LA CREPA NELLA DIGA. COSA C’E’ DIETRO IL BUONISMO VERSO I FIGLI INCESTUOSI – di Gianfranco Amato

L’articolo “Nuovo attacco alla famiglia. Il Parlamento sdogana il tabù dell’incesto”, di Gianfranco Amato, ha suscitato vivissimo interesse. Non sono mancate però alcune obiezioni sulla vicenda dei figli incestuosi, basate sull’errato assunto secondo cui “le colpe dei genitori non devono ricadere sui figli innocenti”.

Con questo ulteriore articolo Gianfranco Amato, a cui ribadiamo la nostra gratitudine per il prezioso lavoro che sta svolgendo, chiarisce bene come la presunta “tutela” dei figli incestuosi sia funzionale al progetto distruttivo dei radicali, promotori di queste iniziative legislative. Inoltre, dalla lettura dell’articolo appaiono evidenti i danni gravissimi che subirebbero gli stessi figli, laddove l’incesto ottenesse una legittimazione. Per contrastare questo ennesimo attacco alla famiglia e alla civiltà, ricordiamo e raccomandiamo agli amici lettori la sottoscrizione dell’appello “a tutti gli onorevoli che riconoscono il valore della famiglia”, pubblicato su Cultura Cattolica

PD


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LA CREPA NELLA DIGA. COSA C’E’ DIETRO IL BUONISMO VERSO I FIGLI INCESTUOSI

 

di Gianfranco Amato

fonte: Cultura Cattolica

 

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mercoledì 18 luglio 2012

 

Occorre sgombrare qualche dubbio sulla questione del riconoscimento dei figli incestuosi.

Cominciamo illustrando quale sia il vero background culturale dell’iniziativa, e con qualche dato parlamentare a pochi noto. Paladini della legalizzazione dell’incesto sono da sempre i radicali. Questi non sono per nulla sprovveduti e le loro battaglie ubbidiscono sempre ad una ferrea logica, secondo una strategia che nasce da un’intelligenza luciferina. Perciò hanno compreso subito che il cavallo di Troia per eliminare il tabù dell’incesto avrebbe dovuto necessariamente passare per il riconoscimento dei figli incestuosi, sulla base del ragionamento capzioso per cui «le colpe dei genitori non devono ricadere sui figli». Così il 24 ottobre 2008 la Senatrice radicale Donatella Poretti ha presentato il Disegno di Legge S.1154, avente per oggetto, appunto, il riconoscimento dei figli incestuosi, attualmente assegnato alla 2° Commissione permanente (Giustizia) del Senato. La prova di questa fine strategia appare evidente dalla lettura del successivo Disegno di Legge della stessa senatrice radicale, S.1155, quello relativo alla «depenalizzazione dei delitti contro la morale della famiglia», con cui si chiede, tra l’altro, anche l’abrogazione del reato di incesto, e quindi la sua legalizzazione di fatto.


Alcuni passaggi della relazione introduttiva a quel Disegno di Legge appaiono emblematici:
«I due articoli che si intende abrogare, articolo 564 (Incesto) e articolo 565 (Attentati alla morale familiare commessi col mezzo della stampa periodica), marchiano il nostro codice penale di un reato contro la morale di cui non si capisce l’utilità, se non per creare confusione tra peccato e reato, tipica di leggi di Stati confessionali e non laici come il nostro. (…) Il rigetto sociale di un comportamento come quello in esame, e la sua previsione di reato contro la morale, ha comportato come altra terribile conseguenza il fatto che le colpe dei genitori ricadessero sui figli. (…) La conferma che più che un reato deve intendersi come un peccato per alcune confessioni religiose, è nelle parole del presidente della Cei, monsignor Angelo Bagnasco, quando nell’ambito di un dibattito su una legge per le coppie di fatto (i cosiddetti Pacs in Francia), ebbe a mettere sullo stesso piano le richieste di legalizzazione delle forme di convivenza, delle relazioni incestuose e della pedofilia: “Oggi ci scandalizziamo, ma se viene a cadere il criterio dell’etica che riguarda la natura umana, che è anzitutto un dato di natura e non di cultura, è difficile dire no. Se il criterio sommo del bene e del male è la libertà di ciascuno, come autodeterminazione, come scelta, allora se uno, due o più sono consenzienti, fanno quello che vogliono perché non esiste più un criterio oggettivo sul piano morale e questo criterio riguarda non più l’uomo nella sua libertà di scelta, ma nel suo dato di natura”. Per i credenti cattolici siamo certi che queste parole saranno da guida per i loro comportamenti personali, ma come cittadini di uno Stato laico vorremmo porre alla base di ogni legge il principio che “la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri” (Martin Luther King)».


