Una volta la chiesa parlava in latino. Adesso, cambiata ragione sociale, parla l’inglesese della umma globalizzata e lancia il Global Compact on Education. Non per nulla in modo speculare, per la proprietà transitiva, i comunisti che una volta guardavano a Mosca, ora, evolutisi, guardano a Bruxelles e a New York.
La chiesa parla dunque l’inglesese, nuovo esperanto della colonizzazione intellettuale dell’occidente, per cui il pescivendolo pescarese si titola The king of fish, i grandi i magazzini annunciano la new collection e i dirigenti scolastici riconoscono a se stessi una fatale, conturbante mission. Ed essa usa questo impegnativo linguaggio per esprimere tutta la gravità della impresa di cui si fa promotrice.
Ora, sappiamo bene come il deserto morale e culturale e intellettuale spalancatosi alla nostra vista dopo la deificazione della libertà, abbia ingigantito a dismisura il problema sempre impegnativo dell’educazione, insieme a quello diventato sempre più drammatico dell’istruzione. E come educazione e istruzione, connesse ora più che mai tra loro, nell’attuale come in ogni moderno regime dispotico totalitario, non siano per nulla funzionali agli individui e alla comunità, ma alla tenuta del potere, e della sua ideologia. Così, proprio di fronte all’urto di una modernità capace di scuotere ogni equilibrio esistenziale, il piano educativo è stato modellato in modo compiuto dalla Buona Scuola renziana sulla visione antropologica e sociologica di donne della statura morale, intellettuale e culturale delle Cirinnà, delle Bonino, delle Fedeli, et similia. Mentre l’istruzione, livellata in ogni ordine di studi verso un minimo alla portata di ogni testa nel nome altisonante del Miur e dell’ignoranza democratica, è stata la marcia progressista e progressiva verso l’analfabetismo di Stato. È iniziata cinquant’anni fa, ed è stata implementata con costanza ammirevole da tutti i ministri incompetenti senza soluzione di continuità. Dopo l’ultimo apporto ministeriale dell’esperto di ginnastica, aspettiamo trepidanti le prodezze del Fioramonti.
A frenare l’immane sfacelo in atto, in tempi normali per la chiesa, ovvero in tempi ormai remoti, essa avrebbe fornito il soccorso dell’educazione cristiana e della propria millenaria esperienza e sapienza di studio. Di quel primato culturale che per secoli le aveva permesso di controllare anche il potere politico al quale, per essere mediatrice tra cielo e terra, forniva anche la legittimazione. Incoronò l’imperatore analfabeta, ma gli fornì anche un grande maestro cristiano.
In tempi più recenti, in assenza di una scuola di Stato, era il prete o il seminario a togliere dall’analfabetismo i figli delle famiglie povere, mentre l’educazione cristiana, e poi cattolica, radicata nel profondo della società, trasmessa dalle generazioni, era capace di assicurare la tenuta etica della comunità, sostenuta da regole di comportamento che venivano sentite buone per tutti, perché in armonia con una legge superiore trascendente.
Ora invece la chiesa, che col Concilio si è inginocchiata al mondo, secondo la tardiva ammissione di uno che quell’inginocchiamento lo aveva incoraggiato, non si presenta a buon diritto come mediatrice tra cielo e terra, perché non crede ci sia un cielo sopra la terra oltre quello solcato dagli aerei papali. Allora non le rimane che adeguarsi alle direttive del potere dominante e per sopravvivere materialmente al proprio suicidio spirituale, poiché la carne, come si sa, è debole, si dà l’aria di chi ha qualcosa di importante da dire oltre quello ritmato dalle grancasse del regime.
E pensa di potersi presentare ancora con l’elevazione dell’airone dopo avere preso a razzolare come un qualunque pennuto da cortile incapace di superare la rete di recinzione. Perché, se fuori ai gattopardi sono dappertutto sopravvenute le iene, nelle chiese svuotate ai Biffi sono sopravvenuti i Paglia e ai Papi i Bergoglio.
Dunque, vuole ora dire la sua a proposito di un’educazione che il regime ha già forgiato da lustri per creare un gregge docile alla tosatura di ogni pensiero non consentito.
Ed è Bergoglio in persona a presentare il Global Compact on Education e a sciorinare pensoso tutta la grande teosofia che lo sorregge. Anzitutto quella originalissima del Nuovo Umanesimo, il pacco che politici d’accatto e i loro intellettuali di riferimento, si passano ora di mano in mano come in una partita di pallavolo. Senza, ovviamente, essere sfiorati dal senso del ridicolo che del resto non ha mai turbato neppure l’uomo della Pampa.
In questo discorso promozionale, citando abbondantemente se stesso, forte di quella virtù che la psicologia moderna chiama autostima, e compreso della gravità della propria mission di vicario dell’Uomo, ha annunciato il varo di un’educazione capace di creare una umanità nuova, omogenea, egualitaria secondo la famosa ricetta di Procuste, e libera da ogni differenza. Infatti ha invitato democraticamente tutti ad affrontare insieme a lui, le famose “sfide che ci interpellano” nientemeno che per “costruire il futuro del pianeta”. Cosa che implica ovviamente, un grande “cambiamento”. Le sfide, si sa, sono entrate nel linguaggio liturgico e continuano ad affliggere questa chiesa interpellandola di giorno e di notte, ma senza ottenere, a quanto pare, nemmeno una risposta. Ma è stata pronunciata solennemente anche l’altra parola liturgica, il cambiamento, che riecheggia ad intervalli regolari da tutti i colli fatali di Roma. Poche battute dunque e abbiamo già incassato: le sfide, il cambiamento globale, il cammino educativo, la solidarietà universale, la società accogliente assicurata da inclusione, ascolto e dialogo.
