LA CURIA ROMANA E IL MAGISTERO DELLA CHIESA – di P. Giovanni Cavalcoli, OP

di P. Giovanni Cavalcoli, OP

 

 

crSin dai primissimi tempi della Chiesa i Papi si sono valsi di collaboratori che li aiutassero nell’espletamento del loro ufficio di pastori universali della Chiesa, secondo una molteplicità di incarichi corrispondenti ai differenti aspetti del ministero petrino e secondo una gerarchia di ruoli, per i quali dai gradi più alti, propri dei collaboratori più importanti, si scende ai gradi più bassi, di carattere meramente esecutivo.

In tal modo i Papi hanno pensato di valersi di aiutanti fidati, dagli incarichi più elevati, delicati e di maggiore responsabilità, sino alle mansioni più umili, attinenti alla sua vita e sicurezza privata ed alla sua persona fisica o ai suoi bisogni personali, pensiamo per esempio a quella che oggi si chiama “famiglia pontificia”.

Col trascorrere dei secoli questo collegio di aiutanti del Papa è divenuto via via sempre più complesso, mano a mano che la Chiesa, estendendosi nel mondo, vedeva aumentare e moltiplicarsi le sue incombenze, ed anche in relazione al complessificarsi della stessa missione pontificia per un progressivo chiarimento, alla luce del Vangelo e con l’assistenza dello Spirito Santo, dei suoi compiti in sé stessi ed in relazione alla Chiesa, alle nazioni, ai poteri civili ed alla compagine ecclesiale.

In ciò i Papi hanno preso indubbiamente spunto dall’uso romano degli Imperatori, a cominciare dal nome stesso di questo organismo – “curia” -, il quale svolgeva appunto questo compito di aiuto all’Imperatore nel compimento del suo ufficio. L’istituzione della curia papale, quindi, non è di diritto divino, non è stato Gesù Cristo a volerla, nessuno dei Papi ha mai dichiarato questo, ma è nata da una considerazione pratica, di buon senso, cose nelle quali la saggezza romana ha indubbiamente eccelso permettendole di organizzare l’immenso Impero che tutti conosciamo sin da ragazzi. E si sa che la prassi del cristianesimo, benchè fondata su verità di fede, non è per nulla contraria al buon senso e a quello che detta la comune ragion pratica o la saggezza che è possibile reperire nei vari popoli e nelle varie culture.

La Curia Romana ha preso così anche l’aspetto di un’immensa “segreteria” sul modello delle moderne segreterie, con la loro caratteristica funzionalità tecnico-burocratica dei grandi organismi di governo o di direzione della società nei suoi vari rami, dalla politica, alla cultura, all’economia, all’industria e via discorrendo.

Il nome stesso “segreteria” nel caso della S.Sede pare particolarmente suggestivo, dato che, se negli uffici profani o civili essa si limita a custodire o proteggere segreti di questo mondo, la parola “segreteria” nel caso del ministero del Papa non può non avere una speciale risonanza e ricordare il “segreti” o misteri di quel Regno di Dio che il Successore di Pietro deve custodire, spiegare e trasmettere al mondo per la sua salvezza.

In tal modo, soprattutto a partire dal sec.XVIII, secolo di grande organizzazione razionale della società, nell’ambito della Curia e dei suoi vari dicasteri, prese grande sviluppo la Segreteria di Stato, un collegio di collaboratori più ristretto e ancor più alle dirette dipendenze del Papa rispetto agli altri organismi della S.Sede. In tal modo la “Segreteria di Stato”, assunse il compito di essere l’organo a più diretto contatto e servizio del Papa e di rappresentare il Papa presso tutti gli altri dicasteri, uffici ed organismi della Curia. In certo senso la Segreteria di Stato è la “Curia della Curia”.

Così giungiamo ai nostri giorni, per cui, se consultate l’annuario pontificio, che appunto raccoglie tutti gli uffici della Santa Sede con i relativi nominativi – altro nome, più religioso, per designare gli aiutanti del Papa – , vi trovate davanti ad un tomo di quasi 2000 pagine, che diventa sempre più voluminoso ogni anno che passa. Dal 1982 al 1990 anch’io ho avuto la grazia di trovarmi tra quei nomi, avendo lavorato come officiale della Segreteria di Stato.

Ma a questo punto dobbiamo fare un’importantissima precisazione circa questi collaboratori del Papa e cioè che, se consideriamo ciò che Gesù Cristo ha stabilito al riguardo, sappiamo tutti che il Fondatore del cristianesimo ha voluto che Pietro fosse circondato ed aiutato dal collegio degli apostoli.

Qui siamo certamente, senz’alcun dubbio, davanti ad un’istituzione divina. Per questo, volendo fare un confronto dal punto di vista giuridico fra la Curia come istituto di diritto ecclesiastico e la Curia in quanto comprendente alcuni membri del collegio apostolico o episcopale, è chiaro che c’è un abisso, così come esiste un dislivello infinito tra ciò che Cristo ha positivamente ed esplicitamente voluto come struttura essenziale della Chiesa assicurandole l’infallibile assistenza dello Spirito Santo e ciò che la Chiesa stessa, certo prudentemente, ma senz’alcuna assistenza infallibile dello Spirito Santo, ha voluto, ha istituito e ha deciso nel corso dei secoli, mutando, innovando, cambiando, correggendo, riformando o abolendo, al fine di realizzare al meglio, nei vari contesti storici, i doveri che Cristo le ha assegnato per la salvezza del mondo.

