Il vero contagio è quello della disperazione

Abano Terme è una località termale in provincia di Padova, sulle pendici dei Colli Euganei, che è sempre vissuta delle attività legate al turismo e alla salute. Da un anno a questa parte è una città fantasma. Sabato scorso un ragazzo di vent’anni si è ucciso buttandosi dal terzo piano di un albergo abbandonato. Sotto gli occhi della sua mamma che lo inseguiva, impotente. Era depresso.

Un nostro figlio è morto gridando nel vuoto il suo dolore. Mille e mille altri nostri figli soffrono in silenzio dentro le mura di casa, da reclusi. Oppure in transito in qualche altro luogo sterile e sterilizzato, ad accesso controllato e in rigoroso regime d’emergenza. Entro orari tassativi è concessa una pausa d’aria, purché senza respirarla, l’aria, perché resta obbligatorio indossare ovunque il bavaglio senza soluzione di continuità. Come è obbligatorio, per esempio, rispettare il senso unico pedonale per le vie del centro, dove una fitta segnaletica e posti di blocco delle forze dell’ordine stanno a significare la cogenza del precetto e incutono la dovuta soggezione ai peripatetici, nuova categoria criminologica posta sotto speciale sorveglianza. E comunque, è vietato stare vicini – nella bozza dell’editto prossimo venturo si legge: «al fine di mantenere il distanziamento sociale, è da escludersi qualsiasi altra forma di aggregazione alternativa». È bene ripetere: qualsiasi-altra-forma-di-aggregazione-alternativa.

Di fatto, è dunque vietato giocare, stare insieme, passeggiare liberamente, alzarsi dal posto e sgranchirsi le gambe, è vietato innamorarsi se non tenendosi tutto dentro il cuore, o affidando brandelli di sé all’attrezzo digitale. Niente ritrovi, niente festine, niente abbracci, un grottesco simulacro di scuola.

Come si può non soffrire? È impossibile. C’è chi si fa forza e in qualche modo cerca di reagire a una realtà opprimente, chi si rinchiude nel suo bozzolo e magari gli pare di starci pure bene, chi piange. Chi si fa del male. Che prezzo immane pagheremo per questo feroce esperimento sociale quando, cessata la sbornia mediatica indotta per ottundere i cervelli, verrà davvero il tempo dei bilanci? 

Amministratori, voi che fate a gara per ideare vessazioni inedite, ce l’avete una vaga percezione di cosa state infliggendo ai nostri giovani? “Educatori”, voi che, impegnati e compunti, esortate gli alunni a praticare la “resilienza” come chiedono i manuali di (ri)educazione civica, riuscite per un attimo a pensare al disastro umano di cui vi state rendendo complici? Procedete come automi, esecutori implacabili di ordini insensati, dispensatori a vostra volta di ordini inventati, in un crescendo di demenza senza fine. Ma davvero non vedete come il vento di follia da cui vi lasciate trasportare a corpo morto lasci dietro di sé una scia di tristezza quando non di disperazione, e molte più vittime di quelle causate dal microbo nefasto? Pensate forse che di questo danno immane non sarete chiamati a rispondere? 

EDUCAZIONE CIVICA E RESILIENZA Il monstrum, che porta il nome bello e rassicurante di “educazione civica”, sta velocemente radicandosi come un parassita rampicante nel cuore degli insegnamenti curricolari, succhiando ore e linfa e senso alle discipline fondamentali: è stato congegnato con tempismo strabiliante per entrare in vigore al momento giusto, in piena palingenesi pandemica. 

Non è altro che un nuovo catechismo – abbracciato con slancio anche dalle parrocchie, in sostituzione di quello scaduto – funzionale a instillare e progressivamente cementare nelle teste degli scolari, attraverso una serie di formulette rituali, i nuovi comandamenti dettati sul monte Davos e scritti nelle tavole della legge “umanitaria” che va sotto il nome di Agenda 2030: quella che dà titolo a tutti i libri di testo della nuova supermateria. È il manuale del bravo cittadino obbediente, conforme, ligio all’autorità. Si fa presto, così, a plasmare eserciti di soldatini modello, scandendo a ritmo totalitario i dogmi del civismo di regime, e insieme alimentando la paura e i sensi di colpa, e ancora demonizzando e reprimendo sul nascere ogni impulso di insubordinazione: l’insopprimibile bisogno di appartenere a un gruppo in cui riconoscersi esercita sui giovani una pressione potente e quasi invincibile. Basta minacciare l’ostracismo, e il gioco è fatto.

