“Dio onnipotente, che governi tutti gli elementi,
salva noi, armati come siamo di fede e di amore.
Salvaci dal gelo implacabile, dai vortici della
tormenta, dall’impeto della valanga,
fa’ che il nostro piede posi sicuro,
sulle creste vertiginose, sulle diritte pareti,
oltre i crepacci insidiosi,
rendi forti le nostre armi contro chiunque
minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera,
la nostra millenaria civiltà cristiana”
(Preghiera dell’Alpino)
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di Pucci Cipriani
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Eppure, voi non ci crederete, ma “qualche volta ritornano” i fantasmi del passato, i fantasmi lugubri del periodo più brutto della nostra storia d’italia, i fantasmi del Sessantotto. Quegli anni che seguirono il Concilio Vaticano II che, come ammise, papale, papale, il rosso Cardinal Suenens fu il “Sessantotto della Chiesa” in quanto aveva introdotto in seno alla Sposa di Cristo il veleno della triade della Rivoluzione francese : “Liberté (la libertà religiosa…per cui è ammesso ogni culto: tutte le religioni sono uguali), Egalité (la collegialità), Fraternité (l’ecumenismo). Da allora cominciò il sistematico scardinamento di ogni principio, sia nella Chiesa, sia nella società…
Lo scrittore francese Michel de Saint Pierre, già nel 1965, preconizza la Rivoluzione ecclesiale in due suoi bei libri editi in Italia dalla piccola Casa Editrice de “Il Borghese” : I Nuovi Preti”, un documentatissimo “J’accuse”, scritto sotto la forma di romanzo, in cui si dimostra come sulla scena del mondo siano rimasti due principali protagonisti, inconciliabili tra loro, il Cristianesimo e il Comunismo, quindi “Collera Santa” dove si documenta l’infiltrazione comunista nella Chiesa cattolica “che non deve essere combattuta di fronte”, ma dove bisogna portare la lotta di classe, la disgregazione, l’odio, l’antagonismo.
Profetico Michel de Saint Pierre solo se si leggano, alla luce della sua denuncia, i fatti di allora, a cominciare dal 1966 con la morte, in combattimento, del guerrigliero rosso don Camillo Torres, in Columbia e alla presentazione a Utrecht, da parte del cardinale “progressista” Alfrink, del “Nuovo Catechismo Olandese”; dalla pubblicazione del libello sovversivo “Lettera a una professoressa” (“E se qualche professore rimpiangerà la vecchia scuola media con il latino stia attento: quando andremo al potere lo manderemo in Siberia…”) e alla morte nello stesso anno (1967), a pochi mesi dalla pubblicazione, dell’autore don Lorenzo Milani. E poi il “clou” nel 1968: gli studenti della “Cattolica” che contesteranno, sotto le sue finestre, il Card Colombo, le occupazioni dell’Università fondata da Padre Gemelli, le dimissioni (e la conseguente morte per ictus) del Rettore Franceschini e l’elezione del cattocomunista Lazzati, l’apertura al Movimento Studentesco de “L’Osservatore Romano”, mentre a Bologna – dove il Card. Giacomo Lercaro (uno dei padri della lugubre Riforma Liturgica) aveva manifestato per la “pace” in Vietnam – si radunano le Comunità Ecclesiali del Dissenso… quindi l’occupazione della Cattedrale di Parma, la solidarietà della Comunità dell’isolotto, la condanna da parte di Roma, l’occupazione della chiesa del quartiere fiorentino da parte della rossa Comunità: la condanna del Catechismo eretico dell’Isolotto e il lungo Calvario del Cardinal Florit (oggi dimenticato), che dovette subire minacce, aggressioni, contestazioni volgari anche da parte di suoi confratelli nel sacerdozio, per aver condannato quella Comunità del dissenso e per aver avversato, saggiamente e coraggiosamente, anche l’operato di don Milani, che già era stato inviato a Barbiana, sui monti del Mugello, dal venerato Cardinale Elia Dalla Costa… e mille altri fatti.