Dunque il programma è serio. Attraverso l’educazione si deve formare una mentalità “accogliente”, grazie alla quale il lupo e l’agnello dormiranno insieme, perché rivestiti entrambi nel frattempo con la egualitaria pelle dell’asino, abbracciati davanti al fuoco sacro di Gea. In altre parole l’Uomo, dopo tanto sforzo evolutivo verso la differenziazione dal quadrupede originario, ci ha affidato il compito di creare un gregge omogeneo di umanoidi ammansiti, al riparo dall’invidia per differenze cromatiche o culturali, che finalmente razzoleranno innocui sopra la terra beata che è appunto la Madre del Dio Uomo. Si chiama legge dell’involuzione innaturale.
Tutto chiaro. Così la chiesa aggiornata, dopo aver deciso che quelle della morte o della esistenza di Dio sono questioni di lana caprina, ha concluso che se Dio non esistesse non ci sarebbe in ogni caso neppure la necessità di inventarlo. Infatti chi muove il sole e le altre stelle è solo l’Uomo, che con i miracoli della tecnologia ha surclassato ogni altra divinità storicamente riconosciuta e pare abbia stabilito il nuovo programma planetario cui deve essere volta l’educazione.
Ma dall’aria fritta emerge subito come la mission del Global compact on Education sia in realtà quella di far rinvenire il Global Compact on immigration messo da parte a suo tempo in Europa, e che, per dritto o per rovescio, è lì che si va sempre a parare. Al meticciato globale prossimo venturo.
L’educazione deve inculcare l’idea eticamente elevata che alle pecore sia precluso restare bianche o nere come sono nate, debbano diventare per incanto tutte monocromo monopensiero e monosessuate. Per operare questo miracolo di eugenetica planetaria l’educazione è affidata al villaggio globale indottrinato secondo le direttive del Minculpop europeo.
Ma un dubbio interpella anche noi miscredenti. Sappiamo che da quelle parti c’è sempre in cantiere il progetto di ridimensionare le pecore quantitativamente. Un risultato a cui si può concorrere oggi con l’aborto, l’eutanasia, l’omosessualità, le droghe di ogni peso, il trapianto di organi da vivi che vengono resi morti, e domani magari con il cannibalismo, magari introdotto attraverso la mediazione culturale dei riti voodoo. Dicono che dalle parti di Macerata abbiano sperimentato un’anteprima.
Tuttavia qualora tutti questi mezzucci appena elencati non bastassero a sfoltire il gregge globale perché in ogni caso, anche se servono a ridurre all’osso gli indigeni europei, gli indigeni africani pare abbiano intenzione di aumentare ancora in modo esponenziale, alla fin fine forse basterà scatenare la guerra tra i primi e i secondi, e risolvere il problema numerico de plano, nel modo più naturale possibile e una volta per tutte.
La chiesa del Global compact on Education ovvero on immigration, lavora al proprio piano grandioso, bisogna riconoscerlo, in ogni diocesi, dove l’umanesimo umanitario al servizio dell’umanità sovrabbondante, apre i patrii confini insieme a tutte quelle menti evolute già emancipate dalla lettura compulsiva del fu Camilleri Andrea. Così tutta l’omiletica, anche laica, è un brulichio di ponti, porti e altre accoglienti infrastrutture.
Insomma, dopo avere portato a termine la riconversione industriale della Chiesa, il Vicario, con l’aiuto dei competenti quadri dirigenti, si inchina davanti al Grande consiglio di amministrazione dell’occidente che gli ha impartito le direttive tenendo in mano il turibolo, mentre il signor Conte fa compostamente il chierichetto. Noblesse oblige.
Una nota a parte merita ora anche la illuminatissima Ursula, senza più cognomi, che auspica una direttiva capace di imporre a tutti i sudditi di uniformarsi allo “stile di vita europeo”. A dire il vero una idea simile, anche se in termini invertiti, e sia pure come semplice auspicio, era venuta nientemeno che alla nostrana Boldrini. Ma ci voleva il genio filosofico tedesco per immaginare di poterle dare una veste giuridica, in vista della omologazione universale degli umanoidi.
Ora dobbiamo prendere piena coscienza di un dato decisivo che taglia la testa al toro: col terzo millennio siamo entrati di slancio in una nuova era. Quella dei giganti del pensiero. Dunque alle nuove educande generazioni basterà volgere ad essi il proprio sguardo fiducioso. Ed è fatta.
3 commenti su “Il vicario dell’Uomo”
Non stupisce che tutto ciò sia il pensiero del mondo. E’ una sciagura che sia anche il pensiero della chiesa, fu cattolica.
… purtroppo è fatta.
Come ha ragione Patrizia!
E meno male che, per ora, non ci vietano di perseguire le virtù della carità, della fede, della speranza e di praticare quelle della fortezza, della giustizia, della prudenza e della carità…
Massimo