Una delle parole d’ordine del decalogo è la famosa “resilienza”, che fino a poco tempo fa era una proprietà dei materiali e stava a indicare, dal latino resilio (salto indietro, rimbalzo), la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. 

Ultimamente il termine va di moda in senso traslato, a significare l’attitudine di un individuo, o di un sistema, di adattarsi a una condizione negativa o traumatica. Piace alla gente che piace, soprattutto agli psicologi e ai sociologi, alle soubrette televisive e ai presidenti incaricati, perché suona bene e permette di darsi un tono di elevazione culturale a buon mercato, mentre fornisce a chi lo sfoggia la prova incontrovertibile di essere à la page. Un noto influencer e deejay, tale Gianluca Vacchi, se lo è fieramente tatuato sulla pancia. Sgarbi, dopo il discorso di Draghi al Senato, che lo ha ripetuto dieci volte dieci, ha detto che si tratta di neologismo «usato solo dagli incapaci, dai cretini, dagli ignoranti». 

Ma sbaglierebbe chi lo liquidasse come mero fenomeno di folklore linguistico, perché in realtà è ben di più: è strumento di una manovra di persuasione collettiva per cui, in presenza di radicali cambiamenti per la loro vita, le persone vanno educate ad adeguarvisi senza opporre alcuna resistenza e, ancor prima, senza tentare di comprendere cosa davvero accada, ad opera di chi, e perché. In pratica, la gente deve convincersi che la virtù risiede nel saper sviluppare in ogni circostanza un indefinito spirito di adattamento, in modo che lo sforzo sia rivolto sempre e solo verso se stessi, a prescindere dal tipo di cambiamento, dalla sua genesi e dalla sua bontà: non deve essere contemplata l’opzione di contrastarlo e superarlo, nemmeno quando implichi imposizioni palesemente ingiuste, dissennate, distruttive. E così, a scuola, bisogna programmaticamente scoraggiare ogni velleità di pensiero autonomo e alternativo, che rischi di indurre qualcuno a non subire supinamente i comandi diramati dalla centrale.

PROTOCOLLO SCOLASTICO VENETO Il Veneto laborioso ed efficiente è un laboratorio di eccellenza per testare il tasso di resilienza della popolazione. Possiede un governatore nominato per acclamazione, e un inveterato rispetto per le istituzioni. Vige, qui, un nuovo protocollo per la gestione dell’epidemia nelle scuole. Lo ha elaborato l’autorità sanitaria sottoforma di linee guida e poi la regione lo ha imposto alle scuole di ogni ordine e grado, asili esclusi, senza nemmeno recepirlo con un qualche genere di provvedimento formale. Il Servizio di Igiene e Sanità Pubblica, dunque, è diventato legislatore. Congratulazioni.

Ebbene, questo protocollo prevede che, alla presenza di un caso di positività, anche se riguarda un soggetto asintomatico e quindi verosimilmente non contagioso (lo dice pure Fauci), scatta il tamponamento di massa, tramite convocazione allo stadio, curva sud (non è una boutade), di tutta la classe. Cioè, non solo dei contatti stretti, individuati secondo i criteri stabiliti tenendo conto della pletora di stringenti misure di sicurezza imposte agli scolari e ai docenti (mascherine sempre, rigoroso distanziamento, igienizzazione, finestre aperte, divieto di scambio di materiali, eccetera eccetera). No. Tutto il repertorio di restrizioni è di fatto vanificato dalla trovata del “contatto scolastico”, categoria inventata per far partire in automatico per classi intere la giostra dei tamponi seriali e l’eventuale quarantena. 

Tutti allo stadio per il trattamento, tutte le volte che si verifichi un presupposto che è ormai fenomeno corrente, normale, persino fisiologico.

