LA MEMORIA CONDIVISA. REPLICA A MARCELLO VENEZIANI – di Piero Vassallo

di Piero Vassallo

 

veneziani

 

Sulla memoria condivisa si è svolto di recente un interessante dibattito ad armi cortesi tra Marcello Veneziani e Dino Cofrancesco. Nel tentativo di stabilire le verità degne di entrare in un’immaginaria Carta della memoria nazionale, Veneziani ha avanzato alcune proposte, a sua avviso accettabili dagli eredi dell’antifascismo e dagli eredi del fascismo.

Ammessa, ad esempio, l’inevitabilità dell’uccisione di Mussolini, intesa quale premessa alla rifondazione della democrazia italiana, Veneziani ha chiesto che sia concordemente giudicato indegno di un paese civile l’orribile scena di piazzale Loreto.

[Il sacrificio propiziatorio del capo perdente è un’idea singolare, in cui sembra riflessa la mitologia intorno al re del bosco di Nemi, di cui si era occupato l’autore del Ramo d’oro, James Georges Frazer].

Altra condizione necessaria, secondo Veneziani, all’edificazione della memoria condivisa è l’aperta condanna dell’omicidio di Gentile, un delitto che Paul Oskar Kristeller, un professore tedesco perseguitato dai nazisti, definì parricidio.

Contro tali proposte Cofrancesco non muove obbiezioni.

Di seguito Veneziani propone, quale ulteriore elemento della memoria condivisa, il superiore numero delle uccisioni delle quali furono responsabili gli alleati (russi, americani, anglo-francesi) in guerra contro la Germania e l’Italia.

Se non che Cofrancesco sostiene che il paragone proposto da Veneziani non regge, dal momento che le motivazioni dei nazisti erano più infami di quelle dei comunisti e (naturalmente) dei nobili ideali professati da francesi, inglesi e americani. Di qui il rifiuto della matematica fascista intesa al conteggio delle vittime.

Sulla estrema bestialità del razzismo nessuno può seriamente obiettare. E’ lecito tuttavia rammentare che l’eguaglianza delle vittime può autorizzare la stesura di una classifica delle mostruosità fondata sul numero dei delitti piuttosto che sulla loro cattiva o pessima ispirazione.

Si presume, infatti, che la qualità dell’ideologia professata dal boia non fosse il sommo problema di coloro che erano avviati al patibolo.

D’altra parte non si può negare l’oscura presenza del determinismo antropologico [parente stretto del razzismo] nella mente dei massacratori comunisti. Vero è che un loro apologeta, Il’ia Erenburg, ha scritto: “Nessuno di loro [dei kulaki] si era macchiato di qualche colpa, essi, però, appartenevano a una classe colpevole di tutte[1].

Non senza ragione lo storico Robert Conquest ha sostenuto che “il nichilismo morale è non solo l’elemento centrale del nazionalsocialismo,  ma  anche  il  fattore  che  lo  accomuna  al bolscevismo[2].

A ben vedere, l’ostacolo che si deve rimuovere dalla via alla memoria condivisa è l’ineguaglianza delle vittime, ad esempio, l’opinione che gli italiani infoibati dagli jugoslavi siano titolari d’una dignità inferiore a quella che compete agli jugoslavi fucilati dagli italiani. Tale è, ad esempio, la tesi tranquillamente sostenuta dall’onorevole Marco Rizzo.

Ora è sulla pietà, ovvero sul riconoscimento dell’eguaglianza delle vittime innocenti che si può costruire la memoria condivisa, non certo sulla classifica delle bestialità ideologiche professate dagli opposti antenati.

Il categorico giudizio “le idee del tuo antenato erano infami, quelle del mio antenato erano, nel peggiore dei casi, sbagliate” difficilmente può entrare nel cerchio della memoria condivisa.

Un altro ostacolo alla formazione della memoria condivisa è l’ostracismo severo, che esclude dall’elenco delle letture ammissibili tutti gli autori che sono vagamente e/o arbitrariamente indiziati di fascismo.

Vige l’obbligo costituzionale di far passare la storia della filosofia, della letteratura, del teatro e del cinema attraverso la lavatrice dei cervelli, una macchina censoria azionata da inflessibili e implacabili poteri.

Nelle acque del lavaggio sprofondano filosofi sgraditi al moderno principe (i loro nomi costituiscono un elenco chilometrico, che comincia da Cornelio Fabro e finisce a Nicola Petruzzellis, passando per Carmelo Ottaviano, Giorgio Del Vecchio, Michele Federico Sciacca ecc.), narratori di polso (altro robusto elenco: Bruno Cicognani, Nicola Lisi, Fabio Tombari, Ardengo Soffici, Pittigrilli, Francesco Grisi ecc.), insigni commediografi (ad esempio Ugo Betti, Turi Vasile, Diego Fabbri, Enrico Bassano ecc.), brillanti registi quali Augusto Genina e  Mario Camerini, colpevoli di non essere saltati sul carro comunista.

Il non condivisibile dimezzamento della memoria culturale è un ostacolo che deve essere rimosso da chiunque intenda promuovere la pacificazione degli animi.



 

[1] Citato da Roberto Conquest, Il secolo delle idee assassine, Mondadori, Milano 2001, pag.114.

[2] Op. cit. pag. 80.

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