccola compagnia di gente che non si prefigge di cambiare il mondo a colpi di “male minore” e di compromessi, ma affermando qui e ora tutta la verità, pur sapendo che è messa in minoranza dall’opinione pubblica. Nella speranza che il tempo la vedrà trionfare. Il fatto interessante è che Bernini, quell’opera non ha mai potuto terminarla. Proprio come accade spesso a ciascuno di noi, quando ci accorgiamo che non avremo abbastanza tempo per adempiere al nostro compito, perché il termine di questa vita si avvicina a grandi passi. Altri, però, continueranno il lavoro iniziato. E non taceranno».

Da qui ha preso le mosse la relatrice, citando Chesterton quando dice «spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate», per aggiungere «e che gli uomini si dividono in maschi e femmine».

È ormai tempo di denunciare apertamente il baratro in cui vogliono fare cadere i nostri figli, smascherando allo stesso tempo i compromessi e i cedimenti e sollecitando le famiglie e gli educatori a fare quadrato attorno alla purezza e all’innocenza dei bambini. L’attacco concentrico e simultaneo che viene sferrato alla famiglia si prefigge, con i nuovi corsi alla sessualità, di violentare quel senso innato del pudore e del sacro che il bambino ha fin dai primi momenti di vita, per travolgere ed annientare la famiglia a colpi di perversioni. È questa l’attuale forma rivoluzionaria, dopo quelle politiche e sociali dei secoli dal XVIII al XX.

Il dottor Manetti ha fatto notare che è preferibile parlare di rivoluzione più che di rivoluzioni (francese, sessuale, femminista…): una è la Rivoluzione, che, in varie forme, altro non è che quella che i greci definivano ύβρις (übris), vale a dire la tracotante rivolta contro gli dèi e l’ordine da loro stabilito. La modernità, ha sottolineato il relatore, già con il volontarismo occamiano e con la filosofia kantiana, è passata dal realismo aristotelico-tomista al disconoscimento dell’oggettività del reale. L’uomo, in tale concezione, non sarebbe in grado di conoscere la realtà, rimanendo, così, costretto a rifugiarsi in un universo puramente mentale (Hegel giungerà ad affermare che è il pensiero che crea la realtà) e, quindi, soggettivo.

Si è fatto notare come due siano, sostanzialmente, i filoni da cui è originata l’ideologia del gender: Da un lato il femminismo, con la liberazione della donna dalla maternità, vista come un orrore, e dall’altro la rivoluzione sessuale sessantottina, con la separazione del piacere dal sorgere di una nuova vita.

Altro passaggio dirimente nella rivoluzione è stata la normalizzazione dell’omosessualità. L’American Psychiatric Association (APA) la ha, dapprima, derubricata da malattia, che, come tale, deve sempre essere curata, a disturbo, che, invece, deve essere curato solo quando è «egodistonico», vale a dire spinge verso uno stato depressivo (DSM[1] III); la ha, quindi cancellata dal manuale diagnostico, nel DSM IV, facendola, così, diventare una sorta di orientamento o preferenza sessuale naturale e normalizzata.

Il medesimo iter, ha fatto notare l’avvocato Frezza, è avvenuto, in maniera ancora più spudorata, per la pedofilia, solo con un DSM di ritardo: passaggio da malattia a disturbo nel DSM IV e cancellazione nel DSM V (2013). Tra i vari movimenti omosessualisti consultori delle pubbliche amministrazioni, anche scolastiche, italiane, figura il «Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli», intitolato al militante del movimento gay che propone, tra le altre aberrazioni, sadismo, masochismo, coprofagia e pedofilia, arrivando ad affermare:

«noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino l’essere umano potenzialmente libero. Noi, si, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di eros […], possiamo fare l’amore con loro».

Tanto basterebbe per far emergere il disegno criminoso e diabolico sotteso a questo capovolgimento della natura e della società.

