Italia Arlecchino: servi di tutti i padroni – di Roberto Pecchioli

di Roberto Pecchioli

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Ciò che è stato sarà e ciò che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole. Il celebre passo biblico dell’Ecclesiaste ronza nella mente osservando le vicende italiane. Il nostro è un popolo di servitori, inutile illudersi. Lo sapevano i grandi del passato, come Dante (ahi, serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!), Petrarca e Leopardi nelle accorate quanto inutili invocazioni alla Patria (benché il parlar sia indarno, scrive il poeta del Canzoniere). Nicolò Machiavelli dedicò Il Principe al duca Valentino nel tempo in cui la nostra penisola era campo di battaglia e bottino degli eserciti stranieri.

Purtroppo, la maschera che meglio esprime il carattere nazionale è quella di Arlecchino, l’infido servitore senza livrea, o meglio con un costume rattoppato di mille colori, reso celebre da Carlo Goldoni in tante commedie. L’Arlecchino contemporaneo ha superato quello della commedia dell’arte: servo di due padroni l’antico, al servizio di qualsiasi signore l’attuale. E’ cronaca recente l’abbraccio tra Gentiloni e Macron. Il giovin signore francese della scuderia Rothschild non ha concesso nulla alle speranze italiote in materia di immigrazione, chiedere conferma ai disgraziati abitanti della città frontaliera di Ventimiglia invasa da orde di africani respinti inflessibilmente dall’ex terra d’asilo della liberté, fraternité, égalité.

Monsieur le président ha incassato la presenza militare italiana nel Niger sotto comando transalpino per difendere l’uranio francese, pardon, per bloccare il terrorismo e chiudere le strade dell’immigrazione. Nei mesi scorsi da Parigi hanno fatto catenaccio, alla faccia del libero mercato, alla vendita dei cantieri di Saint Nazaire a Finmeccanica. Una fulminea nazionalizzazione bloccò al 49 per cento l’azionista straniero e almeno per altri 15 anni i cantieri atlantici resteranno francesi. Non così in Italia, dove un ottimo amico di Macron, Vincent Bolloré di Vivendi, che controlla Telecom Italia – cioè le reti di telecomunicazione – ha potuto arrivare ad un passo da sfilare a Berlusconi Fininvest/Mediaset e si avvicinò pericolosamente a Generali, insieme con il gigante assicurativo Axa.

Lo shopping bancario è in pieno svolgimento, la Banca Nazionale del Lavoro, che fu banca del Tesoro italiano, è di Parisbas, mentre Crédit Agricole è il settimo gruppo bancario della penisola. Enorme è il peso francese nella grande distribuzione (Auchan, Leclerc, Carrefour) e nell’industria alimentare, con Danone in testa e Lactalis, il gigante della famiglia Besnier, che ha acquisito Parmalat spolpandolo della liquidità lasciata dalla gestione successiva al crac della famiglia Tanzi.

Un altro settore dell’Italia che conta è assai legata al mondo imprenditoriale e politico tedesco. Thyssen Krupp ha rilevato parte della nostra siderurgia in quanto concorrente temibile dell’acciaio renano. Rivolgersi per conferma a Terni e Torino. Lo stesso euro fu il frutto di un accordo franco tedesco con esiti anti italiani. I transalpini assecondarono la riunificazione tedesca in cambio della rinuncia al marco, i cui costi economici sono stati sostenuti dalla nuova valuta, mentre il sistema industriale italiana ha perduto un quarto del suo potenziale, oltre alle delocalizzazioni ed alle acquisizioni interessate di parte tedesca.

La nostra politica europea si è può riassumere in un continuo cedimento agli interessi altrui. Gli eventi della Libia, con la fine di Gheddafi voluta dalla Francia (Total) e dall’Inghilterra furono un attacco diretto alle scelte italiane in materia energetica. Nulla di nuovo: Enrico Mattei fu probabilmente ucciso dai servizi segreti francesi, in connivenza con le Sette Sorelle. L’improvvido, criminale abbandono delle tecnologie informatiche – la Olivetti inventò il computer- ebbe lo zampino statunitense. Gli sconfitti del 1945 non dovevano rialzare la testa.