Anche il Disegno di Legge n.1155 giace dal 2008 presso la 2° Commissione permanente (Giustizia) del Senato, in attesa di essere, un giorno, discusso e votato. 
Nel frattempo, il riconoscimento dei figli incestuosi è riuscito a passare il 30 maggio 2011 alla Camera e lo scorso 16 maggio al Senato, trovando ospitalità nel Disegno di Legge in materia di riconoscimento di figli naturali d’iniziativa dei deputati Mussolini, Carlucci, Bindi, Ferranti ed altri, con cui si intendono parificare i figli legittimi a quelli naturali (compresi gli incestuosi). Una parificazione assai pericolosa sotto il profilo antropologico, culturale e sociale.


Ora, per opporsi al tentativo surrettizio di sdoganare il tabù dell’incesto attraverso il riconoscimento dei figli incestuosi, soprattutto alla luce dell’insidiosa questione delle colpe dei genitori che ricadrebbero sui figli innocenti, occorre fare tre considerazioni.
1) Il divieto di riconoscimento dei figli illegittimi non opera in due casi, relativi a situazioni ed eventi che riguardano i rapporti tra genitori, sui quali comunque il figlio nulla può: l’ignoranza in cui gli stessi genitori, al momento del concepimento, versassero circa il vincolo esistente tra loro (nel caso in cui uno solo dei genitori fosse in buona fede, solo questi può effettuare il riconoscimento; ipotesi cui è assimilato il caso di chi ha subito violenza sessuale) e, ovviamente, la dichiarata nullità del matrimonio da cui il rapporto di affinità sarebbe derivato.
2) I figli incestuosi non riconoscibili oggi godono di una certa tutela, essendo loro riconosciuta l’azione nei confronti dei genitori naturali per ottenere il mantenimento, l’istruzione e l’educazione o, se maggiorenni in stato di bisogno, per ottenere gli alimenti, e alla morte dei genitori hanno diritto ad un assegno vitalizio pari alla rendita della quota che sarebbe spettata loro se fossero stati riconosciuti. A causa del divieto di riconoscimento, però, questi figli non possono assumere il cognome del genitore, non possono essere sottoposti alla potestà di tale genitore, e non hanno i diritti successori spettanti ai figli naturali, ma, come abbiamo visto, un assegno vitalizio. Attribuire questi ultimi diritti (cognome, potestà genitoriale, e successione), infatti, significherebbe riconoscere indirettamente un contesto familiare illegittimo per il nostro ordinamento giuridico e in contrasto con i principi costituzionali. Una famiglia incestuosa di fatto. 
Secondo la dottrina giuridica «l’ampliamento dei diritti di figli di genitori incestuosi rischia di comportare una lettura diversa della famiglia che elimini del tutto il rilievo atavico dell’incesto», ed il «desiderio di offrire a tutti i figli, senza esclusione alcuna, la tutela massima prevista dall’ordinamento presta il fianco ad una possibile interpretazione estensiva, così da considerare “famiglia” anche quella nascente dal rapporto incestuoso, perché ciò che notoriamente e comunemente è considerato diritto fondamentale del fanciullo è il crescere in una famiglia» (PAOLO CENDON, RITA ROSSI, Famiglia e Persone, UTET 2008, volume I, p.371) 
3) Come ha giustamente evidenziato il Forum delle Associazioni Familiari, non può considerasi un interesse dei figli il fatto di vedere certificata e pubblicamente conclamata la propria origine incestuosa. A meno che – e qui sta il punto – non si voglia far considerare “normale” tale condizione, una normalità riconosciuta e tutelata dallo Stato, attraverso una totale parificazione coi figli legittimi. Sempre secondo la dottrina, «l’ordinamento giustamente presuppone che il mantenimento di significativi rapporti affettivi con i genitori incestuosi costituisca un pregiudizio per i minori» (ALESSIO ANCESCHI, Rapporti tra genitori e figli – profili di responsabilità, GIUFFRE’ 2007, p.15). E ancora la dottrina pone l’accento sugli «effetti di natura psicologica e di integrazione sociale» che possono derivare al riconoscimento pubblico di «figli che, ufficialmente e nei confronti della collettività, saranno figli del fratello o della sorella o del nonno”, evidenziando che “tale realtà potrebbe avere conseguenze devastanti» (PAOLO CENDON, RITA ROSSI, Famiglia e Persone, UTET 2008, volume I, p. 371). Ricordiamo, poi, che se passasse alla Camera il riconoscimento dei figli incestuosi, questo potrebbe comportare anche la possibilità, seppure filtrata dal vaglio del giudice, dell’inserimento di tali figli nella famiglia dell’uno o dell’altro genitore, con tutte le implicazioni ben immaginabili.


