L’orticello di Voltaire
di Piero Vassallo
L’illuminismo ha quattro facce. La prima appartiene a François-Marie Arouet detto Voltaire (1694-1778), libellista filosofante passato alla gloriosa storia del perbenismo illuminato per i meriti acquistati lanciando un proclama in cui dichiarava l’eroica intenzione di morire difendendo l’altrui libertà di pensiero.
La seconda nascosta faccia appartiene all’altro Voltaire, scrittore di epistole anticattoliche, che suggeriva agli illuminati: “Dobbiamo abilmente infangare la loro condotta [la condotta degli avversari per la libertà dei quali era pronto a morire], trascinarli davanti al pubblico come persone viziose, dobbiamo presentare le loro azioni sotto una luce odiosa. Se ci mancano i fatti dobbiamo farne supporre l‘esistenza fingendo di tacere parte delle loro colpe“.
Per inciso, quando si rammentano le roventi calunnie lanciate durante l’infame processo inscenato dai giacobini per ghigliottinare giustamente le monache carmelitane di Compiègne è difficile non pensare alla seconda faccia-dottrina del liberale Voltaire.
La terza faccia appartiene al Voltaire apologeta della coltivazione di sobri e spensierati orticelli. Durante il soggiorno (1726-1729) in Inghilterra, Voltaire, infatti, assimilò la filosofia di David Hume e ne divulgò i concetti nel romanzo “Candido“, racconto di un deludente vagabondaggio attraverso la metafisica, grottescamente personificata da Pangloss.
L’immaginaria peregrinazione di Candide, infatti, si conclude con la saggia rinuncia a indagare sulla ragione del mondo e della vita umana. La presunta illusorietà della metafisica suggerisce al personaggio inventato da Voltaire di sottrarsi agli assilli della ragione indagante e di trovare rifugio nella pacifica e onesta cura del proprio orticello.
Onesta cura? La comprensione della morale dettata dal maestro delle favole illuminanti e liberali dipende dalla visione della quarta faccia dell’illuminismo, ossia dalla conoscenza dell’attività cui si dedicava proficuamente il saggio ortolano Voltaire: il commercio degli schiavi.
La conclamata cialtroneria di Voltaire dunque è la chiave d’ingresso nell’orto dello scetticismo liberale, orto chiuso ai profani e riservato all’esercizio delle tranquille virtù conseguenti alla precipitosa fuga dalle verità di ragione e di fede.