Insomma potrebbe sembrare la situazione della Chiesa di oggi dove il Segretario della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) – che, probabilmente, rappresenta solo un cinque per cento dei vescovi – è riuscito con le sue uscite clownesche e fatte con un linguaggio rozzo e arrogante, dettate forse dalla voglia di piacere al “Padrone del Vapore”, a mettersi contro tutta l’Italia… e non solo l’Italia. Dalla Lega e Grillo – che giustamente vogliono un controllo su questa invasione islamica del nostro Paese – al Governo Renzi, dai parroci che “sopportano in silenzio” le mattane del Prelato, dai cattolici fedeli alla Dottrina di sempre… agli alpini.
Già, agli alpini… ai quali, grazie all’azione del Vescovo – Imam di Vittorio Veneto, è stato impedito di recitare la loro peghiera… rea di “apologia del trascorso bimillenario regime cristiano”…
I fatti sono noti. E danno un idea di quello che sta accadendo all’interno della Chiesa dove i valori come la Famiglia, il Diritto alla vita dalla nascita alla morte naturale, l’indissolubilità del matrimonio etc. sono stati sostituiti dai nuovi dogmi come: il riciclaggio della plastica, la differenziazione della spazzatura, il risparmio energetico della luce elettrica (prima di addormentarsi, invece dell’Angele Dei e del Pater, spegnere la luce) anche se resta integro e intangibile un unico dogma : QUELLO DELL’OTTO PER MILLE.
Ma torniamo agli alpini che hanno osato recitare – rischiando di offendere i nostri padroni islamici che dai loro minareti, posti nel centro delle nostre città, invitano con i loro insopportabili e inudibili mugolii, il popolo di Maometto a prostrarsi all'”unico vero Dio” Allah – una preghiera che ricorda la difesa della nostra Patria e della nostra bimillenaria Civiltà Cristiana.
Ripeto: niente di nuovo sotto il sole. A Firenze, nel 1972, centenario degli Alpini, il Prof. Don Luigi Stefani (clicca qui), già Cappellano della Divisione “Tridentina” in Albania, Docente di lettere in una delle scuole di don Carlo Gnocchi, scrive un libro sul suo grande collega: “Il Santo con la penna Alpina – Ricordo di don Carlo Gnocchi” (Quaderni dello Sprone – Firenze 1972) e Piero Bargellini è tra coloro che, in quegli anni di contestazione a tutto ciò che parlava di Patria e di Identità, prende posizione:
“Non dimenticherò mai – disse, tra l’altro, il Senatore Bargellini – quel bel giovane prete dal volto sorridente, dal sorriso intenso e dalla sguardo umile che mi richiese un sorriso per le sue bambine . Così, oggi, ben volentieri son ritornato tra voi, per presentarvi questa monografia , scritta da don Luigi Stefani, che gli fu collega e amico… è un libro veramente commovente nel quale è rievocata, nei suoi tratti essenziali, la figura di questo santo sacerdote e di questo bell’alpino… don Gnocchi come don Stefani è stato un soldato, è stato un alpino; ha sentito il dovere di servire la Patria; ha dato generosamente la sua gioventù, disposto a morire, disposto a rimanere ferito, mutilato. Anch’io sono stato soldato, mi sono messo apposta le decorazioni stamani. E le porto con orgoglio… il cappello alpino con la penna nera, stava benissimo sulla testa di don Carlo Gnocchi, perché sotto il cappello rimase sempre la figura del sacerdote e del soldato… Don Gnocchi – disse ancora Bargellini rivolto a quelle che un tempo erano le “mutilatine” – vi segue ancora, vi vuole ancora bene, vi vuole belle, buone, prega per voi; vorrebbe ancora infondere in voi coraggio, rassegnazione, speranza. Vuole per voi che il mondo ancora sorrida. E noi siamo qui proprio per rinnovarvi questo sorriso…”
Apriti cielo e spalancati terra!