Sulla sudditanza nostra agli Usa non sarebbe il caso di spendere troppe parole, poiché risulta impressionante che, a oltre settant’anni dalla fine della guerra e a trenta circa dalla cessazione della minaccia comunista ospitiamo oltre cento basi americane, a nostre spese e con rilevanti pericoli per la salute dei connazionali, come nel caso del sistema Muos in Sicilia. Nel decennio 2008-2017 abbiamo sborsato oltre dieci miliardi per missioni militari in mezzo mondo, sempre in posizioni subordinate nell’interesse dello Zio Sam.

Silvio Berlusconi, che ebbe il merito di avvicinarsi a Putin per dare continuità agli approvvigionamenti energetici, è tornato amicone della Merkel, con prevedibili nefaste conseguenze per la nostra industria e il sistema finanziario. Le ossessioni geopolitiche Usa, figlie delle teorie politiche dell’Heartland e del Rimland, hanno prodotto le sanzioni contro la Russia, prontamente applicate dai servi italioti ed europoidi, la cui fattura pesa per miliardi su centinaia di aziende italiane.

Dimenticavamo il servilismo antico della sinistra nei confronti della defunta Unione Sovietica, l’americanismo d’accatto di quasi tutti gli altri e la lunga storia di sottomissione non alla fede cattolica, ma agli interessi concreti della Chiesa e del Vaticano.

Niente di nuovo sotto il sole. Arlecchini di lungo corso in cerca di livree, convinti della nostra superiore furbizia, siamo, come nazione, Stato, sistema economico, a fine corsa. I servi, alla fine, restano tali. Si liquidano con qualche mancia, una pacca sulle spalle e il disprezzo che merita il lustrascarpe non per necessità, ma per vocazione. “O patria mia, vedo le mura e gli archiE le colonne e i simulacri e l’erme torri degli avi nostri. Ma la gloria non vedo.” Se Giacomo Leopardi tornasse, non troverebbe più né le mura né le torri: sostituite dagli outlet, vendute in saldo, privatizzate, o chiuse per cessata attività.

8 commenti su “Italia Arlecchino: servi di tutti i padroni – di Roberto Pecchioli”

  1. Chiesa Cattolica ed Italia mi paiono legate da un comune destino. Entrambe svuotate dei Loro contenuti e valori da parte di gerarchie che non li condividono perché, oltre ad essere ladri e farabutti, sono anche ignoranti come capre (Gentiloni e Bergoglio, per non fare che gli ultimi nomi…). Entrambe vittime del disinteresse (quando non del disprezzo) dei rispettivi popoli, troppo presi nel crogiolarsi in vizi e bassezze di ogni genere per valutarne adeguatamente il patrimonio e, soprattutto, trovare la forza morale di viverlo. E così, mentre Arlecchino è servo di vari padroni, il Papato diventa una caricatura di se stesso, la maschera più patetica per il carnevale imminente, italiano od argentino che sia.

  2. Caro Pecchioli , non so se lei si ricorda del mantra con cui G.Bush figlio designava gli stati che erano da :normalizzare e democratizzare, lui usava il sostantivo canaglia rough in americano, be mi consenta di dire quali secondo me sono gli stati carogna: sono Stati Uniti Gran Bretagna, Francia, Germania Australia Nuova Zelanda e naturalmente i nostri fratelli maggiori di Israele. Purtroppo noi siamo al guinzaglio di questa genia di persone che secondo me Nostro Signore no esiterebbe a dire che per padre loro hanno il diavolo. Spero solo che alle prossime elezioni ne esca fuori una classe politica che abbia il coraggio di rompere definitivamente con la nato e con l’unione europea e i i suoi membri, a qualsiasi costo tanto questi pazzoidi si stanno per imbarcare nell’avventura senza ritorno di una guerra con la Russia che IDDIO la benedica , e quindi prima lasciamo soli questi malavitosi meglio sarà per noi.

  3. Il panorama descritto in questo articolo oltre che essere profondamente vero è anche mortalmente avvilente. D’impeto sento ancor più l’urgenza di ponderare bene chi votare nell’imminenza delle elezioni. Prego il Signore di non essere preso dallo scoraggiamento e di non rinunciare a questo mio diritto per il tempo che ancora ci sarà concesso.

  4. L’unico partito che si porebbe votare per un cattolico, come male minore, però, è la Lega di Salvoini. Occorre sostenerlo perché sorpassi nei voti Forza Italia e così abbia forza contrattuale contro Berlusconi.

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