È stato costruito un marchingegno perfetto per sottomettere le famiglie, senza eccezioni, a un ciclico rituale, che testimoni la partecipazione corale alle sacre liturgie della nuova religione terapeutica la quale, come ogni religione che si rispetti, richiede offerte.

Se poi la conversione non fosse spontanea, scatta la minaccia. Sì, perché il testo redatto dalla autorità sanitaria onnipotente, e recepito con atto di fede dalla autorità amministrativa, prevede che, nell’ipotesi residuale in cui qualcuno rifiuti il tampone – com’è nel suo diritto costituzionalmente garantito in materia di trattamenti sanitari –, lo stesso SISP, «oltre a porre in quarantena i contatti scolastici senza test di screening», valuti «le strategie più opportune per la tutela della salute pubblica, inclusa la possibilità di disporre la quarantena per tutti i contatti scolastici (a prescindere dal test di screening)». Tradotto: ti passa per la testa l’idea di non far tamponare tuo figlio con le modalità zootecniche prescritte? Sappi che possiamo scatenarti addosso una cinquantina di genitori infuriati, ti avvertono le istituzioni provvidenti, quelle stesse che organizzano compulsivamente progetti contro il bullismo nelle scuole.

Ricapitolando: un manipolo di signori senza arte né parte, che non sa nemmeno cosa sia il diritto e ne brandisce a vanvera le parole, in virtù della divisa che indossa si permette di tenere sotto schiaffo una popolazione fatta di bambini, di giovani, di famiglie, di lavoratori, attraverso la forza e l’intimidazione. La tragedia vera è che le vittime, per lo più, incassano, sacrificando all’idolo sanitario ogni bene e ogni libertà.

C’È CHI STA PAGANDO E CHI PAGHERÀ Le greggi stanno dimostrando una docilità probabilmente insperata al loro stesso mandriano. Il terreno è già pronto per la soluzione finale, verso la quale accorreranno in molti, dietro il miraggio del ritorno a una normalità i cui connotati vengono nel frattempo via via ridefiniti. 

Non tutti però sono disposti a offrire i propri figli come vittime sacrificali al nuovo feticcio terapeutico. E chi vede il disegno in controluce non si arrenderà facilmente.

Se può ancora darsi che qualche povero teledipendente sia convinto della narrazione ufficiale diffusa a reti unificate – gli stessi media che esercitano una censura serrata contro qualsiasi voce dissonante – è difficile, ormai, credere alla buona fede di chi ricopre posizioni di potere; impossibile pensare che lorsignori ignorino come centinaia di medici onesti e intraprendenti stiano onorando l’antico giuramento e curino la gente in casa con farmaci sicuri, di lungo corso, che hanno il solo effetto collaterale di essere innocui ed economici. Impossibile che non sappiano che il Covid si sconfigge a domicilio e che è entrato a far parte, come era per l’influenza stagionale oggi miracolosamente scomparsa, della nostra quotidianità. Impossibile che non vedano i danni incommensurabili che il Covid pigliatutto ha provocato, numeri alla mano, col sottrarre l’assistenza ai malati di altre più gravi patologie, che muoiono come le mosche per carenza di cure. Vergognoso che facciano finta di non accorgersi della barbarie che le procedure dell’emergenza portano con sé, della solitudine siderale dei vecchi e dei malati, della sofferenza dei giovani segregati nella prigione dei sensi e criminalizzati se sognano di evadere.

Nulla ha senso nello scenario apocalittico che da un anno stiamo subendo, come tante comparse involontarie di un osceno film dell’orrore. Basterebbe essere in tanti a resistere ai ricatti e a obbedire alla legge, quella vera, che riconosce e garantisce le libertà fondamentali e sta lì proprio per proteggere quelle libertà dagli abusi degli apprendisti tiranni.

Ma, intanto, quel nostro figlio si è buttato dal terzo piano di un albergo diroccato sotto gli occhi di sua madre. Intanto ai nostri figli viene di giorno in giorno sottratto un pezzo di vita. Gliene stanno graziosamente lasciando qualche boccone che sa di medicina, da assumere sotto stretto controllo dell’autorità, in alternativa al trasferimento armi e bagagli nell’inferno della finzione virtuale in via di rapido consolidamento nel dicastero di Colao.