Se lo Stato arrivasse a riconoscere e tutelare il frutto dell’unione di due adulti consanguinei, prima o poi finirebbe inevitabilmente per riconoscere la legittimità di tale unione. I figli incestuosi, come abbiamo visto, godono già di tutele e di diritti sotto il profilo economico, ma non possono essere riconosciuti, perché questo significherebbe inserirli anche idealmente in un contesto familiare fatto di due genitori biologici consanguinei. I figli incestuosi non possono far parte, neppure idealmente, di un quadro e di un progetto familiare, per questo si può e si deve negare loro, ad esempio, il diritto ad ottenere il cognome, il diritto ad una successione piena e la possibilità che i genitori incestuosi esercitino su di loro la potestà genitoriale. Non si tratta di una cattiveria nei confronti di soggetti innocenti, ma di salvaguardare il concetto di famiglia ed arrestare il processo culturale che tende alla liberalizzazione dell’incesto, ovvero alla regressione dei rapporti familiari allo stato animale.

Di ciò ne erano pienamente consci, peraltro, gli stessi Padri Costituenti. Il 16 gennaio 1947, infatti, la Commissione per la Costituzione in seduta plenaria discusse sulla condizione dei figli nati fuori del matrimonio, e in quella sede, proprio a proposito dei figli incestuosi, il costituente Senatore Umberto Merlin fu estremamente lucido: «Dire che non è logico far ricadere sui figli innocenti la colpa dei padri, è tesi bellissima, da romanzo, ma non è argomento persuasivo per il legislatore e soprattutto per il legislatore costituente, il quale deve formulare gli articoli con il cuore, sì, ma soprattutto con la ragione». Il cuore può arrivare a comprendere il desiderio di un figlio di entrare a far parte della comunione familiare con i genitori incestuosi che lo hanno generato, ma la ragione ha bene chiari i motivi per cui quel desiderio non si può realizzare, nell’interesse dello stesso figlio e della comunità sociale. Quelle parole pronunciate nel 1947 sono ancora più vere oggi che è in atto un’evidente operazione culturale finalizzata a sovvertire la visione antropologica dell’uomo ereditata in Occidente dalla civiltà greco-romana e da quella giudaico-cristiana. I disegni di legge radicali ne sono una conferma. E, del resto, la stessa cosa è avvenuta in passato, ad esempio, con i transessuali. Un lento e ponderato processo che, passo dopo passo e attraverso una sapiente propaganda massmediatica, ha portato a rendere normale e accettabile, nell’opinione pubblica, la figura dei transessuali. Gli ingegneri insegnano che le grandi dighe non crollano all’improvviso e di colpo, ma collassano per l’azione di piccole crepe. Il riconoscimento dei figli incestuosi, in questo senso, rappresenta una pericolosissima ed insidiosa crepa.



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