Un momento di lettura distesa, magari impegnativa, ma ristoratrice. Un’idea per trovare un’occasione di svago tra le incombenze della settimana, che quasi mai sono piacevoli per chi abbia a cuore la fede in Cristo e la salvezza delle anime. È quanto Riscossa Cristiana intende offrire ai suoi lettori ogni domenica. Per quanto è possibile, ci piacerebbe richiamare alla memoria di chi l’ha vissuta e far conoscere a chi non ne ha mai avuto neppure il sentore l’atmosfera di quelle belle domeniche in famiglia in cui si andava a Messa, ci si metteva a tavola per il pranzo della festa e poi si leggevano quegli articoli così ben scritti che i giornali ora non pubblicano quasi più. Poi, sarà nuovamente lunedì, ma, come accadeva nelle belle famiglia di una volta, lo guarderemo con occhi diversi. Buona lettura.

 

GIUSEPPE PREZZOLINI E LA GRANDE GUERRA.

L’ALTRA FACCIA DELLA VITTORIA

di Giovanni Lugaresi

 

Ritorna Giuseppe Prezzolini, e ben a ragione, dal momento che scritti vecchi, e/o vecchissimi, di questo grande italiano osservatore e commentatore, per così dire, del carattere nazionale, si (ri)presentano per e con una straordinaria attualità. È il caso del centenario della Grande Guerra (per l’Italia, 1915-1918).

Da Caporetto 1917 a Vittorio Veneto 1918 non c’è soltanto un anno, dal punto di vista temporale; da quello degli studi, ci sono centinaia e centinaia di articoli, saggi, libri, volumi recanti la firma di storici di professione e non, letterati, politici.

È un florilegio, per così dire, di testi, fra i quali molto discussi allora, e oggi assai citati dagli addetti ai lavori, quelli di Curzio Sukert (Malaparte), Novello Papafava dei Carraresi, e Giuseppe Prezzolini, per l’appunto. Il quale fu il primo a scrivere Dopo Caporetto, una settimana (appena) all’indomani della rotta dell’esercito italiano. Il saggio venne dato alle stampe nel luglio 1919;  nel marzo 1920 sarebbe stata la volta della pubblicazione di Vittorio Veneto.

Nel centenario della Grande Guerra, i due saggi sono stati ristampati dalle Edizioni di Storia e Letteratura, la famosa casa fondata da quel grande prete e studioso che fu don Giuseppe De Luca, con una acuta Prefazione dello storico Emilio Gentile (Euro 12,00).

Non danno segni di vecchiaia, queste pagine, intanto perché quella prezzoliniana è (è sempre stata) una prosa scorrevole, sobria, essenziale, priva di orpelli; poi, per la capacità argomentativa, la logicità e consequenzialità di considerazioni, ragionamenti, discutibili certo, ma non privi di una serietà derivante da un’osservazione oggettiva degli eventi.

Il succo del testo, anzi dei testi, è la constatazione sì della gravità di una disfatta, enorme, tale da provocare la disperazione di tanti, in uno sfaldamento militare tragico. Dando spazio peraltro alla speranza “di un’Italia rinnovata e migliorata dall’esperienza della catastrofe”, come sottolinea Gentile. Una speranza che avrebbe trovato conferma nella resistenza e quindi nelle vittorie nelle battaglie del Piave e del Grappa (“Battaglia del Solstizio”, dannunzianamente definita, quella dal 15 al 23 giugno 1918), fino a Vittorio Veneto.

Ma ecco, proprio con Vittorio Veneto, riemergere il pessimismo prezzoliniano, alimentato da una esaltazione (“spropositata” scrive Emilio Gentile) dell’evento. Infatti, avvertiva Prezzolini, “Se volessi esprimermi paradossalmente, direi che Caporetto è stato una vittoria, e Vittorio Veneto una sconfitta per l’Italia. Senza paradossi si può dire che Caporetto ci ha fatto del bene e Vittorio Veneto del male; che Caporetto ci ha innalzati e Vittorio Veneto ci ha abbassati, perché ci si fa grandi resistendo ad una sventura ed espiando le proprie colpe. E si diventa invece piccoli gonfiandosi con le menzogne e facendo risorgere i cattivi istinti per il fatto di vincere”.

In queste pagine si troveranno osservazioni a tutto campo, per così dire, sui difetti italiani, accentuati nella particolare temperie bellica: il pressapochismo, la retorica, le boriose ambizioni, il disordine, l’ignoranza, a tutti i livelli, anche i più alti, ovviamente. Per cui il nemico non era costituito tanto, o soltanto, dagli austriaci e dai tedeschi, ma… da noi stessi.

Leggiamo dunque quel che esattamente scriveva Giuseppe Prezzolini sulla… lezione (per così chiamarla) di Caporetto:

“Gli italiani cominciarono a riflettere e a capire: il più grave colpo non il nemico ce lo inferse, ma i nostri; l’avversario più pericoloso non è quello che sta fuori ma quello che abbiamo in casa; non sono austriaci e tedeschi da temere, ma italiani; non i generali loro da vincere, ma i nostri; non i politici di là, ma questi di qua; non le loro virtù, ma i nostri difetti.

 Ciò che devo temere è l’italiano disordinato, ignorante, senza puntualità, mentalmente vecchio, retorico nella letteratura, borioso quando fortunato e fiacco nelle disgrazie, autoritario se domina e servile se perde, con il suo essere sempre spezzato in due, fra la sua intelligenza, così viva ed immediata, e il suo scetticismo, che gli fa da visiera alle azioni lontane, con la sua furbizia, che gli tiene luogo e gli dà fama d’intelligente.

E l’Italia fu triste, perché cominciò a capire. Ma da questa tristezza, da questi esami, da questa angoscia scaturì un gran bene, […] Ma pure è stata una vittoria! Perdio, sì, e come! Ma non vittoria militare, ma non vittoria strategica. È stata una vittoria morale, o se si vuol essere esatti, il coronamento d’una vittoria morale, nella quale l’episodio di Vittorio Veneto rappresenta press’a poco per l’Italia quello che per lo studente è l’esame di riparazione.

Noi bocciati a Caporetto, ci siamo rimessi a Vittorio Veneto. La vera vittoria non consiste nell’azione militare, bensì nell’esserci corretti, nell’aver migliorato dopo la punizione di Caporetto; nell’aver espiato le nostre colpe; nell’aver rinsaldato la nostra unità nazionale dopo l’urto, mentre l’Austria si sfasciava, sotto la piccola spinta di Vittorio Veneto”.

E ancora, proseguiva Prezzolini, “È stata una vittoria e grande, più grande di quelle che sognano i militari di professione; la vittoria di uno stato nazionale contro uno plurinazionale, di un sistema liberale contro un sistema oppressivo. Ma questa vittoria ha caratteristiche morali: l’abbiamo avuta soltanto perché ci siamo corretti e rifatti migliori”.

Infatti, proseguiva, lo scrittore, di vittorie militari l’Italia ne aveva avute “autenticamente” due: “quella del Sabotino e Gorizia nell’agosto 1916, e quella sul Grappa e sul Piave nel giugno 1918…”

Uno sguardo, dunque, impietoso, disincantato, lucido, alla realtà nazionale, che se ci induce a rivisitare criticamente (a riflettere su) quei tempi e quegli eventi, offre nuove occasioni per esaminare il nostro presente: individuale e collettivo. Per cui, un secolo dopo, a noi viene da dire: Prezzolini, grazie!

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