In hoc Signo… pugnas. Considerazioni su Fede, pace e pacifismo – di Marco Sudati

 

Il 28 ottobre cade l’anniversario della battaglia di Ponte Milvio (Roma 312 d. C.), quando le legioni guidate da Costantino il Grande sconfissero l’armata del rivale Massenzio in uno scontro il cui esito segnò la storia del mondo, ponendo le basi per la nascita della Cristianità.

Tale evento è strettamente legato alla visione dell’Imperatore (1), al quale, la vigilia della battaglia, apparve nel cielo un segno: la sovrapposizione delle lettere greche X (Chi) e P (Ro), iniziali del nome di Cristo (XP, il monogramma di Cristo). Segno accompagnato da una voce esclamante: “in hoc signo vinces”. Costantino fece apporre sugli scudi dei suoi soldati quel segno, e la vittoria fu sua.

Prendiamo spunto da questa ricorrenza, per affrontare un argomento che nel corso degli ultimi decenni – soprattutto in virtù della confusione seguita al Concilio Ecumenico Vaticano II (1962 – 1965) – ha spesso dato adito ad equivoci di non poco conto. Ci riferiamo al tema della compatibilità tra l’adesione alla Fede cristiana e l’uso della forza, questione che porta taluni a qualificare il cattolicesimo come una religione pacifista.

Pacifismo caricatura della pace Il pacifismo è l’assolutizzazione di un bene relativo (la pace), e come tale un errore. Gesù, nel Vangelo, non è un pacifista: scaccia con rabbia e usando la forza i mercanti dal Tempio; dice di essere venuto a portare la spada che divide e non la pace, come la dà e la concepisce il mondo (2). Spada da intendere certamente in senso metaforico: spada che divide, che separa. Dunque che contempla la contrapposizione e lo scontro, non solo sul piano delle idee ma anche su quello fisico (siamo anima e corpo, non solo anima). Il pacifismo, ossia la pace intesa come valore assoluto a cui tutto sacrificare, si rivela una vera e propria caricatura del concetto di pace rettamente inteso: la pace è la tranquillità dell’ordine (S. Agostino), l’effetto di vite e di relazioni ordinate al fine prossimo (il bene sul piano naturale) e remoto (il bene sul piano soprannaturale) dell’uomo.

L’amore evangelico verso il nemico È vero che Cristo dice di amare il nemico, ma amare il nemico vuol dire desiderare il suo bene (amore di benevolenza), non assecondarlo e lasciare che faccia qualunque cosa. E poi, se Gesù ha parlato di nemico vuol dire che ne contempla l’esistenza (mentre i partigiani del pacifismo, vorrebbero addirittura cancellarne il concetto: non esistono nemici). L’amore per il nemico significa desiderare in cuor nostro che egli si converta, cessi di essere nostro nemico e viva in comunione con Dio (la stessa cosa che dobbiamo desiderare per noi: ama il prossimo tuo come te stesso).

Sempre per restare al Vangelo, S. Giovanni Battista ai soldati che gli chiedono cosa fare per piacere a Dio, non dice di abbandonare il loro stato di militari ma di non abusare del potere connesso alla loro funzione. E lo stesso Gesù tesse l’elogio del centurione, un militare romano, dicendo di non aver trovato tanta fede tra i giudei come quella manifestata dal soldato di Roma.

Non esiste un insegnamento dei Padri e dei Dottori della Chiesa (S. Agostino e S. Tommaso d’Aquino, giusto per citare due nomi di importanza fondamentale) che neghi la possibilità dell’uso della forza e la possibilità della guerra. S. Ambrogio (maestro di S. Agostino e Padre della Chiesa) elogia le virtù militari di Roma.

 La virtù combattente mossa dall’amore, quale parte fondamentale del carattere cristiano Insomma, il cristianesimo è una religione fondata sul combattimento – innanzitutto interiore, contro tutto ciò che abbassa la dignità della natura umana – e sulla milizia, nonché sull’amore che ne è causa. Cose che non si contraddicono per niente, perché l’amore cristiano è, in primis, desiderio di stare con Dio e di piacere a Dio che è Verità – Verità negata e combattuta dall’errore e da coloro che se ne fanno strumento – Verità da onorare e da difendere.

