La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo sentenzia su un nuovo “diritto”: quello di dare ai figli il cognome della madre anziché quello del padre. Sembra solo l’ennesima scemenza, ma purtroppo non è solo questo…
di Jerome Fandor
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È vero che ormai dovremmo essere abituati a non stupirci più di nulla, però un vecchio e inguaribile amore per un minimo di buonsenso fa sì che di fronte a certe notizie sia inevitabile un piccolo attacco di colite spastica.
Ordunque, a Strasburgo c’è una cosa molto importante, nientepopodimeno che la “Corte europea dei diritti umani”. Perbacco, deve essere una cosa seria, non foss’altro per il nome. Occuparsi della difesa dei diritti umani è importantissimo, è una garanzia per la civiltà, per la dignità dell’uomo, eccetera. Certo, quando poi sono un po’ confuse le idee sul concetto stesso di diritto, si arriva a conclusioni che sono degne della storica definizione che il ragionier Ugo Fantozzi diede del film “La corazzata Potemkin”.
Apprendiamo così dall’ANSA che esistono due coniugi che evidentemente – beati loro – godono di una notevole quantità di tempo libero, sicché hanno tempo e voglia per “lottare” in difesa del loro diritto di dare alla figlia il cognome della mamma anziché quello del babbo, come per ora prescrive la nostra normativa. Uno potrebbe dire: “Ma va’, che scemenza” e finirla lì. Già, ma la faccenda non è così semplice perché ci sono in gioco due pregiudizi, necessari e santificati se si vuole procedere bene nel sistematico lavoro di demolizione della società. Sta di fatto che i coniugi lottatori arrivano fino alla Corte di Strasburgo, che dà loro ragione e bacchetta anche l’Italia, perché l’attuale normativa lede il diritto di uguaglianza tra coniugi.
C’è lo stravolgimento del significato stesso della parola diritto: ormai qualsiasi idea balzana, stramba, innaturale, qualsiasi capriccio, purché sia, beninteso “politicamente corretto” diventa un diritto e come tale è meritevole della tutela del giudice e, ovviamente, di una legge ad hoc.
Ma poi c’è l’altra faccenda, fondamentale: bisogna demolire quel che resta della società che, orrore, ha pur sempre tradizioni che non è poi così facile eliminare del tutto. La famiglia è la base di questa società e quindi si fa scrupolosamente il lavoro di demolizione della famiglia. Ecco la scoperta delle famiglie tra invertiti, delle famiglie liquide, flessibili, a geometria variabile, e via pazzerellando. Però questa trovata del cognome variabile può essere il vero colpo gobbo. Già, perché la trasmissione del cognome paterno mantiene ancora un minimo di identità alla famiglia e mantiene un legame che perdura nel tempo, anche se tenue. L’uomo continua ad avere un passato a cui riferirsi, un cognome che lo segue tutta la vita e che lui a sua volta trasmette ai suoi figli.
Invece con un colpo di bacchetta magica tutto è sistemato. I coniugi X e Y hanno tre figli. Perché mai non dovrebbero avere il “diritto” di dare a uno il cognome di mamma, a un altro quello di papà e magari al terzo entrambi?
Proseguendo di questo passo, visto che i genitori hanno il diritto di dare ai figli il cognome che preferiscono, per quale motivo i figli, una volta che sono diventati maggiorenni, non dovrebbero avere il diritto di attribuirsi il cognome che più gli piace, e che non deve necessariamente essere quello di uno dei genitori? E se vogliamo proseguire nel delirio, perché il cognome deve restare sempre lo stesso, se magari a un certo punto della mia vita mi viene a noia?
In fondo, tutte queste mattane hanno una loro coerenza. Si è partiti a suo tempo eliminando la terribile norma che diceva che “il marito è il capo della famiglia”. Giusto, se la famiglia aveva già perso il suo significato, con l’introduzione del sacro diritto di divorzio, che senso aveva darle ancora un capo, come è necessario e normale in ogni società ordinata? Uguaglianza assoluta, uomo e donna sono uguali (mai scemenza fu più scema, e ci sia concesso, viva la differenza!). Poi via via si è dato sempre più spazio ad altri concetti, tutti armoniosamente funzionali alla distruzione della famiglia: che differenza c’è tra coniugati e conviventi? Ma nessuna, ovvio! Ma poi, visto che uomo e donna sono uguali, che differenza c’è tra una coppia normale (ovvero formata da un uomo e una donna) e una coppia anormale (ovvero formata da due invertiti/e)? Ma nessuna, ovvio! Anzi, si abolisce anche la differenza tra normalità e anormalità. Tutto è normale, anche l’anormale, alla faccia di un minimo di logica.
A questo punto, visto che ormai la famiglia si è polverizzata e i figli nascono da un accoppiamento che può essere del tutto casuale col “partner” di turno, o magari con le moderne tecniche di fecondazione, perché fare tante complicazioni sul cognome? Ma ognuno si prenda quello che gli piace.
Una sola cosa resterà uguale, immutabile nella nuova società di individui sradicati, senza passato, senza identità: il codice fiscale, o come diavolo si chiamerà in futuro. Già, perché lo Stato, nuovo onnipossente dio, è pronto a riconoscerci tutti i diritti, ma non può rinunciare al suo sacrosanto diritto di controllarci e di farci pagare le tasse.
Non c’è che dire, a furia di “lottare” per i diritti, stiamo costruendo un fantastico futuro da schiavi. Però felici: ognuno col cognome che più gli piace.
Inutile dire che Letta ha già espresso la sua approvazione per la sentenza di Strasburgo. Poveretto, va capito. La nuova mattana arriva comunque da un organo europeo, ovvero da chi gli fornisce le due “P” irrinunciabili: Pappa e Poltrona.
E siamo alla solita sconsolante conclusione:
La Congiura dei Pazzi. Per ora stanno vincendo i Pazzi.
2 commenti su “La Congiura dei Pazzi – 5 – di Jerome Fandor”
Siamo all’effetto “domino” della lontana causa costituita dal Liberalismo come idea filosfica. Pio IX aveva visto benissimo dove portava il liberalismo filosofico: agnosticismo metafisico e indifferentismo religioso e, a cascata, relativismo e nichilismo e, ancora, laicismo secolarizzatore, positivismo giuridico, monopolio scolastico e dissacrazione del matrimonio. Il resto che sarebbe venuto è sotto gli occhi nostri. Il liberalismo filosofico si fonda sul ripudio del principio di autorità: per prima ad essere attaccata fu l’autorità del primato petrino con il precedente di Lutero e anglicano, per cui Pio IX ritenne necessario il dogma dell’infallibilità. Poi in discussione fu posta quella dei sovrani capi di stato che avevano allevato nel loro Assolutismo la serpe nel loro seno, infine quella del padre, quale necessaria autorità del primo aggregato umano: la famiglia. Dopo di ciò ogni pazzia è la inevitabile conseguenza finale della distruzione del principio di autorità. Ora siamo alle comiche finali.
Sono d’accordo. Grazie per l’articolo.
E questa Europa che ci vuol livellare tutti? Tutti uguali, tutti le stesse cose, gli stessi usi e costumi, ecc. Ho sempre più in mente “Il padrone del mondo” di Benson.