“Kosovo monito per l’Europa”, di Giorgio Da Gai  –  recensione di Giovanni Lugaresi

… in ultima analisi, Da Gai mette il dito su una piaga che soltanto chi vuol essere cieco non vede: la mancanza d’anima di noi europei, incapaci di scelte ideali, attaccati a un benessere materiale che alla fine non paga!

di Giovanni Lugaresi

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zzlbrksvGlobalizzazione e invasione (neanche troppo latente, e costante) musulmana sono i due pericoli che corrono le nazioni dell’Europa, e non soltanto. Sono minacce serie alle quali non si è prestata la dovuta attenzione da parte di governanti di stati privi di spina dorsale, arroganti e prepotenti coi deboli, paurosi fino alla viltà

E’ questo, in estrema sintesi, l’assunto che emerge da un ampio e articolato saggio di Giorgio Da Gai, storico ed esperto in economia, e dal titolo “Kosovo monito per l’Europa” (Aviani & Aviani editori; pagine 268, Euro 15,00).

Lo studioso parte dalla vicenda Kosovo, successiva alla dissoluzione della Jugoslavia post-titina, perché lì, sostiene, incominciano ad avvertirsi le falle in un sistema che credeva di aver vinto dopo l’implosione del comunismo in Unione Sovietica e negli altri paesi dell’Est europeo, e che invece denuncia tanti limiti.

 Da Gai guarda più a un’intesa euroasiatica, nel senso di paesi europei volti a una Russia non ancora certamente di eccellenza democratica, (espressione nostra), per così dire, ma alla quale occorrerebbe far riferimento più che ad una America imperialista e pressoché priva d’anima. E a questo punto viene in mente l’agostiniano “Remota itaque iustitia, quid sunt regna nisi magna latrocinia?” (“Negata la giustizia, che cosa sarebbero gli stati se non grandi bande di ladri?”).

Sia chiaro: le argomentazioni dello studioso coneglianese sono discutibili, ma non prive di senso, un senso che si rifà a dati concreti, a partire proprio dalla vicenda Kosovo, con quella cosiddetta “guerra umanitaria” definita “illegittima, ipocrita e inutile”, ma che costituisce indubbiamente un precedente giuridico-politico per altre secessioni delle piccole patrie. Se il concetto di autodeterminazione dei popoli è stato valido per il Kosovo, perché, è il tutt’altro che peregrino interrogativo, non dovrebbe esserlo per Veneto, Catalogna, Scozia, Ossezia e Crimea? Non occorre essere leghisti-separatisti per concordare e rispondere affermativamente. Sì: il popolo veneto e altri hanno diritto, liberamente, democraticamente, di decidere del loro futuro.

Balcani, dunque, come monito per l’Europa, con sottolineature da parte dello studioso sulle varie pulizie etniche, caratteristica non soltanto della Serbia, ma comune a tutte le popolazioni dell’area, violente e incapaci di trovare un’armonica coesistenza.

Al di là di questo, c’è la constatazione di un latente (ma neanche troppo) dilagare dell’islamismo nel nostro continente, con neppure recondite intenzioni di conquista. E qui, Da Gai non aveva che da attingere (come di fatto si è comportato) a casi specifici, passi del Corano, testimonianze di gesuiti di natali palestinesi, missionari, e a dichiarazioni di vertici del mondo musulmano stesso. Senza contare che nel secondo conflitto mondiale fra le SS hitleriane c’erano pure non pochi elementi di religione musulmana.

Difficile non concordare con assunti come questo: “Per capire la natura e l’origine del processo di disgregazione che investe l’Europa, non bisogna riflettere solo sulla crisi che la globalizzazione ha generato, ma anche sulla progressiva islamizzazione del nostro continente”. In nome del democratico rispetto per le altre culture, dimenticandoci magari della nostra cultura, che considera la persona, uomo o donna che sia, con la sua dignità, i suoi diritti.

Certo, in questo dilagare islamista bene accetto a certi politici, magistrati e gente d’affari, verrebbe da chiedere alle signore femministe di alzare la voce a favore delle donne musulmane considerate serve, se non schiave, del maschio onnipotente: padre padrone, marito padrone, fratello padrone. Altro che l’utero è mio e me lo gestisco io!!! La “loro” cultura è ben diversa e combatterla sarebbe veramente meritorio…

Chiudiamo la digressione per rilevare che in ultima analisi, Da Gai mette il dito su una piaga che soltanto chi vuol essere cieco non vede: la mancanza d’anima di noi europei, incapaci di scelte ideali, attaccati a un benessere materiale che alla fine non paga!

4 commenti su ““Kosovo monito per l’Europa”, di Giorgio Da Gai  –  recensione di Giovanni Lugaresi”

  1. Quando tolsero i riferimenti cristiani dalla Carta Europea (non so se questo è il termine esatto),
    Giovanni Paolo II disse che senza i dovuti riferimenti cristiani l’Europa non aveva futuro…..

  2. giorgio rapanelli

    I musulmani, soprattutto pakistani, figliano che è un piacere. Perciò, hanno agevolazioni e appartamenti delle case popolari. I bimbi pakistani dicono ai bimbi italiani: un giorno qui comanderemo noi. Evidentemente, sentono questo discorso in famiglia.
    La chiesa cattolica langue. Da giovane nella mia parrocchia c’erano 7 sacerdoti. Oggi, ne sono 4: due bianchi e due neri.
    A mio parere la crisi del Cattolicesimo proviene da due cose: la prima, che non c’è Conoscenza dei Sacramenti, soprattutto la parte “occulta”, o “occultata”. Oggi, con Internet si sa tutto e troppo e non si può stare al passo coi tempi con il “Mistero della Fede”. La seconda, che i Papi seguiti a Pio XII hanno voluto modernizzare la Chiesa, mettendola alla pari di altre religioni, che hanno una visione diversa di Dio, o dell’Immortalità. Il Cattolicesimo non andrà mai d’accordo con il Buddhismo. Soprattutto avrà forti contrasti con l’Islam, che è una religione missionaria, che vuole il potere del Califfato con le buone o le cattive.
    Stiamo assistendo alla fine del Cattolicesimo, attaccato da tutti apertamente o subdolamente, mentre recitiamo il mantra “chi sono io per giudicare?”…

  3. Spieghi Lugaresi cosa intende quando parla di una Russia “non ancora certamente di eccellenza democratica”. Grazie.

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