Quello che hanno fatto oggi i vescovi del Triveneto e Mons. Galantino lo fece allora la canaglia sessantottarda che diffuse in tutte le scuole un volantino che invitava al “linciaggio” di don Stefani (“pennivendolo clerical fascista, denunciatore di preti come don Milani etc“) che ha distribuito un “libello” alle nostre “compagne” di Pozzolatico che rappresenta un “Manifesto della più vieta propaganda reazionaria” per cui “Leggendo queste cose non possiamo fare a meno di provare un profondo disgusto, non solo per i diretti interessati (Gnocchi… Stefani etc) ma anche per questa società che protegge certa “gente” ed ha la spudoratezza di professarsi libera e democratica”
Guarda caso, in quelle stesse giornate, coperti – come i ladri e i farabutti – dalle tenebre certamente i sessantottini di allora (forse migliori degli attuali) non si peritarono a spezzare le gambe a un grande crocifisso posto, nella piazzetta del Giglio, da don Stefani di fronte alla sua Galleria d’Arte “Lo Sprone”… e non contenti gli gettarono addosso la benzina e lo bruciarono…
Ma di fronte a quella dissoluzione almeno c’erano dei documenti ecclesiali eccezionali che ribadivano la Fede e la Dottrina di sempre, come le due encicliche di Paolo VI su “Sacerdotalis Coelibatus” (1967) e “Humanae Vitae” o il Documento di Condanna della “Teologia della Rivoluzione”…
mica spazzatura…
Ah, dimenticavo, nel volantino della feccia sessantottarda, veniva riportato integralmente un capitolo di Don Stefani che fotografava la situazione di allora che era uguale (forse migliore) di quella d’oggi. Ecco il testo di Don Luigi Stefani :
“Don Carlo ritorna!”
“Morente, amico mio, avevi espresso il desiderio di ritornare a Firenze per rivedere il tuo collegio di Pozzolatico. Tante cose sono cambiate da allora! A Firenze e in Italia!
Sono stati commessi errori madornali. Una progressiva degenerazione sta avvelenando l’anima stessa della Patria; e la corruzione e la disonestà si sono insinuate in tutti i campi.
Ritorna! Ti incontrerai con preti che hanno perduto la testa…
Vedrai derisi gli ex combattenti, i cappellani militari; esaltati i cosi detti “obiettori di coscienza” , tu che vestivi con orgoglio il grigioverde e portavi con fierezza il tuo cappello alpino.
Vedrai gettato nel fango il sacro valore della Patria e ti sentirai quantomeno appioppare la qualifica di reazionario e fascista.
Ritorna! Anche nel tuo collegio è entrata la contestazione: Molte ragazze poliomielitiche, che dovrebbero piangere di gratitudine pensando a te, non sanno niente di te, non ne vogliono sapere. La scuola esterna le ha avvelenate. Hanno perso la Fede.
Si sono lasciate strumentalizzare da chi ha diabolicamente strumentalizzato anche la loro infermità.
Le Suore, che tu hai voluto alla direzione del Collegio sono, purtroppo, impotenti e piangono nel silenzio e nell’amarezza del oro cuore. Le ragazze non le vogliono, le rifiutano.
Povero amico mio, a tutto avresti dovuto pensare, nell’ora drammatica della tua santa morte, fuorché a questo scempio di valori religiosi e morali, dei quali tu volevi ricche le ragazze dei tuoi collegi.
Don Carlo, ritorna, per dire a quelle anime che hanno bisogno, più delle altre, dell’aiuto di Dio. Hanno bisogno di capire che senza Dio la vita è assurda, che senza Dio il loro avvenire si profila disastroso….”
Anche don Luigi Stefani morì, precocemente e santamente, nel 1981… e il Signore, che tanto amava, gli chiuse gli occhi perché non vedesse questa lunga agonia della sua Chiesa… questo Venerdì di passione che sembra non finire, mentre ci raggela il vento freddo dell’apostasia.
17 commenti su “Il sessantotto della Chiesa… leggere Capanna e Don Milani per capire Galantino – di Pucci Cipriani”
rendi forte o Dio Padre Onnipotente il nostro animo e la nostra pazienza che deve sopportare anche questo infame “fuoco amico”,trattieni i nostri pensieri,frena la nostra lingua,ispira e guida le nostre azioni ma che almeno se ne vadano coloro che indegnamente calpestano lo stesso suolo che vendono al NEMICO!
W GLI ALPINI!
caporale alpino Alberto Speroni ..presente!