L’amore più grande Nostro Signore Gesù Cristo, nel Vangelo, dice che non c’è amore più grande – dopo quello verso Dio – che dare la vita per i propri amici. Non dice, dunque, di amare il nemico fino a dare la vita per lui. Cosa che peraltro può accadere ed essere degna di lode, se l’amore anche per il nemico è rettamente inteso, ossia è attuato come desiderio di bene anche per lui. E bene è tutto ciò che corrisponde alla realizzazione di un ente secondo la sua natura, ovvero conformemente a come Dio lo ha creato. E per un uomo è bene tutto ciò che corrisponde alle inclinazioni della natura umana (natura che l’individuo umano non si è dato, ma che si è trovato ad avere in quanto qualcun altro – una intelligenza ed una volontà che lo trascendono – glielo ha dato) ed alla legge naturale e soprannaturale stabilita dal Creatore.

Da questo si deduce che l’amore per il nemico non significa assecondarne i desideri, qualsiasi essi siano, per un malinteso significato dell’amore stesso.

L’amore cristiano è desiderio di bene e di conformità alla volontà di Dio. L’amore cristiano è centrato su Dio, misura di tutte le cose, e non sull’uomo, svincolato dalla sua condizione di creatura subordinata alla Causa della sua natura e della sua esistenza.

Un caso pratico che riguarda il piano personale e familiare Sono in lite con un vicino di casa, il quale arriva al punto di farmi del male (dispetti, insulti). Come posso amarlo? Certo non assecondandone le cattive azioni (che, solo a livello personale, posso sopportare. Non per timore di lui – che merito ne avrei? – ma come atto di mortificazione da offrire a Dio), ma desiderando in cuor mio che lui ponga termine a questo stato di cose, e viva da persona onesta e rispettosa del prossimo.

Un desiderio di bene e di pace che non si limita a covare nel mio cuore e nella mia mente, ma che può essere alla base di azioni che intraprendo per salvaguardare i legittimi interessi e la dignità miei e della mia famiglia. Se occorre, e come extrema ratio, anche usando la forza (proporzionata all’offesa ricevuta). Amare questo vicino, fastidioso ed ingiusto, significa, dunque, desiderare che si comporti da persona civile, non solo per il mio quieto vivere, ma anche per il suo bene (affinché comportandosi bene piaccia a Dio ed al prossimo di retta moralità).

Porgere l’altra guancia Nel Vangelo, Gesù, ci invita a porgere l’altra guancia. Anche questo è un cavallo di battaglia dei catto-pacifisti e dei denigratori che accusano il cristianesimo di essere una religione mortificante e che imprime alle persone un carattere rinunciatario e passivo.

Gesù dice di porgere l’altra guancia in riferimento alla “legge del taglione” (occhio per occhio, dente per dente), non per affermare che tale legge sia immorale, ma per dire che c’è qualcosa di più grande, qualcosa che supera in perfezione la stessa legge del taglione. Questa cosa è il perdono ed anche la rinuncia per amore del Padre Celeste (desiderio di conformarsi alla Sua volontà) – che fa sorgere il sole sia sui figli buoni che su quelli cattivi – ad ottenere soddisfazione facendo al prossimo quello che lui ci fatto di male. Si tratta di un consiglio che Gesù rivolge agli uomini, e che riguarda soprattutto il piano personale: io posso scegliere di porgere l’altra guancia (non per paura, bensì per desiderio di assecondare la volontà del Padre Celeste), ma questa scelta non la posso imporre agli altri, soprattutto a chi dovrei difendere.

Porgere l’altra guancia è soprattutto un invito ad assumere una disposizione d’animo non vendicativa nel senso deteriore del termine, ossia finalizzata a rendere male per male, ma orientata a vivere in pace – nella Verità – con il prossimo.

