LA CENTRALITA’ DELLA LITURGIA NELLA STORIA DELLA SALVEZZA – di Piero Vassallo

Un saggio di don Enrico Finotti

 

di Piero Vassallo

 

I predicatori che salgono sul pulpito solo per esortare i fedeli a non correre in autostrada, a non cedere alle tentazioni del consumismo, a pagare con puntualità tasse e gabelle, a rispettare tutte le diversità e a praticare l’ecumenismo a cuore aperto, manifestano i sintomi inavvertiti della malattia spirituale che affligge il mondo cattolico.

Dopo il Concilio ecumenico Vaticano II, i cui documenti sono spesso letti attraverso la lente deformante della teologia confusionaria di Karl Rahner, si è diffusa in molti sacerdoti la convinzione di aver conquistato la superiore purezza di una fede in aperto allontanamento dalla rigida e impopolare ortodossia, che prevaleva nella sontuosa chiesa d’altri tempi.libro don finotti

Per effetto di una tale ardente e scalpitante presunzione circola un giudizio temerario, che nello splendore della Messa di sempre vede l’espressione di un datato e sorpassato trionfalismo.

In realtà il vero trionfalismo si nasconde nell’intenzione di appiattire il rito della Santa Messa in una popolare (e stucchevole) lezione sui massini problemi della società secolarizzata.

Il moralismo spicciolo dei predicatori modernizzanti, infatti, ha origine da quella deformazione e da quell’appiattimento della liturgia sui riti d’indottrinamento, socializzazione, aggiornamento e ozioso conformismo, che è prescritto dalle imperiose indicazioni neo-modernistiche striscianti fra le flessuose e torbide righe delle nouvelle théologie.

Il cardinale Ratzinger ha definito (e bocciato) il regresso liturgico con magistrale chiarezza: “La liturgia viene talvolta addirittura concepita etsi Deus non daretur: come se in essa non importasse più se Dio cè e se ci parla e ascolta. … Allora la comunità celebra solo se stessa, senza che ne valga la pena“.

Il grigiore del moralismo piatto, generico e prossimo allateismo soggiacente alla filosofia delleretico Pierre Bayle, abbassa lo splendore della liturgia.

Di qui luggia e la noia che avvolgono e disturbano i fedeli sui quali il clero aggiornatonella tronfia convinzione di meritare il consenso dei lontani rovescia una catechesi caramellosa e verbosa, una sorta di blabla ansimante nello sforzo dimitare le formule del buonismo continuamente professato e mai vissuto dagli atei.

Ora una felice ed esauriente risposta al malessere, che è notoriamente associato al liturgia parolaia è il saggioLa centralità della Liturgia nella storia della salvezza“, scritta da un dotto sacerdote di Rovereto, don Enrico Finotti, per rammentare la differenza che corre tra il rito pedagogico dei buonisti e lautentica liturgia cattolica.

(Il saggio è pubblicato in Verona dalla casa editrice Fede & Cultura, una delle coraggiose bandiere alzate dalla fede irriducibile alla mondanità dei preti dassalto).

La liturgia, infatti, non è unoccasione offerta alloratoria dei teologi aggiornati maun atteggiamento di adorazione, di stupore, di lode, di sottomissione, di obbedienza, di consegna di , di amore e di abbandono fidente, che sale dal cuore delluomo verso Dio e che coinvolge globalmente tutte le facoltà spirituali e le scelte esistenziali, traducendosi anche nella concretezza di una vita coerente.

Il fine delluniverso è la gloria di Dio, non lo splendore della teologia umanizzata. Luomo è il luogotenente di Dio, scrive don Finotti, rovesciando la definizione heideggeriana delluomo luogotenente del nulla. Luogotenente di Dio, non di se stesso e/o dei suoi fluviali pensamenti.

Dio e non le fittizie e caramellose controfigure proposte (poniamo) da un Teilhard de Chardin.

Opportunamente don Finotti rammenta che luomoè investito da unimportante attività divina: il culto. Egli deve adorare la volontà del Creatore, obbedire a Lui, amarlo e benedirlo on ogni cosa. Dio infatti dona alluomo quel culto, che Dio stesso celebra perennemente in se stesso, quando contemplando le creature, vede che sono cosa buona e trova in esse la sua compiacenza e gloria“.

Se la liturgia è abbassata a festa del pensiero virtuoso (second Immanuel Kant, scheletro polveroso, conservato nellarmadio della teologia crepuscolare e regressista) la religione cattolica è abbassata alla qualunque divagazione mondana.

Benedetto XVI afferma appunto: “Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipenda in gran parte dal crollo della liturgia“.

La centralità della liturgia, peraltro, fu solennemente e chiaramente affermata dalla Costituzione Sacrosantum Concilium: “Liturgia est culmen ad quod actio Ecclesiae tendit et simul fons unde omnis eius virtus emanat“.

Edunque evidente che improvvisazioni liturgiche, specialmente quelle che rovesciano le suggestioni del pauperismo nel culto divino, non sono giustificate dal magistero.

Le virtù predicate dai pulpiti della fede debole sono corollari. “La liturgi e il suo complesso rituale è centrale e determinante per la costituzione e la formazione del popolo di Dio. Se la liturgia è ridotta a pedagogia domenicale il popolo di Dio si disperde e si divide in conventicole e addirittura in sette. Lo spettacolo quotidianamente offerto ai nostri occhi conferma lattualità delle tesi di don Finotti sulla centralità della liturgia.

 

 

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