Già con il rapporto dell’entomologo Alfred C. Kinsey, ha precisato il dottor Manetti, si è cercato di far normalizzare l’omosessualità facendo credere che il 10% della popolazione maschile sarebbe prevalentemente o esclusivamente omosessuale, ma questa affermazione era palesemente falsa e frutto di esplicite manipolazioni: per esempio, il 25 % degli intervistati dal dottor Kinsey erano o erano stati in carcere per crimini sessuali. Tali manipolazioni avevano l’obiettivo di fornire delle basi “scientifiche” per una “nuova moralità”.

Il dottor Manetti si è soffermato, poi, sulla figura del dottor Money, il paladino e primo propugnatore della teoria del gender, raccontando la dolorosa e tragica vicenda di David/Bruce Reimer, un ragazzo canadese che dopo la nascita fu sessualmente “trasformato” dal dottor Money, venendogli attribuito il sesso femminile. A David fu assegnato il nome di Brenda, fu educato come una bambina, ma non riuscì mai ad accettarsi, finendo vittima di disturbi psicologi e sensi di colpa, si suicidò nel 2004, due anni dopo aver perso il fratello gemello, anch’egli morto suicida, vittima della depressione per la vicenda del fratello.

L’ideologia del gender si incentra sull’assunto che ognuno possa assumere il genere che si sente di essere: maschio, femmina, gay, lesbica, transessuale, neutro, queer e così via, visto che ogni giorno si possono creare nuove identità fasulle.

Il pericolo, ha fatto notare il dottor Manetti, è quello di arrivare a marce forzate a quanto profetizzato da Aldous Huxley nel romanzo «Il mondo nuovo»: un mondo caratterizzato dalla fabbricazione degli uomini, dall’eugenetica, da una deriva totalitaria fondata sul controllo mentale degli individui, rieducati e costretti a pensare univocamente secondo il pensiero dominante, chiaramente di stampo pansessualista, omosessualista e genderista.

L’avvocato Frezza ha individuato, soprattutto per i genitori e gli educatori, le parole chiave che sono presenti in questi programmi e corsi di rieducazione sessuale e che devono far balzare sull’attenti, perché sono i grimaldelli con cui le menti che li hanno progettati vogliono mistificare la realtà. Alcuni di essi sono il diritto-dovere dell’educazione alla diversità; la destrutturazione degli stereotipi di genere, l’accettazione delle diversità, la lotta alle discriminazioni, il contrasto della propaganda omofobica, la prevenzione e repressione del bullismo, visto, naturalmente, come sempre “omofobico”: questi termini guida sono presenti nei famigerati libretti predisposti dall’Istituto Beck su incarico e sollecitazione dell’UNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali).

Acceso e interessante il dibattito che ha visto tra gli altri l’intervento del dottor Bruno Mozzanega, medico ginecologo di Padova, che si è prefisso, nel suo intervento, di far notare come l’omosessualità da sempre è esistita e che, quindi, occorre prenderne atto, occorre farsene una ragione, senza dover imporre perciò una visione esclusivamente fondata sull’amore tra maschio e femmina: la verità, quella della legge di natura, non sarebbe, perciò, unica, univoca e indiscutibile, secondo Mozzanega. Il dottor Manetti ha correttamente fatto notare che la realtà, l’essere, l’uomo-persona non si possono declinare e trasformare alla luce delle sensazioni dell’io, delle distorsioni patologiche del soggetto, ma che l’essere è ontologicamente determinato, contraddistinto, cosicché l’essere maschio e femmina sono l’unica realtà evidente, mentre le pulsioni e le tendenze omosessuali sono delle difficoltà, delle croci, delle problematiche che vanno affrontate e guarite. La verità, quella verità che da sempre la Chiesa proclama e che è una verità in primis razionale e condivisibile da tutti, anche dai non credenti, non è un’imposizione violenta ma un dono di Dio che passa attraverso la Chiesa, corpo mistico di Cristo, che ha sempre fermamente e vigorosamente proposto questa verità giacché, ha detto il dottor Manetti, citando il venerato teologo Réginald Garrigou-Lagrange

«la Chiesa è ferma nei principi perché crede, è duttile nelle applicazioni perché ama; i nemici della Chiesa sono duttili nei principi, perché non credono, e rigidi nelle applicazioni, perché non amano».