Conclusione Ridurre il cristianesimo all’amore per il nemico ed al porgere l’altra guancia, è sbagliato; soprattutto se questi due consigli evangelici sono interpretati in chiave pacifista. Il cristianesimo è una religione che esige dall’uomo una rettitudine morale, frutto dello sforzo costante di combattere contro tutto ciò che mortifica la dignità della natura umana e che non ci fa piacere a Dio. L’atteggiamento pacifista ed arrendevole – oltre ad essere utopistico e, dunque, largamente nocivo in quanto fuori dalla realtà – non permette alla persona di formarsi quel carattere combattente, necessario – a fronte delle conseguenze, personali e sociali, del peccato originale – a vincere se stessi e ad affrontare dignitosamente la vita con l’indispensabile aiuto della Grazia divina.

Il pacifismo è una cosa, la pace un’altra. Il pacifismo è un’ideologia fondata sull’assolutizzazione di un bene relativo, e come tale va rigettato in quanto vorrebbe sacrificare tutto per la pace, anche la Verità.

La pace, intesa come assenza di conflitto col prossimo, è una situazione ideale auspicabile e, nei limiti del possibile, da perseguire. Cosa che, però, non è sempre realizzabile, come l’esperienza abbondantemente insegna.

Occorre, dunque, distinguere: da una parte la pace intesa come assenza di conflitto col prossimo, da perseguire ad ogni costo (il pacifismo); dall’altra la pace intesa come frutto della giustizia e della buona volontà che caratterizzano i rapporti tra gli uomini (cose che, nella condizione post peccatum in cui siamo, spesso non si verificano). Il cattolicesimo è una religione che implica un carattere combattente, il fedele deve impegnarsi con costanza nel combattimento spirituale interiore, contro tutto ciò che lo può indurre a voltare le spalle a Dio. Carattere combattente che, però, non può svanire nella vita di tutti i giorni e di relazione col prossimo; carattere combattente che, se necessario, induce il cattolico a lottare per affermare e difendere ciò che è giusto e buono.

  • Secondo il Prof. Roberto de Mattei, “il trionfo militare e politico è inscindibile dalla visione miracolosa di CostantinoCristo stesso chiedeva a Costantino ed alle sue legioni di combattere in Suo nome, stabilendo con ciò il principio per cui è lecito combattere in nome di Dio, quando la causa è giusta e la guerra è dichiarata santa. La battaglia del 28 ottobre non dimostrava solo la liceità per i Cristiani di militare nell’esercito, ma proclamava, istinctu divinitatis, la prima guerra santa dell’era cristiana”. Così il motto In hoc signo vinces lega il Signum Crucis, il simbolo della Croce, ad una vittoria che non è solo quella interiore sulle passioni disordinate e sul peccato, ma è una vittoria pubblica, armata, militare”.
  • “Mondo, secondo la spiritualità tradizionale, significa la filosofia di chi respinge i tre consigli evangelici (continenza, povertà e umiltà obbediente) per vivere secondo le tre concupiscenze (orgoglio, sensualità, avarizia) nelle quali totus mundus positus est (Giovanni V, 19). Non bisogna confondere il “mondo fisico”, creato da Dio e naturalmente buono, con il “mondo morale” nel quale si identifica la schiera dei mondani nemici di Cristo.” (Tratto da SI SI NO NO del 15 novembre 2014). Il “mondo morale” che rifiuta Cristo, è quello di coloro che vivono come se Dio non esistesse e che eleggono a ragione di vita il godimento dei beni; di chi si ritiene svincolato non solo da Dio, ma anche dalla legge naturale oggettiva, da Egli stabilita e “scritta” nella creazione. Mondo, dunque, inteso come categoria morale che simboleggia il rifiuto di Dio.