Finché arriverà il momento in cui la verità, autoevidente, diventerà contagiosa e soppianterà altri contagi. E allora tutti quelli che l’hanno pervicacemente calpestata, al riparo di un sistema criminale che si crede imbattibile, saranno chiamati in fila per uno a pagare il conto.

13 commenti su “Il vero contagio è quello della disperazione”

  1. La Verità arriva sempre. E quando arriverà vedremo tutti questi cooperatores iniquitatis in fila a pagare il conto. Io ne sono sicura, anche se io molto probabilmente non ci sarò più. Ma arriverà.

  2. Piccolini di tre anni (quale uno dei miei nipotini) verranno sottoposti a tampone poiché nell’asilo da loro frequentato alcuni bimbi hanno presentato sintomi preoccupanti. Addirittura si fanno tamponi al sopraggiungere di semplici raffreddori. Siamo al delirio, ma bene accetto nel clima di terrore che si respira. Persino con i propri figli bisogna quasi litigare quando si toccano i tasti dell’ “emergenza sanitaria”.
    Quanto poi all’attento lavoro sulla civica educazione svolto da ligissimi insegnanti nelle scuole, posso dire per diretta esperienza, che c’è da mettersi le mani fra i capelli. Prima e seconda media, prof.ssa di iItaliano: bombardamento continuo sulla normalità di gender, omoamore, magagne del cattolicesimo e via di seguito. Gli altri insegnanti non da meno, ma forse più tenuamente, senza però esimersi dal mostrare tramite opportune scollature il bello del tattoo (l’ho scritto bene?…)
    Finirà mai l’era di questo satanico planetario inganno?

    1. Concordo con l’analisi da lei fatta. Sono un’insegnante che si discosta dalla massa di coloro che si sono allineati al sistema del “politically correct”. Credo ancora in una scuola deputata all’educazione ai valori umani universali che nulla hanno a che vedere con l’adeguarsi ad una sottomissione alle istituzioni governative e alle loro ingiunzioni viziate da beceri interessi di potere. È vero che in molte scuole vi sono insegnanti che propagandano il loro credo materialista e positivista danneggiando e destabilizzando le menti dei fanciulli, con lo scopo di aumentare le fila degli individui che la pensano come loro. Fortunatamente ci sono ancora insegnanti “fuori dal coro”, che non si lasciano impaurire e trasmettono il coraggio di essere se stessi e non copie altrui, che vogliono davvero il bene dei propri allievi e hanno a cuore la formazione del loro carattere e la loro felicità. Credo che la scuola cambierà in meglio, non so dire esattamente quando e come, o se avverrà per piccoli gruppi fortunati, certo è che tale processo è inevitabile, si sente nell’aria, e seguirà il risveglio delle coscienze di un buon numero di persone. Non smettiamo di credere che il Bene trionfa sempre, espandiamo pensieri positivi, di speranza e gioia! Sono fiduciosa!

  3. Carissima Elisabetta,
    io abito a pochi km da Abano, ma con il cuore a pochi metri da Fatima, dove sono stato moltissime volte e per lunghi periodi. Forse vado fuori tema rispetto al tuo articolo, ma quando ci troviamo nel buio è naturale cercare un raggio di pura luce, e guardare ai luoghi di grazia che in passato sono stati fari per noi e per molti. Ebbene, ho un caro amico italiano che abita da quattro anni a Fatima. Ecco le notizie: a parte la sospensione totale delle Messe, vigente ora in Portogallo, il Santuario è DESERTO, nella cappellina delle apparizioni tre-quattro persone al giorno, la Via Crucis di Aljustrel deserta, tutti i negozi di articoli religiosi (l’ossatura della città) e i ristoranti chiusi: UNA CITTA’ MORTA. Non è un bel segno…..
    La tempesta passerà, ma ora ci siamo dentro….
    Buon lavoro, uniti nella preghiera
    Bruno PD

