di Gianfranco Amato
fonte: Nuova Bussola
vedi anche “Una pagina nera per il Parlamento”, di Gianfranco Amato
ADERIAMO ALL’APPELLO PER FERMARE LA PROPOSTA DI LEGGE CONTRO L’OMOFOBIA
Nelle convulse giornate di dibattito che hanno caratterizzato lo psicodramma parlamentare sulla legge anti omofobia è accaduto di tutto. Compresi giravolte, coup de théâtre, trasformismi, violazione di patti e ingenuità al limite della ragionevolezza. Spiace dirlo ma il primato spetta all’on. Enrico Costa del PdL. Dopo aver votato, in ossequio agli accordi stretti col Pd, contro la questione pregiudiziale di costituzionalità presentata dal collega di partito on. Alessandro Pagano, Costa si è ingenuamente illuso che i compari democrat e civici fossero di parola. Nonostante il prezzo pagato con il suo contributo alla forzatura sulla legittimità costituzionale del provvedimento in discussione, il deputato pidiellino si è visto cambiare le carte in tavola. Il testo Scalfarotto uscito dalla mediazione – testo che nei patti avrebbe dovuto essere blindato – è stato invece stravolto grazie all’emendamento a firma Walter Verini (Pd) modificato dal sub emendamento di Gregorio Gitti (Scelta civica).
Ne è uscito un mostro giuridico indigeribile persino per i meno schizzinosi esponenti del PdL. Da qui le lacrime di coccodrillo versate in alcuni passaggi del successivo intervento dello stesso on. Costa, che meritano di essere integralmente riportati: «Signor Presidente, questo è un emendamento pasticciato che non risolve i problemi. È semplicemente frutto di uno scambio tra il Partito Democratico e Scelta Civica per l’Italia per barattare, da un lato l’aggravante, dall’altra questa norma equivoca che non garantirà sicuramente la libertà di espressione. Pd e Scelta Civica per l’Italia hanno voluto questa norma, la portino avanti. Noi voteremo contro e cercheremo anche di motivare le nostre ragioni».
Poi l’intenzione di ribaltare la partita al secondo tempo del Senato: «Ho visto tanti abbracci e tante esultanze oggi. Sicuramente sarà un atto importante per gli archivi di questo ramo del Parlamento, ma sono convinto che al Senato questo provvedimento verrà non soltanto vivisezionato ma sarà oggetto di palesi e pesanti modifiche. Mi chiedo: non sarebbe stato meglio, forse, accedere a qualche modifica più equilibrata, a raggiungere un consenso politico più ampio che reggesse anche all’urto del Senato? Ebbene, avete preferito piantare una bandiera».
Lacrime anche sui precedenti lavori in Commissione: «Ricordo che, in Commissione, l’onorevole Pagano presentò centocinquanta emendamenti. Ebbene, il gruppo non si fece carico di quegli emendamenti, non li segnalò e tenne ferma la barra verso una soluzione di mediazione. Ebbene, non fu facile per noi. Ci fu un dibattito interno. Un grande partito ha diverse sensibilità, ha diversi percorsi che hanno portato i vari esponenti a convergere in quest’aula parlamentare. Noi pensavamo che potesse essere rispettato questo nostro passo in avanti. Ci era fatto stato fatto credere che fosse un passo in avanti che potesse reggere. Ebbene non era così».
Infine, il tardivo e ormai inutile pentimento: «Ma mi permetta di dire ancora una cosa, Presidente. Io, in Commissione, ho votato convintamente la norma relativa alla fattispecie autonoma di reato; mi sono state cambiate le carte in tavola usciti dalla Commissione. Io penso che probabilmente, dovessi tornare indietro, un’apertura di credito nei confronti dei colleghi di maggioranza del Partito Democratico non verrebbe ripetuta sotto questo profilo. Ne risponderò sicuramente ai miei colleghi di gruppo, che mi hanno dato fiducia nei rapporti, ma probabilmente anche il nostro atteggiamento, da domani, in Commissione giustizia, muterà».
All’on. Costa non resta ora che l’amara e magra consolazione del celebre aforisma di Benito Mussolini: «il tradito potrà anche essere un ingenuo, ma il traditore rimarrà sempre un infame!». Troppo poco, però, quando ci sono in gioco valori essenziali e fondamentali come il diritto alla libertà di opinione e di credo religioso. La responsabilità di rappresentare in parlamento milioni di elettori non può consentire margini di grave ingenuità, soprattutto quando la discussione verte su principi e valori non negoziabili. E quando da più parti sono giunte sollecitazioni ad essere cauti e prudenti.
Ieri siamo stati facili profeti su questo giornale nell’annunciare che il futuro ci avrebbe costretto a pronunciare la fatidica frase «Noi l’avevamo detto!». Non pensavamo, però, di doverlo fare così presto.