Ha ragione, dott. Cipriani. Io ero una ragazzina all’epoca e affrontavo vicende serie, non mi interessavo perciò di quel che stava succedendo nella Chiesa. Tuttavia ho ben nitidi nella memoria certi avvenimenti ecclesiali, sia del ’68 che degli anni immediatamente seguenti: cose allucinanti. Anch’io da un po’ di mesi ho fatto una constatazione simile alla sua, che stia tornando cioè quel clima, che non si è assopito, ma ha covato sotto la cenere fino a quando non ha trovato il modo di uscire, sprigionandosi con maggior ardore. Ora però, come nota lei, il contesto è peggiorato, sia dentro che fuori la Chiesa.
Non prevalebunt.
Cara Caudia, io nel ’68 ero all’università, a Pisa, allievo delle prestigiose Scuole Normali Superiori, e le dico che anche lì ne ho viste di cotte e di crude: era appena nato Potere Operaio, che era subito passato “alle mani”, bloccando la festa delle matricole e gettando in Arno i goliardi; le assemblee erano interminabili, perché i sessantottini non accettavano sconfitte democratiche; i compagni di collegio mi deridevano perché ero praticante e credevo nella “presenza reale”; molti di loro, poi, sono diventati classe dirigente e ora sono o al governo o in cariche importanti (vedi Amato, Letta, ecc.). In quel clima ho fatto una specie cdi “vaccino” antisinistre; quando li incontro, li scanso e non ci parlo nemmeno: se poi sono preti, o vescovi, o cardinali …o papi (?) prego mentalmente l’Imacolata che li renda inoffensivi. Pace e bene
Si, è veramente un lungo e doloroso Venerdì Santo e il gelido vento dell’apostasia soffia sempre più forte,
Teniamoci stretti e forti nella preghiera e nella Speranza, quando Dio vorrà arriverà la Pasqua di Resurrezione.
Fulvia
Sì, è stato così, pure se il ’68 studentesco non l’ho vissuto, data l’età. Di quell’epoca ricordo gli slogan per Mao e Ho-ci-min. Tutto finito, come il comunismo e il socialismo. Ormai siamo al multiculturalismo, alla fratellanza universale. Un tempo ti attaccavano come “fascista”. Oggi ti attaccano come “razzista”, se ti opponi all’invasione africana e musulmana. Sono stato avvisato da un Compagno francese di stare attento, poiché, a causa di ciò che scrivo, riceverò una denuncia per neonazismo e razzismo. Quindi, state attenti pure voi. O, meglio, aspettiamoci la persecuzione .dai nemici del Cristo e dei loro accoliti cattolici progressisti. Conosco di che pasta sono fatti. Hanno cambiato pelle, ma sono rimasti settari e vendicativi. L’importante oggi e sapere chi sono i Pastori che non hanno tradito il Cristo e dirigerci verso di essi.
Tutto bello come sempre, articolo e commenti, però questa volta bisogna
che contraddica la sempre cara Claudia: ” Ora il contesto è peggiorato,
sia dentro che fuori la Chiesa”.
Secondo me non è peggiorato: ormai ha toccato il fondo dell’abisso!
l Concilio V II – 62/65 – non solo è stato il ’68 della Chiesa, ma ha dato motivo, spinta e materiale per quello politico. Ricordo la squallida scena di quei seminaristi torinesi che, all’inaugurazione dell’anno accademico del ’66, salutarono il vescovo con “Viva Mao”. E, stando ai fatti, l’attuale dimensione orizzontale della Gerarchia, frutto del nefasto conciliabolo vaticano e la tensione di essa verso il relativismo “assoluto”, appare evidente come il comunismo e il socialismo non sìano stati sconfitti, ma, come l’idra di Ercole, sono rinati proprio nell’attuale gestione bergogliesca. Non è indiziario che questo papa legga soltanto La Repubblica, cittadella massonico/marxista, e disperda la congregazione dei Frati dell’Immacolata?
Storicamente, il Protestantesimo mosse da Nord contro Roma per sopprimere il cattolicesimo (“Civiltà Cattolica”). Lo slogan di Lutero “Via da Roma! ” si mostrò subito per quello che era: bagni di sangue in Germania, pressioni feroci contro l’Italia (Lanzichenecchi).