10 commenti su “In hoc Signo… pugnas. Considerazioni su Fede, pace e pacifismo – di Marco Sudati”

  1. Succo di una poesia “di Pasqua” fatta imparare a bambini di quarta elementare: “Non importa che tu sia uomo o donna, ricco o povero, bianco o nero, o a quale religione tu appartenga. Basta che cerchi la pace”.
    Cosa ce li mandiamo a fare questi poveri figli a scuola?????

    1. Oswald Penguin Cobblepot

      Cara Tonietta: ma che cosa vuole che ci vadano a fare? A farsi imbottire di ideologia mondialista (e con una pennellata di transgender, che non stona mai), come tante oche per l’ingrasso (e la conseguente trasformazione in fois gras). Per quanto riguarda il catechismo, le tabelline, e la differenza tra verbi semplici ed ausiliari quello ci pensano mamy e papy. LJC da Gotham, il Pinguino.

    2. Mandarli a scuola è un grave rischio e non solo alla scuola pubblica ma spesso anche alle cattoliche. Alcuni genitori tengono a casa i figli e diventano i loro insegnanti. Visto come siamo messi anche tra cattolici, non so proprio cosa dire, due cattolici insieme fanno almeno quattro idee diverse di Cattolicesimo. Prima di tutto bisognerebbe vivere il Cattolicesimo, vecchia maniera, poi avere chiaro un piano di studi che a diciotto anni consenta loro di dare la maturità; in mancanza di tutto questo convergere di ipotesi e di personale, non resta che pregare l’Angelo Custode di questi giovani ché cancelli dal loro ricordo tutte le ‘pensate e le parole ideologiche’ degli adulti a cui sono affidati.

      1. D’accordissimo con lei, cara Irina: bisognerebbe vivere il cattolicesimo vecchia maniera , il che è anche difficile, come lei ben dice, essendovi posizioni diverse anche fra i cosiddetti tradizionalisti. Che confusione, che sbandamento totale! In questi giorni Gesù esposto nel SS. Sacramento,(fra l’altro su altari quasi privi di candele) attende invano di essere visitato, ma è sempre più solo. Ecco, rifiutando dalla nostra vita la Sua presenza e la sua regalità sociale, è naturale che tutto, ma proprio tutto venga giù rovinosamente.

  2. Amico, missionario in India, m 1,90 per 120 kg.:
    attorniato da alcuni indù, qualcuno con coltello, non propensi al dialogo. Avevo subito, già, qualche graffio.
    Scapparono, alcuni con un forte mal di testa, altri con dolori sparsi e vari.
    Ho ringraziato il Padre per il fisico e la provvidenza per il bastone.

    G.Vigni

  3. Questa notizia riferita al 25 aprile , di cui allego il link, chissà perché mi ricorda tanto il titolo di un vecchio film dal titolo : A LETTO CON IL NEMICO Oggi la Chiesa non combatte più ma si allea con il Mondo( che la aveva perseguitata e massacrata durante e dopo la seconda guerra mondiale) e finisce a tarallucci e vino. Poi dopo fatti come questi a cui la Chiesa parteciperà il 25 Aprile, si capisce bene perché i nemici sono Salvini, Meloni, i sovranisti e populisti….

    Il 25 aprile rosso e l’arcivescovo con i partigiani
    http://www.ilgiornale.it/news/milano/25-aprile-rosso-e-larcivescovo-i-partigiani-1679154.html

    1. Grazie, Mario Delpini, per questo devoto omaggio alla memoria di Rolando Rivi, massacrato ferocemente da partigiani comunisti in odio alla fede e al suo.santo desiderio di diventare sacerdote.

  4. Agostino De Sanctis

    Maria e Gesù stanno indossando i paramenti della battaglia , compattiamo le fila e non ce ne sarà più per nessuno. Sarà dura ormai non siamo molti ma la venderemo cara. PADRE AIUTACI NEL TUO NOME.

  5. che dire ? Semplicemente vero….di sprono a manifestare sempre con fermezza e Misericordia il nostro Credo. Di fronte a ciò le maschere cadono sempre più o meno tutte….

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