Anche un sacerdote, presente in sala ed intervenuto, ha confermato che i giovani oggi hanno una sete inesauribile di verità, non vogliono essere presi in giro, traviati da bugie e ideologie degeneri, ma desiderano fortemente conoscere la verità tutta intera e viverla quotidianamente, accompagnati dagli adulti e dagli educatori e illuminati dalla luce divina.

Toccante è stato l’intervento di una psicologa-psicoterapeuta che ha testimoniato come nella sua professione spesso si sia trovata a dover affrontare ed aiutare persone che volevano guarire dalla loro omosessualità, ma anche come oggi si trovi di fronte al muro di gomma di molti suoi colleghi che, pur sapendo che un bambino ha bisogno dell’educazione di un padre e di una madre, di fronte alla deriva del gender e dell’ideologia gay, si trincerano in un’indifferenza e in un silenzio che ricorda tanto quello di Pilato.

Preoccupata anche una madre che ha scoperto casualmente come a suo figlio siano state propinate alcune ore di lezione sulla parità di genere e sul contrasto dell’omofobia, pur non essendo stata avvertita dalle autorità scolastiche né essendo tanto meno previste tali attività nel Piano dell’offerta formativa (POF) della scuola: deprimente e allarmante, ha sottolineato la signora, è stato soprattutto il menefreghismo e il disinteresse degli altri genitori dei compagni del figlio.

I relatori hanno allora consigliato ai genitori in sala, qualora si verificassero casi simili di svolgimento di lezioni di educazione alla sessualità, alla parità di genere e di contrasto all’omofobia, di scrivere una lettera di diffida sottolineando la violazione dell’art. 30 della Costituzione, che assegna ai genitori il diritto-dovere di educare i figli, anche paventando la minaccia di togliere il figlio da quella scuola. Si è proposto tra l’altro, come modello efficace e vincente, una più diffusa organizzazione e attuazione della cosiddetta homeschooling, ossia l’istruzione e formazione dei bambini sotto il controllo dei genitori che possono “fare rete” e assumersi in pieno la responsabilità della formazione intellettuale dei figli.

Le discussione si è protratta ben oltre le ore 12, per la grande partecipazione del pubblico in sala, che, pur nella preoccupazione per le prospettive dell’educazione e della formazione delle giovani generazioni, ha potuto aprire gli occhi, formarsi e condividere esperienze e proposte.

La sala che ha ospitato il Convegno è affrescata con dodici episodi tratti dalla vita della santissima Vergine Maria, eseguiti da Dario Varotari (secolo XVI); il Comitato «Nel nome dell’infanzia» si fregia come simbolo della «Madonna della seggiola», bellissimo olio su tela di Raffaello Sanzio, che presenta la Madonna seduta su una seggiola nell’atto di tenere tra le ginocchia il Bambino Gesù, coprirlo, proteggerlo e difenderlo con amorevole preoccupazione dagli indiscreti e invadenti sguardi.  Le mani e il manto di Maria saranno rifugio sicuro per queste battaglie, certi che alla fine, come ha Lei stessa detto a Fatima, «il mio cuore immacolato trionferà»!

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[1] Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM) è il bollettino ufficiale dell’APA, in cui sono elencate le malattie ed i disturbi che l’Associazione ritiene meritevoli di studio e cura.

1 commento su “Il secondo convegno del Comitato “Nel nome dell’Infazia” – di Giampaolo Scquizzato”

  1. Grande chiarezza dei relatori, ma anche grande esempio di collaborazione e “interplay” nel modo di condurre la conferenza. Di lezione a chi si mette in cattedra per diffondere solo fumo: si può lavorare con umiltà e amore!
    Bruno-Tobia

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