Quando parliamo quindi di “collaboratori” del Papa, non dobbiamo tanto pensare alla Curia Romana, per quanto importante essa sia come strumento indispensabile per un conveniente ed efficace espletamento del ministero petrino, ma dobbiamo pensare anzitutto ed essenzialmente al collegio episcopale dei successori degli apostoli, i vescovi sparsi nel mondo cum Petro et sub Petro.

E’ qui che si pone il Magistero della Chiesa. Magistero della Chiesa non sono tanto gli uffici della S.Sede o gli organismi della Curia, per quanto siano importanti strumenti dell’attività del Papa, ma è il collegio apostolico sotto la guida di Pietro: qui abbiamo la vera istituzione divina, qui abbiamo l’infallibilità nell’insegnamento della verità evangelica, qui abbiamo l’assistenza infallibile dello Spirito della Verità.

Il fatto che il Papa si avvalga di molti collaboratori curiali certo è un vantaggio soprattutto nei tempi moderni, data la complessificazione della società e delle sue attività, ma può volgersi a svantaggio del Papa e quindi della Chiesa nel caso che questo corpo di collaboratori divenga eccessivo o si prenda troppo potere o manchi di fedeltà o lealtà verso il Santo Padre o sia mosso da intenti troppo umani e non soprannaturali.

La Curia Romana deve sempre ricordarsi che per quanto nel suo seno vi siano Vescovi e Cardinali, essa tutto sommato non è che un’istituzione umana, con i difetti e rischi che ciò comporta e che, benchè nata sul modello del diritto romano, non può svolgere i suoi affari senza tener conto del fine soprannaturale del ministero petrino e della Chiesa.

Devo dire al riguardo che nel corso della mia esperienza in Segreteria di Stato, accanto a degnissimi colleghi, officiali, superiori e prelati, ho notato a volte un modo di pensare o di fare non proprio all’altezza di quello spirito soprannaturale che il vero collaboratore del Papa deve avere in ogni occasione, per quanto meccanico, burocratico od umile sia il lavoro che deve svolgere.

Nel corso della storia della Chiesa sorge così periodicamente l’esigenza di riformare o correggere la Curia, mentre è chiaro  a tutti che il collegio episcopale col Papa e sotto il Papa è immutabile ed inviolabile in forza della sua divina istituzione.

Famosa è stata così la riforma del Curia promossa dal Concilio di Trento per correggere la riforma di Lutero, il quale però all’inizio della sua attività riformatrice non aveva tutti i torti nel denunciare abusi, ingiustizie, empietà e mondanità esistenti nella corte papale.

Altra riforma importante è stata quella del Concilio Vaticano II, la quale ha accolto tra l’altro alcune istanze provenienti dal mondo protestante ed ortodosso. Tuttavia per alcuni aspetti, in particolare per quanto riguarda il ministero dei vescovi, come ho avuto modo di dire in altre occasioni, questa riforma sembra presentare qualche difetto, anche se nell’insieme è stata provvidenziale. Ma il guaio è che è stata interpretata male e male applicata o non applicata, per il continuo risorgere dello spirito mondano al posto di quello evangelico, sicchè oggi di nuovo si sente il bisogno di una nuova riforma.

Il difetto che oggi si nota nella Curia è il fatto che essa, invece di favorire la comunicazione dell’episcopato col Papa, la ostacola e la complica, col rischio di fraintendimenti tra il Papa e i vescovi. Nel passato si sono verificati casi famosi di questo genere, come per esempio il malinteso fra Savonarola e Papa Alessandro VI a causa di mene alla corte papale che ostacolarono l’intesa, tanto che il Papa dopo il martirio del Savoranola, si rammaricò e disse che, se avesse saputo la verità, lo avrebbe fatto santo[1].

Altro esempio illustre fu il malinteso fra S.Pio X e il Beato Card.Ferrari, entrambi santi. Il Cardinale era stato malignamente accusato dai curiali di modernismo presso il Papa, il quale credette ingenuamente ai detrattori, sicchè, quando Ferrari chiese al Papa di riceverlo per dargli spiegazioni, il Papa rifiutò.

Oggi abbiamo prove, soprattutto dai tempi di Paolo VI, che il Papa non ha una buona collaborazione da parte della Curia. Per quanto riguarda in particolare il magistero pontificio bisogna dire purtroppo che i suoi documenti spesso cadono nel vuoto e sono contestati da teologi e vescovi. Questo è il segno che è ostacolata la collaborazione tra Papa e vescovi.

In questa delicata materia sembra urgente un miglioramento nel servizio reso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, nella quale, se in altri organismi il personale sembra anche eccessivo,  occorrerebbe invece aumentarlo considerando la mole di lavoro che bisognerebbe affrontare per ovviare ai “gravi problemi della fede”, secondo quell’espressione che ha usato Papa Benedetto XVI nella dichiarazione con la quale ha annunciato le sue dimissioni.

La riforma che pertanto si impone a mio avviso è quella di sfoltire il personale della Curia, mettere persone più competenti, prudenti, pie, fidate, oneste e fedeli al Magistero, affinchè sia più facile la collaborazione tra Papa e vescovi, cosa che è essenziale alla Chiesa. La Curia deve favorire questo scambio, altrimenti essa manca gravemente e perde al limite la sua stessa ragion d’essere.

 

 



[1] A chi volesse approfondire la vicenda del Savonarola consiglio la lettura delle opere del P.Giacinto Scaltriti, OP, che ha speso una vita nello studio del famoso Domenicano. E’ sempre  esistito nell’Ordine domenicano un movimento favorevole alla beatificazione del Savonarola.

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