L’Italia resistette con l’aiuto della barriera geografica delle Alpi, a cui fu addossata la rete dei “Sacri Monti”.
La caduta dell’Italia e l’occupazione di Roma avvenne tramite la Savoia: territorio “bifronte” da secoli, la cui capitale era Torino ma la cui lingua era il Francese e la cui capitale storica era Chambéry. Tramite un Primo Ministro massone di obbedienza inglese -Cavour- fu attivata la tenaglia su Roma: via terra da Torino e via mare dalla Sicilia, con il sostegno navale inglese.
Il Protestantesimo arrivò a Roma nella sua forma “stilosa” anglicana e francesizzante, anziché sulla punta delle alabarde lanzichenecche (cosa che, peraltro, era successa nel 1527! ).
Cavour non era massone.
Cavour lo era – occultandolo con particolare cura.
Ci sono le fonti documentali citate dalla prof.ssa Pellicciari in uno dei suoi libri.
La Massoneria di obbedienza inglese e scozzese che entrò in Roma nel 1870, costruendo due anni dopo la chiesa anglicana di “San paolo Entro le Mura”, gli dedicò la strada verso il Colosseo: via Cavour, otttenuta con gli sventramenti. E una quarantina d’anni dopo, la “nuova Piazza San Pietro”: Piazza Cavour, oltre il Tevere, con Tempio Valdese e Palazzo di Giustizia. Al centro, Cavour, su un basamento pieno di triangoli.
Sindaco Nathan, Gran Maestro della Massoneria – modello di Francesco Rutelli (nelle parole di quest’ultimo)
Non sono “tornati”, perché non erano mai andati via. Semplicemente avevano fatto finta di arrendersi. La “caduta del muro di Berlino” è stata il più grande cavallo di Troia della storia, preparato e voluto da Gorbaciov, consultati gli euro-comunisti anche nostrani, per indurre l’Occidente ad abbandonare le proprie difese. Ci siamo cascati e gli abbiamo dato perfino il Premio Nobel. A lui, non a Papa Woytjla e a Reagan. Adesso lo si trova, pieno di soldi, fianco a fianco con l’élite che è al comando delle Nazioni Unite e che da lì incultura il mono-pensiero sincretista e femminista New Age attraverso la galassia delle sue finanziatissime organizzazioni governative e Ong. E’ una rete di comando mondiale che decide chi fa che cosa, siamo tutti schedati grazie al lavoro del KGB, poi diventato FSB, in tutto il mondo. Nulla avviene per caso, è tutto pianificato. Come le nomine dei 20 nuovi direttori dei più importanti musei italiani. Un tedesco a capo degli Uffizi. Quali le loro referenze ci si può…
Gorbaciov pontificò per anni dalle colonne de “La Stampa”. Le stesse da cui pontifica oggi Enzo Bianchi
Stupendo pezzo. Grazie mille.
Bravo Alex. Tutto quadra: dal muro di Berlino alla glorificazione di Gorbaciov, fino alla recente nomina del tedesco agli Uffizi. Un inganno globale a cui abbiamo creduto e a cui non si reagisce.
Per motivi anagrafici ho vissuto il 68, ed ho avuto dall’insegnante di religione, un prete della diocesi di Bologna,
(L’eterno riposo, dato che è morto) un insegnamento così populista e terzomondista da produrre danni fortissimi
nel mio animo, superati solo dopo molti anni. Tanto per citare una sua perla: Devo colpevolizzarli perché borghesi,
ed in quanto europei colpevoli del colonialismo. Testo adottato: Lettera ad una professoressa di don Milani.
NON SONO ALPINO E NON CONOSCO QUEL VESCOVO CHE HA DATO ORDINE AI SUOI PRETI DI NON FAR CANTARE IL BRANO — PREGHIERA DEGLI ALPINI. MA CONOSCO PERO’ UNA FRASE DEL GRANDE OSCAR WILDE: “NON ESISTE ALCUN PECCATO TRANNE LA STUPIDITA'”. PROSIT.
L’idea giusta sarebbe: “Esistono peccati continui, in maggior parte fatti per negligenza; sovrano di tutti i peccati è l’orgoglio; orgoglio e stupidità vanno a braccetto”