  4. giampiero corradini

    ciao Elisabetta,condivido totalmente il tuo scritto punteggiatura inclusa,ormai purtroppo l’ubriacatura ideologica non risparmia che pochi impavidi affranti di tanta cecita’ e disponibilita’ assoluta alla sottomissione.
    Certo a noi sembra cosi’ evidente che la narrazione univoca sia costruita,abilmente,sulla menzogna ribadita ovunque sino allo sfinimento..ma tant’e’..a questo punto siamo di fronte a un bivio ineludibile:o attendiamo fiduciosi e pazienti l’intervento di ns.Signore GC che puo’ porre fine a tale follia ideologica,o anche noi,consapevoli del rischio e del grave pericolo incombente,ci attrezziamo per combattere una guerra che non volevamo ma che ci e’ stata dichiarata con odio luciferino.Ben altro discorso sarebbe possibile se la Chiesa ufficiale non avesse abdicato vergognosamente al proprio mandato…
    grazie ancora per la tua tenacia implacabile nel denunciare le irresponsabilita’ ottuse di chi dovrebbe guidare e vigilare…
    un caro saluto a te e alla tua famiglia Giampiero Rita

  5. Questa analisi sulle cause di questa tragedia dovrebbe essere letta da tutti.
    La morte del giovane è frutto di un male che si sta espandendo inarrestato.
    Abano, fino a ieri piena di vita ed oggi spettrale è il modello di società verso cui tutti ci stiamo incamminando se i pazzi non verran fermati.

  6. Attilia Brusini

    Il quadro descritto dalla dottoressa Frezza esprime tutta la triste realtà che di giorno in giorno si fa sempre più drammatica e surreale, ma ahimè vera. Per chi riesce ancora a vedere oltre i fatti contingenti, si presenta una prospettiva di ulteriori chiusure e perdita di diritti di drammatica memoria… La rete delle coscienze sveglie deve rinforzarsi, infittire le maglie, raccogliere frutti. Genitori, insegnanti, dirigenti, intellettuali, persone vive unitevi!!!

  7. Hai detto bene, Attilia. Bisognerebbe unirsi. Ma come? Chi ci guiderà? Come facciamo? Sono oltremodo stremata e preoccupata.

  8. “Chi ha la ostinata convinzione che le cose stanno andando esattamente come viene narrato ai telegiornali difficilmente si appresta a leggere qualcosa che contraddica questa “narrazione di regime”. Sottolineo fortemente questa frase che ho letto su un sito che seguo, “Il Bene vincerà” Anche gli amici, i conoscenti, i colleghi di lavoro, più intelligenti, se si son fatti irretire dai mass media di massa, difficilmente ne escono fuori, per poter ragionare con obiettività e un minimo di capacità critica. Non riconosco più tante persone che reputavo intelligenti e ricchi di cultura, che solitamente frequentavo da anni, perchè il loro ragionare ormai è un “copia incolla” dalle fonti di informazione ufficiale. Sembra un antico film che vidi da ragazza e che mi terrificò, ma che mi fece dire, a me stessa: non cascarci mai ! Il film si chiamava “L’invasione degli ultracorpi”. Era un film così terrificante che sembrava assurdo potesse accadere nella storia degli uomini. Ed invece sembra stia per accadere. E’ urgente , assolutamente urgente lottare per i nostri figli, per le nuove generazioni, che stanno soffrendo terribilmente , senza tregua, senza uno spiraglio di luce!!! Siamo sotto una terrificante dittatura politica, mediatica!!! Siamo in un “Regime” sanitario, militarizzato!!! Uniti possiamo farcela a salvare i nostri ragazzi! Sono insegnante da 33 anni e vedere i miei ragazzi imbavagliati 8 ore al giorno è criminale!!! Sono insegnante di Religione nella scuola primaria: bambini di 6 anni – -11 anni imbavagliati per 8 ore!!! 8ore!!! Durante le mie due ore di religione, i ragazzi li faccio uscire in giardino della scuola per farli giocare un pò!Il Ma c’è sempre qualche collega che ricorda maniacalmente: “la mascherina!” E la cosa terificante che ormai anche i bambini tra loro si rimproverano: “la mascherina!” Siamo alla follia! Io non voglio far parte di questo gioco al massacro. Il Signore ci liberi.

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